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Infermieristica

Il bivio e quella strada che sceglierei ancora e ancora

di Redazione

Mi presento: sono Mattia Colagrossi, ho 22 anni, sono nato il 29 gennaio del 1996 a Roma e sono “un infermiere” (lo metto fra le virgolette, perché mi manca ancora un anno alla laurea). La mia avventura è nata presso l’Ospedale Pediatrico del Bambino Gesù e lì, per ben tre volte è stata messa in discussione la mia scelta.

Quando la volontà è più forte della paura di non essere all’altezza

Lo ammetto: ci ho pensato più di una volta di prendere e mollare tutto, ma la volontà è più forte di quella maledetta paura, di quel “bastardo” timore di non essere all’altezza della situazione, di non essere all’altezza della vita di fronte al bivio.

Mi presento: sono Mattia Colagrossi, ho 22 anni, sono nato il 29 gennaio del 1996 a Roma e sono “un infermiere” (lo metto fra le virgolette, percheé mi manca ancora un anno alla laurea). La mia avventura è nata presso l’Ospedale Pediatrico del Bambino Gesù e lì, per ben tre volte è stata messa in discussione la mia scelta.

Premessa: non sono un infermiere pediatrico, perché odio vedere soffrire i bambini. Ma tornando a bomba. Ho iniziato questa nuova vita nell’ OPBG per poi trasferirmi presso l’ospedale Sandro Pertini.Come sostenevo precedentemente durante i miei anni di tirocinio sono stato più di una volta volta davanti a quel bivio che vede le seguenti direzioni: “continuare gli studi” o “lasciare tutto e sparire”.

Nonostante tutte le storie che potrei raccontare e che potrebbero, solo a pensarci, riproporre l’amletico dilemma, sono ancora qui, seduto fra i banchi dell’università a seguire lezioni e, ogni sei mesi, a dare esami utili a riempire quel libretto verde con lo stemma dorato che raffigura una torre.

Mi dilungo troppo e faccio perdere il filo del discorso a chi legge, lo so, ma voglio far capire la mia posizione attuale attraverso semplici frasi e descrizioni della mia vita.

Credo che se la facoltà di infermieristica fosse una persona gli dedicherei la canzone “Faccio un Casino” di Coez, nella quale a un certo punto il cantante dice:

Non sarò l’ultimo né il primo, ma hai lasciato un bel casino

per fargli capire cosa ha cambiato nella mia vita, cosa ha cambiato nei miei pensieri, cosa ha cambiato nella mia religiosità e nel mio carattere facendomi diventare la persona di adesso.

Se avessi la possibilità ci discuterei dalla mattina alla sera, soprattutto quando devo vedere con i miei occhi un’amica morta e la sofferenza di tutti; ci litigherei subito dopo aver consolato una famiglia che ha appena visto la sua bambina sulla barella mentre veniva portata in sala operatoria a causa di un infame tumore.

Gli metterei le mani addosso nel momento in cui sono costretto a guardare l’Ecg piatto e ad ascoltare il “bip” continuo della morte che, nonostante la divisa impregnata di sudore, fa sembrare vana ogni fatica.

Mattia Colagrossi, Studente infermiere

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