Un laboratorio bio-psico-socio-ambientale che si confronta sul concetto di complessità delle cure in un'ottica sistemica. Grazie a Cristina Banchi, infermiera libero professionista della Toscana, per averci portato l'esperienza di questa bella iniziativa che vede coivolti a vari livelli i professionisti della salute, che sempre più si stanno interrogando sul concetto di medicina sistemica e come integrarlo nel quotidiano lavoro di cura e assistenza ai cittadini bisognosi. Argomenti non semplici e alle volte non troppo approfonditi da chi si prende cura delle persone, ma come ben sappiamo l'essere umano è una "macchina meravigliosa ed estremamente complessa" e le strategie per comprenderla non possono che essere complesse e articolate ma sicuramente affascinanti e stimolanti.
L’11 aprile scorso si è tenuto a Roma un laboratorio bio-psico-socio ambientale organizzato dalla Assimss – Associazione Italiana di Medicina e Sanità Sistemica – in collaborazione con il Centro Cure Personalizzate e Systems Medicine del San Filippo Neri di Roma, sul concetto di complessità delle cure in ottica sistemica.
Il programma era particolarmente ricco di interventi; la giornata si è sviluppata in quattro laboratori a tema, ciascuno suddiviso in quattro o cinque interventi. Nel complesso rimane perciò molto difficile sintetizzare tutto ciò che è stato esposto e discusso, ma vorrei riuscire a condividere i princìpi cardine dell’approccio sistemico alla complessità della cura espressi egregiamente dal professor Mauro Ceruti.
L’approccio sistemico comporta il superamento dell’esclusività del modello cognitivistico, che vede nel laboratorio l’ambiente ideale per determinare le leggi di un sistema, così ritenuto quindi controllabile in ogni sua variabile. Nel secolo precedente al nostro, la scienza stessa ha iniziato a evidenziare come non sia possibile ricondurre lo scibile alle sole leggi fisiche, confermando la presenza di un’incertezza insuperabile, e che, nello studio della realtà, ciò che è oggetto di studio non è composto da cose astratte e separabili dal soggetto conoscente, ma dalla relazione tra osservatore e oggetto osservato.
Questa rivoluzione epistemologica è dirompente e implica la necessità di un nuovo paradigma, di una nuova estetica.
La sfida della complessità ci porta a considerare un pluralismo epistemologico e ontologico che apre a nuovi orizzonti, considerando che la visione classica si è sedimentata come senso comune e opera anche quando non ne siamo consapevoli, come un pre-giudizio che agisce già nella formulazione dei problemi, prima ancora che nell’elaborazione della risposta.
L’equivoco che potrebbe nascere è di ritenere che la scienza classica sia ingannevole e falsa, ma occorre invece considerare che è proprio attraverso gli sviluppi e il buon operare della scienza classica che siamo giunti all’urto e alla crisi, e a una nuova visione.
La visione sistemica sta nel considerare che il sistema non è direttamente deducibile o spiegabile sulla base alle proprietà delle singole parti che lo compongono, ma dal suo insieme.
Non è sezionando la complessità che si gestisce, ma governando l’andamento con cui i sistemi rispondono alle “perturbazioni”. Tutti i sistemi complessi, indipendentemente dalla loro natura materiale, hanno una storia in senso proprio, che fa sì che la loro sensibilità alle perturbazioni intervenga sulla traiettoria di sviluppo in una dimensione di contingenza propria.
Questa contingenza ci porta a dover ridefinire ciò che chiamiamo legge e a disaccoppiare il rapporto tra determinismo e prevedibilità, aprendo alle innumerevoli possibilità, non determinate inequivocabilmente dalle regole del gioco, ma anche dall’interferenza della contingenza e delle strategie di chi vi partecipa.
Il campo biomedico oggi rappresenta ciò che è stato l’ambito della fisica nel secolo scorso: l’opportunità del ripensamento di ciò che è la scienza nel suo complesso e di ciò che è il rapporto tra la dimensione del sapere e la dimensione del valore, attraverso un cambiamento di paradigma che può essere solo trasversale. Coerentemente perciò al laboratorio hanno partecipato pensieri e scienze diversi: medici, infermieri, psicologi, filosofi, sociologi, epidemiologi, biologi e manager.
La nuova sfida di tutte le professioni che si occupano del prendersi cura consiste nel restituire dignità e forza alla visione olistica della persona e dei sistemi di cura, superando la miopia del solo approccio cognitivista, che nega la forza e la verità espresse da altri possibili punti di vista: quello dell’altro, sia esso collega di altre professioni, sia la persona in senso ontologico.
Rivolgendomi ai colleghi infermieri ritengo che solo abbattendo le barriere dei “noi” vs “voi”, che circoscrivono e dividono l’indivisibile, possiamo aprirci alle innumerevoli conoscenze possibili, di cui il laboratorio è solo un parziale punto di vista. La relazione e il riconoscimento dell’altro saranno la nostra “bibliografa scientifica” di riferimento.
Ringrazio gli organizzatori dell’evento, dott. Christian Pristipino e il dott. Sergio Boria per questa meravigliosa opportunità.
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