Quando ho realizzato che non volevo più lavorare in una Rianimazione erano passati ormai 27 anni dal mio diploma, ed era lo scorso anno. Emigrata Oltre Manica da due anni e mezzo, dopo una esperienza non propriamente felice in NHS — il Sistema Sanitario Inglese — ho capito che a 54 anni era ora di cambiare. Il giorno in cui ho limpidamente accettato che il tempo era passato, e che ero stanca di avere pazienti intubati e connessi a respiratori e monitors, sono stata una donna felice. Molti colleghi che lavorano da lungo tempo in Rianimazione o in specialistiche rimarranno di sasso leggendo quanto scrivo. E allora mi spiego.
Infermiera in Inghilterra: dalla Rianimazione alla Nursing Home
Mi sono diplomata infermiera nel 1991, quando parlare di Università era come progettare un viaggio su Marte andata e ritorno a velocità curvatura.
Ho avuto una carriera in Rianimazione in Italia durata quasi 25 anni prima di capire che ero rimasta praticamente disoccupata dall'oggi al domani e che l'Italia non è un paese dove un'infermiera cinquantenne, come ero io, può essere considerata una forza lavorativa ancora valida e con una preziosa esperienza da mettere a frutto.
Nel 2016, a Marzo, ho preso un volo che mi avrebbe proiettata in una realtà lavorativa distante anni luce da quella italiana. Sono partita con un inglese basico, assolutamente non adeguato al tipo di lavoro che avrei dovuto fare, questo con il senno del poi.
Con il senno dell'adesso ho imparato alla velocità della luce ad esprimermi, dapprima per chiedere cose semplici, e poi via via, ad utilizzare frasi più complesse. Ricordo ancora con terrore la mia prima "hand over" — o consegna &mdash scritta e riscritta grazie al traduttore, e poi letta, per paura di sbagliare o fare dimenticanze.
È dura emigrare a 50 anni, imparare una nuova lingua e doverlo fare al più presto, perché hai assoluto bisogno di lavorare e farti capire. Devo dire che ho pianto parecchio nei primi sei mesi, e seriamente, pensavo di non farcela.
Ho lavorato due anni per un grande ospedale privato di Sheffield, fra ITU (Rianimazione) e reparto chirurgico, e dopo una brevissima esperienza in NHS, ho capito che a 54 anni suonati la Rianimazione non era più cosa.
Per essere onesta, mi ero rotta parecchio le scatole del mio lavoro. Succede. Volevo tornare a lavorare in privato e qui, in UK, le Nursing Home offrono una valida alternativa.
Cos'è una Nursing Home, chi ci lavora e com'è organizzata
Al contrario dell'Italia, qui non esistono singole realtà private, ma grandi catene che hanno Homes sparse un po' ovunque sul territorio nazionale, spesso condotte da grandi società e con differenti "believes" (credenze, filosofie).
Prima di trovare quella giusta ne ho cambiate un paio e qui, in UK, è assolutamente normale cambiare. Non è visto come un qualcosa di negativo, ma anzi, è ciò che dà esperienza, capacità e controllo delle situazioni, quindi è una nota positiva sul tuo curriculum.
Lavorare come nurse in nursing home ha cambiato la mia vita, e in meglio
L'organizzazione è di tipo piramidale, cioè al vertice un/una manager, un/una deputy manager (vice), poi ci siamo noi nurses, i careers (Oss), e quindi i domestics e i cleaners (il personale addetto alle pulizie). Il servizio di catering quasi sempre viene dato in appalto a ditte esterne, che però di solito usano la cucina annessa alla home.
Generalmente le nursing home sono divise in due piani, o due zone, dipende da come sono fatte: c'è il Residential floor ed il Nursing floor. Questa esigenza è data dal fatto che per il residential la legge inglese non prevede la presenza di una nurse, ma di un aiuto nurse, in quanto i residents non hanno patologie serie tanto da richiedere intervento professionale.
Gli aiuto nurse o "seniors", danno la terapia orale e seguono il residents chiamando il medico quando c'è la necessità, confrontandosi con le altre figure di supporto citate sopra e coadiuvando i careers.
