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Testimonianze

Mirko, Studente Infermiere: "grazie ai tutor esco vincitore da questa esperienza"

di Redazione

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La testimonianza diretta di un aspirante professionista della salute che, da ex-ambulanziere, ora vuole dedicarsi direttamente alla salute dei pazienti.

Sono Mirko (nome di fantasia), uno studente del primo anno di infermieristica a Genova; la scelta di questo percorso formativo è cresciuta circa quattro anni fa, quando mi sono avvicinato al mondo della sanità salendo per la prima volta su un’ambulanza. Ci tengo fin da subito a precisare che sono consapevole del fatto che stare in ambulanza e fare l'infermiere sono due cose ben lontane, ma questo mi ha permesso di avvicinarmi e soprattutto di scoprire chi sia l'infermiere e cosa faccia realmente, iniziando a sbirciare nei primi reparti.

Da qui è iniziata la mia curiosità e ho iniziato a informarmi, a cercare di comprendere meglio la professione dell'infermiere e tutto quello che bisognava sapere per poter decidere se quella potesse essere la mia strada oppure no.

Ora sono qui e sto per raccontarvi la mia prima esperienza di tirocinio di cui porterò il ricordo, come penso tutti quanti, per tutta la vita.

Il giorno dell'assegnazione dei reparti ero in estasi, ma anche molto agitato allo stesso tempo. C’era la curiosità di sapere in quale reparto sarei andato, con chi dei miei compagni avrei affrontato la mia prima esperienza. Ma allo stesso tempo ero agitato per questa nuova esperienza, mi domandavo se sarei stato all'altezza, di come avrei reagito e soprattutto se ci saremmo integrati bene con gli infermieri e gli altri operatori del reparto.

Il primo giorno ci siamo presentati nel reparto assegnato: geriatria. La caposala ci ha accolti e portati nel suo ufficio, ci siamo presentati e ci ha spiegato ogni cosa: il tipo di reparto, come funzionava, insomma tutto quello che era necessario sapere, poi ci ha indicato i tutor che ci avrebbero seguito per tutta la durata del tirocinio; ci siamo presentati a tutti gli altri operatori ed abbiamo iniziato la nostra prima giornata.

La giornata iniziale è stata molto impegnativa, la geriatria è un reparto molto intenso con ritmi ben scanditi e tempi da rispettare, sempre tante cose da fare e tantissime cose nuove da imparare, anche perché era tutto nuovo. Ricordo che, povera infermiera, l'ho tempestata di domande alle quali lei, con pazienza, ha sempre risposto.

Una delle cose che più mi ha colpito è il rapporto che si può instaurare con il paziente e di quanto sia veramente importante la relazione con esso che a volte sfocia quasi in un rapporto, passatemi il termine, “amichevole”, in cui si deve sempre rimanere professionali ma che inevitabilmente ti coinvolge e “ti prende”, ed è proprio questa una delle cose più difficili in cui, per ora, mi sono imbattuto.

Difficile andare a casa e “lasciare la divisa in reparto”, staccare mentalmente da lì e continuare le proprie abitudini. Sicuramente in buona parte sarà perché è la prima esperienza, ma comunque sia mi ricordo molto bene che ogni tanto qualche pensiero ai pazienti del mio reparto mi è scappato anche da casa, un "chissà come stanno?" O "chissà se stanno bene?" Non nascondo che un po' di apprensione nei loro confronti c’era, soprattutto nel weekend dove non sarei stato con loro ed il lunedì c’erano un po' la fretta e la foga di rientrare in reparto.

La relazione con il paziente ci viene insegnata fin da subito o almeno nella mia facoltà, le nostre professoresse hanno dato molto spazio alla spiegazione di essa e di quanto sia importante. Solo ora ne colgo veramente l'importanza ed il suo significato, anche perché se si riesce a parlare con il paziente permettendogli di aprirsi e di avere così la possibilità di sfogarsi, si recuperano molte informazioni utilissime per poterlo aiutare nella sua degenza o rendergliela quanto meno più confortevole.

Mi è rimasta molto impressa una paziente, con difficoltà a deambulare, un principio di demenza e i parenti con grosse difficoltà organizzative ad essere presenti e quindi molto sola; se potevo, nei momenti di più calma, mi fermavo per chiederle se andasse tutto bene e cercavo di farla sentire un po' meno sola, anche solo scambiando due parole.

Nei suoi momenti di lucidità mi ha raccontato della sua vita e di alcuni momenti di essa molto importanti. Quando la trasferirono in un altro reparto i giorni seguenti il pensiero di come si trovasse lì era forte tanto che nei giorni seguenti non ho resistito e sono andato a trovarla dopo alcuni fine turno.

Non ero sicuro che mi riconoscesse, ma tentai lo stesso e la sorpresa nel vederla riconoscere me e la mia collega è stata tanta.

Voleva dire che ero riuscito a fare un buon lavoro e forse mi piace pensare di esserle stato d’aiuto, di essere riuscito ad accompagnarla nel suo percorso, anche se con il senno di poi forse è stata lei ad accompagnare me nel mio.

Da questa esperienza ne esco "vincitore" e non solo grazie a me. Le tutor, così come tutto il personale del reparto, ci hanno seguito in ogni azione, con pazienza ci hanno insegnato e spiegato ogni cosa e molte di loro ci hanno anche trasmesso la loro passione, un'esperienza che mi ha cresciuto tantissimo, sia come studente che come persona.

Mi reputo molto fortunato ad averle incontrate e di aver potuto iniziare la mia prima esperienza con loro.

Mirko, Studente Infermieristica Genova

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