Mi chiedo cosa si provi a spegnersi lentamente
Se non mi ricordo, non so chi sono. Tuttavia, mi restano le emozioni e i sentimenti
Mi chiedo cosa si provi a spegnersi lentamente come una lampadina che illumina la mente ad intermittenza. Scopro che non sono tutti anziani, ci sono casi in cui il morbo incomincia a colpire anche a cinquant'anni. Certamente chi lavora qui lo vede tutti i giorni, cercando di illuminare i ricoverati.
Mi chiedo cosa provino i pazienti, che hanno paura di rimanere al buio, come canta la canzone che la psicoterapeuta Lucia ha scelto per il video che ha realizzato, così da raggiungere con l'emozione la cittadinanza invitata all'evento. Ho paura di mentire alla tua mente mentre provo a salvarti, così è meglio non dire niente e sorridere mentre penso al nome che mi darai domani , pensa il familiare.
Aspetto il mattino per reinsegnarti il segno della croce così avrò ancora una scusa per toccare le tue mani. Vedi, ci sono ancora ricordi che mi devi. Sei grande, ma ti chiamo ancora baby. Ho gli occhi rossi ma non te ne accorgi. Ti guardo mentre dormi ma solo ieri c'eri, nei giorni neri .
Cerco di capire cosa significhi per un figlio sentire di essere, per sua madre, poco più di un jamais vu, un mai visto , tra tante altre persone sconosciute. Cosa voglia dire per una figlia vedere suo padre come un piccolo pianeta spento che ora si mangia da dentro, come un buco nero. Ed essere una briciola al vento, dopo che la mente si è sgretolata come si fa con la mollica.
Cosa si prova ad arrivare al momento in cui l'unica cosa che si può fare è ripetere l'ultima frase della canzone: Io ti terrò la mano e tu tienimi l'anima e pure se non sai chi sono, non lasciarla mai .
In occasione del settembre Alzheimer è stato organizzato, presso la Residenza Sanitaria Assistenziale “Monte Crocetta” gestita dall'Ipab di Vicenza , l'evento artistico “Aperitivo in viola”. Nella giornata mondiale che la ricorda, alla malattia che ruba la mente ai pazienti e spezza il cuore dei familiari è stato assegnato il colore dei Non ti scordar di me.
L'iniziativa, progettata e promossa dalla psicologa psicoterapeuta Lucia De Antoni, è stata resa possibile grazie alla sensibilità della Direzione Sanitaria e all'intensa attività svolta dalle educatrici Veronica Tagnetti, Chiara Bellonie Monica Bartoccio, che hanno accompagnato i pazienti nella realizzazione del progetto umano ed artistico.
Operatori ed infermieri che lavorano nei vari reparti hanno condiviso obiettivi e finalità del progetto ed hanno saputo organizzare e gestire le varie attività previste dall'assistenza quotidiana in modo tale da garantire la partecipazione degli ospiti.
Dopo gli anni difficili della pandemia in cui le persone, dentro e fuori le strutture sanitarie, hanno vissuto ai margini dei loro confini ed hanno sperimentato diversi gradi di separazione, gli operatori sanitari avevano desiderio di organizzare qualcosa di autentico che, senza affrontare la pesantezza e la tristezza della condizione di demenza, offrisse la bellezza e la leggerezza dei gesti semplici e quotidiani della normalità che insieme condividono, così da darne testimonianza.
È stato realizzato un intenso reportage fotografico all'interno del reparto Alzheimer . Gli operatori sanitari si sono improvvisati fotografi scattando istantanee piene di intensità ed umanità che sono ora esposte in maniera permanente alle pareti della residenza.
L'iniziativa è stata affiancata anche dal progetto editoriale di due fotografi professionisti, Mauro Pozzer - già autore di importanti servizi fotografici presso l'ospedale di Vicenza - e Sabina Zordan, familiare di persona affetta da demenza. Le foto in bianco e nero, che contraddistinguono lo stile di Pozzer, e le foto a colori scattate dagli operatori sanitari hanno documentato armonicamente la vita, oltre la malattia e la dimenticanza, all'interno del reparto protetto Tulipani 2 Alzheimer
Gli scatti raccontano dettagli di vita, non solo dentro. Dietro l'obiettivo, i fotografi hanno cercato di rappresentare la demenza per divulgare conoscenza e creare una coscienza di attenzione. Gli operatori sanitari hanno preferito invece scattare quelle foto mettendosi empaticamente accanto al soggetto, facendolo diventare protagonista della propria foto.
Stando da una parte si coglie l'autenticità della realtà, stando dall'altra, accanto o al posto loro, si coglie tutto il resto. Seppur da diverse prospettive, ne risulta in insieme armonico, che non è costruito ad arte ma realmente vissuto nella spontanea condivisione di giorni che sembrano tutti uguali e senza ricordo - del giorno che è stato e di quello che verrà – ma che in qualche modo, con umanità, creano contatti e legami.
Con l'obiettivo di ridurre l'emarginazione e il pregiudizio sociale nei confronti del declino cognitivo, le trenta foto di Pozzer e Zordan sono state esposte, previa autorizzazione dell'Ipab per la tutela dei dati sensibili e dei familiari delle persone coinvolte, alla mostra “Limbus. Uno sguardo sull'Alzheimer ”, allestita alle Gallerie di Palazzo Thiene, in collaborazione con i Musei Civici e con il patrocinio di Ipab e del Comune di Vicenza.
