La nostra impronta sul sistema salute. Questo il tema del primo Congresso Nazionale della Federazione Nazionale Ordini delle Professioni Infermieristiche (Fnopi) - ex Ipasvi - in programma a Roma dal 5 al 7 marzo prossimi, giornate durante le quali si alterneranno ospiti rappresentanti le professioni, il mondo sanitario e sindacale e la società in generale, con un parterre davvero interessante e denso di aspettative.
Noi infermieri: La nostra impronta sul sistema salute
Dal 5 al 7 marzo prossimi si aprirà il primo Congresso Nazionale della neonata Fnopi. Il XVIII congresso nazionale degli infermieri e il secondo de ”l’era Mangiacavalli” come presidente di più di 400.000 infermieri italiani.
Evento che si annuncia abbastanza ricco e stimolante con un programma che si dispiegherà lungo tre giorni di lavori, con obiettivi riguardanti i campi di intervento ampi dell’infermieristica, la soggettività professionale ed il suo rapporto con gli interlocutori istituzionali, lungo una visione da sviluppare su più strati, a livello locale e internazionale, in relazione al sistema salute.
I lavori si svilupperanno in quattro sessioni:
- Infermieri e cittadini: esercitare guardando il futuro
- Mondo del lavoro, esercitare in sicurezza
- Esercitare in partnership con le altre professioni
- Esercitare al massimo delle potenzialità.
Lungo questa scaletta di fondo si alterneranno ospiti rappresentanti le professioni, il mondo sanitario e sindacale e la società in generale, con un parterre davvero interessante e denso di aspettative. Il focus dei lavori fortemente legato all’esercizio professionale (la presenza del verbo “esercitare”, declinato in ogni modo, ne è un indicatore) che si pone come chiave di lettura del titolo stesso del Congresso: La nostra impronta sul sistema salute”.
La cronaca quotidiana dei tre giorni di assise sarà utile per conoscere in maniera più approfondita quanto annunciato, ma uno sguardo d’insieme si può avere fin da ora prendendo in considerazione la dimensione della partecipazione - più sul piano qualitativo, che non su quello quantitativo - i cui numeri saranno meglio definiti alla fine delle tre giornate.
I poster presentati per il XVIII Congresso nazionale degli infermieri
Sul piano qualitativo si possono prendere in considerazione i vari poster presentati per l’occasione. In totale ne sono stati selezionati 296, una cifra che ad un primo esame può sembrare un po’ ridotta, però se si ipotizza che per ogni singolo poster possano aver concorso fra i tre e i quattro infermieri, si arriva ad una cifra compresa fra i 900 e i 1200 professionisti ipoteticamente coinvolti che, nella sostanza, rappresentano all’incirca poco più del 2–3% del corpo professionale; considerando poi che, in 44 casi, il primo autore figura per più di un lavoro presentato (da un minimo di due ad un massimo di sette).
La totalità dei poster presentati è stata ripartita in quattro aree precise di sviluppo tematico: organizzazione (142), formazione (30), clinica (104) e deontologia (20).
A primo acchito la dimensione clinica ed organizzativa appaiono fortemente presenti, nonostante il peso della deontologia sempre più chiamata in causa in questi ultimi anni, sia in relazione al fine vita, che alla clausola di coscienza e, più in generale, ad una ridefinizione del codice deontologico, in armonia con la realtà sociale che cambia nel tempo e con la nuova strutturazione della professione in quanto Ordine.
Anche l’aspetto formativo sembra poi non troppo preso in considerazione, forse legato al ridotto numero di colleghi che ne sono direttamente coinvolti, nonostante la formazione infermieristica necessiti sempre più di un suo giusto riconoscimento, anche in termini di strutturazione autonoma dei vari corsi di laurea, costretti ad essere sostenuti da personale docente ancora in larga parte a contratto.
Qualcosa di più può derivare inoltre da un’attenta analisi dei titoli dei lavori presentati, che nell’immediatezza ha la capacità di mostrare l’impegno e la preparazione degli autori nell’affrontare tematiche di rilievo ed attuali.
