In un intervento al Corriere della Sera la direttrice del centro One Health dell’Università della Florida chiede che i no vax ricoverati risarciscano gli ospedali. Si tratterebbe di mille/duemila euro al giorno
, dichiara la virologa, che si dice basita: Oggi abbiamo vaccini in abbondanza e c’è chi fa i capricci
.
La virologa: Chi rifiuta il vaccino dovrebbe risarcire gli ospedali
Destinatari: gli irriducibili contrari al vaccino contro Covid-19. Mittente della lettera – pubblicata sulle pagine del Corriere della Sera – la virologa Ilaria Capua. Che si domanda (ad alta voce): Chi paga i danni causati dai no vax?
Già, perché il rischio di vanificare i risultati ottenuti fino a questo momento è piuttosto elevato.
E non c’è da scherzare come nel film “47 morto che parla”, dove il principe della risata Antonio de Curtis, in arte Totò, pronuncia un’espressione rimasta negli annali: E io pago
.
Ebbene, oggi a pagare (pesantemente) per il menefreghismo altrui potrebbero essere i cittadini vaccinati. Dunque, non quelli che tanto a me non capita
, oppure ci penserà qualcun altro a vaccinarsi
, né chi si sente esonerato (oppure giustificato) dal compiere un atto di responsabilità civile che serve a fermare l’emorragia di vite ma anche di soldi del nostro sistema sanitario
, precisa Capua, emigrata negli Stati Uniti per dirigere il centro di eccellenza One Health dell’Università della Florida.
E qui la virologa evidenzia un aspetto che sfugge (purtroppo) ai più: ciascun malato di Covid ricoverato in terapia intensiva – oppure subintensiva – impatta per decine e decine di migliaia di euro. Prosegue Capua: I pazienti Covid del nostro recente passato – il mondo prima dei vaccini – hanno gravato inevitabilmente, loro malgrado, sulla sanità europea in termini di centinaia di milioni euro. Le vittime di oggi, e dei tempi a venire, saranno individui che non hanno iniziato o completato il ciclo di vaccinazione. In altre parole, sono solo i non vaccinati a finire in ospedale. E a prescindere dall’età anagrafica saranno soltanto i non vaccinati a incidere sul bilancio degli ospedali
.
Così Capua pone quella che potrebbe sembrare una provocazione, ma nelle sue intenzioni non lo è: Ai non vaccinati per scelta – ovvero coloro che rifiutano di assumere una misura di salute pubblica necessaria a tenere l’emergenza sotto controllo, e di conseguenza uno strumento essenziale per mantenere in equilibrio il sistema sanitario nazionale – si potrebbe immaginare di proporre una piccola franchigia, per non dire ticket, in caso di ricovero Covid che vada a coprire almeno i costi “non sanitari” dell’ospedale: letto, biancheria, mensa, servizio di pulizia, utenze
. Insomma: i no vax si paghino il ricovero senza se e senza ma.
Nessun punto di domanda, qui, ma una considerazione tutt’altro che banale, mirata a raggiungere la più amplia platea no vax possibile: In cambio della libertà di scegliere se vaccinarsi o no, si potrebbe chiedere loro un piccolo contributo rispetto al costo totale del ricovero in terapia intensiva. Si tratterebbe soltanto di mille/duemila euro al giorno. Il resto – ovvero i costi di infermieri, medici, medicine ed altro necessario alla cura – sarebbero esclusi dal computo perché quelli li passa lo Stato. Per ora, e fintanto che il sistema non finisca dissanguato
. Esanime, praticamente.
Certo, in principio – anche nei paesi occidentali – il vaccino anti-Covid non era così semplice da reperire. Ma adesso ce n’è in abbondanza per noi europei, e nonostante ciò un’ampia parte di uomini e donne – in Italia e all’estero – non intende sentire ragioni. Ma Capua specifica: Non si tratta degli estremisti, di quelli che mai e poi mai si farebbero inoculare un preparato biotecnologico come un vaccino, perché temono di diventare creature geneticamente modificate. Parlo di quelli che fra chiacchiere da bar, cose sentite in tv e una sana dose di egoismo miope (oltre che insopportabile) si sono trasformati in dei convinti sostenitori del “ma io anche no”, creando i presupposti per un altro inverno di chiusure e di ambulanze a sirene spiegate, di esami di screening o controllo oncologico posticipati
. Ne vale la pena?
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