Il progetto vuole sensibilizzare sui problemi e sui bisogni delle persone affette da demenza e dei loro familiari. Una selezione di queste fotografie è stata esposta, insieme a quelle scattate dai sanitari, anche durante l'evento “Aperitivo in viola”, allietato da un momento conviviale e musicale con la partecipazione di Bruno Conte che, accompagnato da Francesco Corona, ha donato un repertorio a tema. Grazie alla loro sensibilità personale e professionale, la musica proposta ha suscitato incanto e lacrime di emozione.
Le foto più significative sono state raccolte in un video, con il montaggio di Lucia De Antoni. Sulle note e sulle parole di “Ricordi” (Pinguini Tattici Nucleari) e di “Vita ce n'è” (Eros Ramazzotti) scorrono persone colte nella normalità dei loro giorni fragili a cui si cerca di dare loro un senso, un nome, un sentimento. E si trova. Si vede tutto.
Le emozioni e gli oggetti di vita quotidiana possono cambiare. Così come le foto in bianco e nero esprimono maggiormente la cupezza, la pesantezza e l'angoscia della malattia, così quelle a colori rappresentano momenti più positivi , ha spiegato Lucia De Antoni.
Come nella vita di tutti, una condizione emotiva non esclude l'altra. Pur nella drammaticità della malattia, entrambe sono normali anche tra le persone che soffrono di Alzheimer . E ci sono, sebbene si tenda a ricordare di più ciò che è negativo .
Le foto a colori hanno connotati positivi perché mostrano i nostri progetti assistenziali, dalla musicoterapia alla terapia con gli animali. Abbiamo documentato le uscite sul territorio per le persone con disturbi del comportamento per orientarle in un'ottica di inclusione. Stare qui dentro, per chi non conosce la nostra realtà, può essere percepito come una chiusura, un confinamento che distanzia dal resto della cittadinanza .
Ma allora le persone non rimangono sempre qui dentro una volta che vi vengono portate? , ha chiesto un giorno alla psicoterapeuta una familiare che vi aveva appena fatto ricoverare il proprio caro. Il senso di colpa o di inadeguatezza ha lasciato il posto al conforto di lasciarlo in mani esperte che avrebbero avuto cura di farlo uscire.
È straordinario scoprire che se portati in un ambiente diverso, con nuovi stimoli in alcuni di loro scattano delle competenze e delle autonomie che in altri ambienti non tornerebbero fuori. È lo stimolo dato in uno spazio e in un tempo appropriato che, anche nelle persone con grave compromissione cognitiva, riaccende competenze assopite. Bisogna pertanto trovare il modo di risvegliarle. Per provare a farlo serve pazienza e progettualità personalizzata , continua la psicoterapeuta.
Sanno fare disegni bellissimi, le persone che perdono la mente
Scopro così che vanno a bere un caffè in piazza dei Signori e a vedere il teatro Olimpico. Che sanno fare disegni bellissimi, le persone che perdono la mente. È una cosa meravigliosa vederli tracciare forme e colori con i pennelli e le matite colorate, che io non saprei come fare. Giocano a carte, imparano di nuovo a danzare. Ridono felici, come un tempo o forse, magari, di più.
Niente è del tutto perduto se hanno ancora sorrisi che contagiano i sani e sanno essere gentili più di quelli che la mente ce l'hanno tutta intera. Sono accompagnati alle mostre e a fare escursioni nella natura, sembrano riprendere vita se ben guidati nel mondo esterno così da non esserne spaventati.
Non lo hanno dimenticato del tutto se, improvvisamente, non solo sanno dove si trovano e dove andare, cogliendo i punti di riferimento, ma sanno anche dare indicazioni per raggiungere una via del centro e vi conducono, come in un orienteering cittadino, tutto il gruppo di smarriti. Hanno potenzialità ancora da esprimere, se trovano qualcuno in grado, umanamente e professionalmente, di farle uscire.
Ha ragione Lucia, citando Ramazzotti, che vita ce n'è ancora. Non c'è una direzione sola, non c'è niente da nascondere. Basta guardarli negli occhi e dare loro un altro giorno. È un viaggio diverso da costruire insieme.
Secondo la psicologa psicoterapeuta, gli operatori sanitari hanno fotografato la persona e l'emozione che essi vi vedono mentre i fotografi hanno puntato l'obiettivo sull'oggetto o sul soggetto che li permette di trasmettere la loro emozione, quella che essi provano scattando e catturando l'istante. Essi vedono nelle foto la loro emozione. Noi, anche grazie alla quotidianità condivisa e alla conoscenza acquisita della loro storia di vita, ci tuffiamo in mezzo ad un abbraccio o a due occhi che sorridono . Diventiamo o vogliamo diventare quello sguardo.
Ci vuole sensibilità e rispetto quando si scatta una foto che, cogliendo aspetti delicati ed intimi di malattia, è di grande impatto soprattutto per chi sta fuori da questi ambienti. Di fronte all'Alzheimer, che ancora si tende a tenere nascosta, pazienti e familiari ci hanno invece messo la faccia , ricorda Lucia.
Questo significa essere riusciti a creare fiducia e vicinanza tra chi cura e chi affida il suo caro per averne cura. Quando si entra in centri come il nostro, non c'è l'intento di togliere la persona con demenza dal mondo ma piuttosto di inserirla protetta in un punto di riferimento perché non si smarrisca del tutto . Sono luoghi di apertura per ritrovarsi, oltre e nonostante lo stigma della gente e la nebbia di tante menti ancora bellissime pur senza memoria.
(Le fotografie sono state gentilmente concesse da Ipab Vicenza ).
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