Lo scorso 13 aprile è stato approvato il Codice deontologico degli Infermieri italiani. Arriva a dieci anni esatti dall’ultima stesura e a venti da quella che ha aperto l’era del dopo mansionario. In ordine di tempo è la quinta versione realizzata dalla Federazione nazionale. La prima come Ordine. Quella del 1960, la prima, era composta da 11 articoli; molto prescrittiva e paternalistica, con forti riferimenti all’etica religiosa e con una visione del ruolo dell’infermiere subordinato a quello del medico.
Come si è arrivati al Codice Deontologico degli infermieri del 2019
La versione successiva del 1977 aveva una premessa e tre macroaree comprendenti ognuna quattro articoli (per un totale di 12), relative a: la dimensione umana, i rapporti sociali e l’impegno tecnico-operativo).
Dopo ventidue anni c’è la versione del 1999, con sette aree, suddivise in sottopunti: premessa (5), principi etici della professione (7), norme generali (6), rapporti con la persona assistita (18), rapporti professionali con colleghi ed altri operatori (6), rapporti con le istituzioni (5), disposizioni finali (2). Il CD del 2009 strutturerà meglio i punti definiti in precedenza suddividendoli in capi (sei) per un totale di 51 articoli più l’enunciato delle disposizioni finali.
Si arriva così all’oggi dove, dopo più di tre anni di gestazione, arriva una nuova stesura che rivede tutto l’impianto delle precedenti versioni consegnando un CD composto di otto capi per un totale di 53 articoli.
Lungo questo escursus vanno considerati gli archi temporali presenti fra una versione e l’altra e le scelte intermedie. Nel primo caso il maggior salto di qualità si è avuto tra il 1960 e il 1977 con ben 17 anni di distanza e lo strutturarsi di enunciati più professionalizzanti fra la prima e la seconda versione.
A questa è seguito uno spazio di tempo ulteriormente ampio, 22 anni, che va dall’inizio del SSN (833/78) di stampo universalistico, all’affermarsi di tutta una legislazione professionalizzante che sottolineerà il passaggio da professione ausiliaria a professione autonoma.
E al sorgere anche dell’aziendalizzazione della Sanità pubblica: dal D. Lgs. 502/92, integrato poi dal D. Lgs. 517/93 e successivo D. Lgs. 229/99, al profilo del DM della Sanità 739/94 fino alla legge 42/99 che abolisce il mansionario.
In mezzo ci sarà anche la declaratoria del Patto Infermiere cittadino del 1996, utile per modulare meglio i grandi cambiamenti in atto negli anni ’90. A seguire, con spazi regolari di dieci anni le ultime tre versioni di cui si è detto; lungo un ventennio che ha visto la legislazione legittimare la dirigenza infermieristica, l’avvio di master universitari, lauree magistrali e dottorati di ricerca.
A partire dall’autunno del 2016 prende corpo una prima bozza del nuovo codice deontologico sulla quale si lavorerà per tre anni, con in mezzo il cambio del corpo rappresentativo dei Collegi Provinciali, fino ad arrivare alla definitiva nascita dell’Ordine a partire dall’inizio del 2018. Due piccole “declaratorie” ancora lungo il cammino per accompagnare il cambiamento: quella del contestatissimo comma 556 e la più recente adesione al manifesto inter-religioso sul fine vita.
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