Ho visto che cercavi conforto negli occhi dei tuoi colleghi, ora quando tornerai al tuo lavoro, sii tu conforto per gli altri . Può una frase cambiare tutto il tuo modo di vivere la professione? A Roberta, giovane infermiera che si è trovata catapultata nei panni di paziente, è successo. Quella notte non ho dormito ripensando a questa frase tanto da scriverla sul tovagliolo del mio comodino .
E se fossi io quell'infermiera che guarda tutti allo stesso modo?
"Vado in rianimazione, tubi ovunque e chissà se supero la nottata"
Tutto è iniziato lo scorso maggio, quando una gomitata accidentale da parte di una mia paziente mi ha portato in Pronto soccorso per una TAC di controllo che conferma la lieve tumefazione dello zigomo facciale destro.
Fino a quel momento ero un'infermiera felice, alla mia prima esperienza, ma si sa: lavorare con 50 pazienti è difficile e riversavo la mia frustrazione nei loro confronti.
Durante l'innocua TAC di controllo il medico mi dice di aver trovato una massa di 9 cm fronto-parietale emisfero cerebrale destro e che dovrò rivolgermi ad un grande istituto milanese più all'avanguardia in materia.
Appena giunta sul posto rimango allibita alla sola vista dell'edificio: grande quasi quanto il mio paesino. Via vai di infermieri, medici, chirurghi, anestesisti . C'è chi mi guarda come se fossi una dei tanti e altri che mi danno il benvenuto con un sorriso.
Nonostante tutto, ripetevo a me stessa: Spero di incontrare bravi infermieri o almeno qualcuno che non faccia pesare questa situazione ancora sconosciuta alla mia famiglia , ma soprattutto: E se fossi io quell'infermiera che guarda tutti allo stesso modo senza neanche un sorriso di conforto?
Mi dicono che la situazione è abbastanza complessa. Si passa subito all'anamnesi, ricovero, colloqui con anestesisti e neurochirurghi e infine sala operatoria. L'intervento di "sole" tre ore si trasforma in un incubo di sette con emorragia cerebrale e paziente salva per poco .
Vado in Rianimazione, tubi ovunque e chissà se supero la nottata . Il giorno successivo apro gli occhi - per fortuna - e mi confermano emiparesi sinistra. Vedo subito infermieri pronti per l'igiene, due uomini. Imbarazzo totale .
Ricordo uno dei due che ride (non ho mai capito la motivazione, ma ho sempre pensato fossi io), l'altro che mi ripete: Ragazzina potresti essere mia figlia. Stai tranquilla, in pochi minuti abbiamo terminato. Ho saputo che sei un'infermiera, quando finiamo raccontami cosa si prova a trovarsi nelle vesti di paziente .
Vengo portata in corsia per pochi giorni. Qui la frase che mi ha sconvolto. Il dottore mi dice: Ho visto che cercavi conforto negli occhi dei tuoi colleghi, ora quando tornerai al tuo lavoro, sii tu conforto per gli altri . Quella notte non ho dormito ripensando a questa frase tanto da scriverla sul tovagliolo del mio comodino.
Mi trasferiscono subito in un centro di riabilitazione robotica limitrofo dove inizio la mia fisioterapia. Tutti sono a conoscenza del mio lavoro, ma anche qui una miriade di infermieri. C'è chi mi spiega ogni farmaco e ogni manovra, chi viene a trovarmi per ascoltare la mia storia, ma anche chi mi dice: Visto che sei infermiera, perché non ti somministri da sola la terapia? Ci alleggerisci il lavoro visto che non ho tempo di guardarti .
ll mio calvario , breve ma intenso, finalmente termina. Per la prima volta nella mia vita ho un cervello perfetto, ma vi posso assicurare che oggi sono la stessa infermiera che apre ogni giorno la porta delle stanze dei miei pazienti e ripete: Buongiorno gioventù, sveglia! Dai, in piedi ragazzi . Ora sono ancora più convinta che gli infermieri siano gli angeli delle corsie.
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