Gl'Infermieri usano l'impegno in nuove sfide e nella crescita professionale come strumento per combattere quello che è impropriamente chiamato Burnout.
Si discute spesso di burnout nelle corsie. Ma indipendentemente dal termine usato, la salute degli infermieri è a rischio. E gli studi lo hanno evidenziato, ma anche perché il loro lavoro richiede competenze tecniche complesse, una conoscenza di base costantemente da ampliare, resistenza fisica e quella valutazione critica del paziente rispetto a sintomi che non sempre si presentano in modo descrittivo così come si legge sui testi universitari. Ma al di là di questo, gli Infermieri sono tenuti a mostrare empatia e cura verso i loro pazienti, anche nei confronti di quelli maleducati e polemici. Solo da questo si evince la necessità di possedere carattere e autodisciplina. E se aggiungiamo tutti quei rapporti incrinati con medici e personale di supporto, è facile capire che, a un certo punto, un infermiere può anche “bruciarsi”.
Ultimamente mi sono chiesto se l’esistenza del burnout potrebbe essere correlata in realtà alla noia. Può sembrare folle, lo so. Come può una persona annoiarsi in una professione così frenetica in cui la pausa pranzo è un lusso per pochi e la possibilità di allontanarsi per recarsi al bagno è un sogno per molti? Anche le attività che richiedono competenze tecniche complesse diventano con il tempo ripetitive. E così l’infermiere perde interesse per il lavoro e non è invogliato. Non riesce più a trovare appagamento in quello che fa. Si inizia a sospettare che quell’infermiere sia in burnout quando in realtà quello che sta vivendo è solo noia.
La noia spiega il fenomeno del perché alcuni infermieri piuttosto che impegnarsi e migliorarsi nel proprio campo specialistico, spostano il proprio interesse verso qualcosa di “diverso” diventando artisti, blogger, esperti di fitness, scrittori, fotografi, comici improvvisati , ecc. Molti altri frequentano master, specialistiche, dottorati di ricerca mentre continuano a lavorare quotidianamente nei reparti con la speranza che presto qualcosa possa cambiare. Diventano coordinatori infermieristici, supervisori ospedalieri, tutor clinici, dirigenti aziendali.
Burnout è la cessazione della capacità di andare avanti. Non c’è altra parola. Nei sinonimi per noia, si leggono, invece, tanti termini usati dagli infermieri quando descrivono la propria condizione di burnout: apatia, frustrazione, insoddisfazione, inquietudine, stanchezza, monotonia, ripetitività. Recentemente ho avuto l’opportunità di confrontarmi con molti colleghi sulla questione. Più volte ho sentito qualcuno dire: “Penso che sia bene per gli infermieri cambiare il proprio reparto o addirittura la propria Azienda ogni 5/10 anni per restare freschi”, oppure, “è stato difficile abbandonare le mie competenze assistenziali nei pazienti cardiopatici, ma avevo bisogno di scuotere le mie giornate lavorative. È importante non annoiarsi”.
Sembra quasi contraddittorio, ma diversi infermieri usano l’impegno in nuove sfide e nella crescita professionale come strumento per combattere quello che è spesso impropriamente chiamato burnout!
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