Mi sono sempre chiesta cosa mai sarebbe potuto succedere in caso di un'emergenza come quella del Covid-19. Ora che la sto vivendo posso affermare che non si è più se stessi: cambia il tuo modo di pensare, di agire, di affrontare lo stress. Cambiano i rapporti con i tuoi colleghi, che riesci a malapena a riconoscere dietro a quella visiera maledetta, cambiano i rapporti con i tuoi famigliari e amici, che decidi di non vedere più per proteggerli. Andare al lavoro non è più lo stesso.
È successo tutto così in fretta
18 marzo 2016. Ricordo come fosse ieri le emozioni e la soddisfazione che provai quel giorno: il tanto atteso giorno della mia laurea. Scelsi fin da subito di lavorare in Pronto soccorso, perché la quotidianità mi annoiava e volevo la continua adrenalina e cosi è stato. Durante gli anni dell'università i miei nonni mi avevano parlato di epidemie e pandemie, ma mai avrei pensato nella mia vita di viverla in pieno, pensavo fosse solamente una cosa che esistesse solo nei film e nell’antichità.
Oggi, 18 marzo 2020, a distanza di 4 anni esatti, mi ritrovo a fare il mio turno giornalierio di 12 ore all'interno di un container, grande circa 3 metri per 2, messo in piedi in meno di un giorno.
È successo tutto così in fretta. Parto per una vacanza e al rientro dopo 2 settimane in aeroporto indossavano tutti mascherina e guanti, sono state costruite strutture in grado di ospitare numerosi pazienti e nessuno poteva più uscire di casa.
È bastato un solo giorno di riposo dopo il turno di notte per vedere il Pronto soccorso dove lavoro da anni stravolto e da quel giorno nulla sarebbe stato come prima
Ero assegnata al turno in Triage, arrivi e ti dicono: vestiti, metti tutti i DPI che servono per la protezione da droplet, esci fuori ed indirizza i pazienti nel luogo più adatto in base ai sintomi.
Due minuti prima prima avevo addosso la mia solita divisa - pantaloni e casacca - e poi mi ritrovo a non riuscire a muovermi e non poter più respirare normalmente. È una sensazione che ti cambia la vita.
Ora sto facendo il mio lavoro di triage dentro a 4 "mura" da sola, fermando ogni singola persona che voglia entrare in Pronto soccorso, rispondendo alle chiamate e decidendo se dirottare il paziente all'interno dell'area Covid - che giorno dopo giorno diventa sempre più grande - o in Pronto soccorso. Decisione che può cambiare la sorte di tutti, con l’attenzione a mille perché anche solo un mimino errore può trasformarsi in uno sbaglio irrimediabile.
Ci ho messo circa una settimana per comprendere la gravità della situazione
All'inizio forse l'intera situazione è stata un po' banalizzata, da me come da altri, pensando che tutto ciò nel giro di due settimane sarebbe finito; ma dentro di me provavo una sensazione strana, mista ad ansia e paura. Sentivo che tutto sarebbe cambiato da lì in poi, ma forse non volevo pensarci.
Iniziai a vedere pian piano il mio Pronto soccorso deserto, la sala attesa occupata solamente da sedie vuote e dal silenzio. Un silenzio che invece stava gridando aiuto. Ora mi trovo qui, ho altre 4 ore, in uno stato di allerta a mille, attenta ai minimi particolari che i pazienti riferiscono. Non puoi e non devi abbassare la guardia.
Mi sono sempre chiesta cosa mai sarebbe potuto succedere in caso di un'emergenza di questa portata. Ora che la sto vivendo posso affermare che non si è più se stessi: cambia il tuo modo di pensare, di agire, di affrontare lo stress. Cambiano i rapporti con i tuoi colleghi, che riesci a malapena a riconoscere dietro a quella visiera maledetta, i rapporti con i tuoi famigliari e amici, che decidi di non vedere più per proteggerli.
Andare al lavoro non è più lo stesso. Mi alzo alle 5.30 del mattino, si fa colazione perché devi sopravvivere, esco e vado con la paura e il timore che quella maschera e quel camice che odio cosi tanto siano davvero in grado di proteggermi da questo maledetto virus.
Non riesci più a vivere nemmeno i giorni di riposo serenamente, perché dentro di te vorresti essere là, con i tuoi colleghi in prima linea a combattere
Nonostante tutto, nonostante le difficoltà, la fatica, lo stress, sceglierei nuovamente di fare l'infermiera, oggi come allora, ancora più orgogliosa di quello che ho scelto di essere e nonostante tutto, senza che noi ce ne accorgessimo, la primavera è già arrivata.
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