Gli argomenti
Se da un lato si è di fronte a quasi trecento poster che cercano di affrontare i vari aspetti dell’infermieristica nel nostro paese, dall’altro si fa avanti la percezione che molti di quei lavori non riusciranno ad andare oltre la dimensione del poster. Diversi probabilmente diverranno interessanti articoli scientifici, ma molto difficilmente troveranno lo spazio necessario per svilupparsi in una ricerca strutturata e continuata nel tempo, più per mancanza di risorse di sistema che non di capacità professionali e scientifiche da parte dei singoli autori.
Ed in questo il poster diventa rappresentazione di una professione - e di professionisti - che ha tutte le carte in regola per darsi e guidare uno sviluppo teorico e scientifico della dottrina, ma che resta costretta in ambiti molto stretti cui, nei fatti, sono negate le necessarie risorse utili a qualsiasi professione intellettuale.
Nei 296 titoli elencati si riesce a leggere una capacità, composita, articolata e in evoluzione, di essere professionisti aggiornati con la realtà scientifica circostante ed internazionale, tale da poter ben sostenere che la professione intellettuale che finalmente si è fatta ordine ha tutte le carte in regola per essere anche professione specialistica: dal trattamento delle stomie a quello delle ferite difficili, dall’organizzazione al territorio (infermiere di famiglia) all’autonomia del see and treat, alla ricerca e alla dirigenza.
Un’analisi più particolareggiata degli ambiti clinici affrontati necessiterebbe maggiore spazio, anche se le tematiche della fragilità, del disagio psichico, dei determinanti della salute legati all’età (pediatrica, adolescenziale, anziana) e delle migrazioni (sia in relazione ai pazienti, sia in relazione ai cervelli in fuga), mostrano una percezione ancora abbastanza generica delle problematiche di sistema, in relazione alle difficoltà crescenti del Servizio sanitario nazionale.
Ecco, forse se qualcosa, in un quadro globale valutativo, poteva e doveva avere maggior spazio, è indubbiamente legato alle disuguaglianze nella salute, all’universalismo e all’equità dell’assistenza sanitaria, a quell’essere impronta (come recita il titolo) che deve farsi in realtà mano che modella e non solo che lascia il segno.
Più di questo non si può dire dalla semplice analisi dei titoli di 296 poster, senza rischiare di fare forzature o storture interpretative. Vero è che, in toto, forse qualche attenzione maggiore alla professione, a noi stessi, alla dimensione della quotidianità dell’essere e del fare (e del sapere e del saper fare ed essere) andava speso.
Oltre la denuncia dei carichi di lavoro e dei rischi occorsi sul piano dell’integrità fisica in situazioni fortemente conflittuali, forse uno sguardo più attento a noi stessi andava sviluppato, per dare senso, anche sul piano della ricerca scientifica, all’immagine, alla forza, al portato cognitivo e alle mille fragilità interne, in relazione al mondo del lavoro, alle discriminazioni di genere e di classe, al razzismo strisciante, alla dignità di farsi organizzatori che si legittima maggiormente nell’autorevolezza e nella relazione di fiducia e di stima, che non nell’autoritarismo e nella gerarchia.
Se queste sono le premesse del 1° Congresso Fnopi, sicuramente si avranno dei risultati interessanti.
Appuntamento con l'arte
Degno di nota anche il consueto appuntamento conviviale artistico, previsto per la sera del 6 marzo, che quest’anno vede un lavoro teatrale non di poco conto, ad opera della Fonderia Mercury e dal titolo “E Johnny prese il fucile”, tratto dall’opera di Dalton Trumbo, da cui il film del 1971 premiato a Cannes.
La storia racconta del reduce Joe Bonham, grande invalido della 1^ Guerra Mondiale, che non accetta una vita da “residuato bellico umano” e, per reazione, si fa icona vivente dell’orrore della guerra ed ambisce ad essere mostrato in giro per fiere e congressi per condannare il terrore in divisa e la disumanità del militarismo.
Il contesto della storia, inutile dirlo, si dipana in un letto dell’ospedale dove Joe è degente e il rapporto con le figure sanitarie è uno degli elementi facilitatori della narrazione.
Uno spettacolo di forte denuncia ed impegno sociale che, in questi tempi di assuefazione alla guerra, è indubbiamente prezioso e restituisce un messaggio di attualità e di impegno per la professione di farsi protagonista e simbolo di un mondo migliore. Di mostrare che il suo essere professione intellettuale è strettamente legato alla materialità dell’essere umano, delle sue speranze, e, purtroppo, delle sue tragedie.
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