Ovviamente in assenza dell'home manager e del deputy manager (e questo avviene i fine settimana e i festivi) siamo noi nurse gli unici responsabili dell'andamento di tutta la home. Noi nurses, inoltre, siamo le responsabili del turno e tutto dipende da noi: questo ti permette di organizzare il lavoro come preferisci.
Siamo noi ad intrattenere i rapporti con tutte le figure di supporto, a partire dal General Practitioner (medico di base), finendo al fisioterapista, terapista del linguaggio, dentista, ottico e persino il podologo.
Sempre nostra è la decisione di chiamare gli ECP (Emergency care Practitioner) — il servizio gestito dai nurse NHS specializzati in emergenza — qualora avessimo problemi con uno dei resident e fosse impossibile per giorno o per orario rintracciare il GP. Gli ECP, attualmente 999 (corrispondente all'italiano 118), qui sono anche prescrittori di farmaci.
Ruolo dell'infermiere in Inghilterra: differenze con l'Italia
Il nostro ruolo qui è sentito e rispettato. Non è raro che se qualcuno protesta ad esempio per essere cambiato o riguardo a procedure come essere girati in caso di allettamento gli venga risposto Nurse told me to do that
ovvero l'infermiera mi ha detto di fare questo
, il che non ammette repliche.
Questa è anche una delle differenze basilari con l'Italia: noi siamo professionisti seri ed attendibili, siamo "named person" ovvero responsabili perché abbiamo una registrazione professionale rigidissima, che ben poco ammette di scritto fra le righe, che garantisce un servizio professionale garantito dal Code, il Codice di comportamento che tutti, indipendentemente dal grado, dobbiamo rispettare.
Nessuno in Inghilterra si sognerebbe mai di dire ad un Nurse
non mi fido, lo chiedo al medico. Provate a vedere se in Italia funziona così
È un'attività, la nostra, che oserei chiamare multicolore. Non si può definire certo noiosa: è meno ripetitiva di quella ospedaliera, meno compartimentale, la definirei onnicomprensiva, cioè si occupa a 360 gradi della persona, ed è appunto ad personam.
Nelle nursing home inglesi l'attività si basa sul care plane, ovvero quello che in navigazione si chiamerebbe il giornale di bordo: un giornale personale basato sul mettere la persona al centro di un piano assistenziale personalizzato ed assolutamente individuale.
Recentemente mi sto interessando del settore multi-attività: fra le altre cose accompagno i residenti in uscite programmate che possano incontrare tutti gli interessi, centrate specialmente sulla pet therapy e gite in parchi tematici e grandi fattorie dove poter incontrare anche grandi animali.
Insomma, pensavo di dover programmare il ritiro dalle scene invece sono ancora sulla scena e la cosa non mi dispiace affatto.
Naturalmente — e aggiungo purtroppo — se fossi rimasta in Italia dubito fortemente che tutto questo sarebbe accaduto, non per incapacità, ma per mancanza delle occasioni che qui in Inghilterra per un infermiere — specialmente se con grande esperienza come me — sono invece all'ordine del giorno. Ancora una volta, grazie UK!
rosabove
1 commenti
Infermieri 50enni alla riscossa
#1
Ho letto con molto interesse il tuo articolo sulla tua esperienza in UK a 50 anni: io di anni ne ho 53 lavoro in una Sala Operatoria con 6 specialità (ORL,Oculistica,Chirurgia Generale, Urologia, Ginecologia ed Ortopedia) e in precedenza ho lavorato molti anni in Rianimazione, Unità Coronarica e PS.
Conosco l'inglese abbastanza bene (da "giovane" sono stata 15 mesi a Londra come au-pair), e ultimamente, vedendo tanti annunci di ricerca di infermieri in UK, mi sto informando sulla possibilità di fare un pò di esperienza Oltremanica. Certo la Brexit non aiuta...Sono alla ricerca di consigli di prima mano da chi sta vivendo tuttora l'esperienza, possiamo metterci in contatto? Ti ringrazio anticipatamente e buon lavoro,
Rosa