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elezioni Ipasvi

Infermieri al voto: Facciamo sentire la nostra voce

di Giordano Cotichelli

La professione infermieristica è intrisa di un malessere generale. Cresce la disoccupazione, i pochi concorsi pubblici sono presi d'assalto da migliaia di candidati, infermieri che non riescono a trovare la valorizzazione che gli spetta, professionale e umana che sia. Quelli che lavorano, sembrano scoiattoli nella ruota che girano all'infinito. E poi c'è il capitolo elezioni di Collegio Ipasvi provinciale. Una partita importante sulla carta, una partita a cui sembrano voler partecipare sempre più iscritti - almeno così è stato nel caso di Ancona - proprio in virtù di questo malessere, che deve essere gridato a gran voce, a livello sindacale ed istituzionale.

Elezioni Ipasvi, quando la provincia grida problemi condivisi

Nella realtà dei fatti, oggi l'infermiere non riesce ancora a trovare la valorizzazione che gli spetta

È finito in tarda serata di lunedì 16 ottobre lo scrutinio delle schede elettorali ad Ancona. Proclamata vincitrice la lista “CambiAMO l’Ipasvi”, espressione egemone del sindacato Nursind locale, che ha ottenuto per i suoi candidati un numero massimo di voti (computato per singolo candidato) che oscilla fra i 381 e 358.

L’altra lista – “Infermiere, investire, impegnarsi, innovare” - ha ottenuto preferenze strette fra 303 e 270. Le differenze all’interno delle rispettive “forbici” di voti quasi si somigliano, segno di scelte elettorali date in maniera non uniforme ad entrambe le liste e segno di molti voti annullati (in diversi casi scritti con troppa superficialità, non tenendo conto dell’esattezza del nome e cognome riportato).

Ciò nonostante i votanti sono stati 710 su un totale di 3590 iscritti al Collegio (al 15 settembre di quest’anno). Un numero storico, anche se rappresenta appena il 19,78% degli iscritti.

Tre anni fa votarono 425 infermieri e in passato i numeri furono ancora più bassi. A ciò si può aggiungere la forte polarizzazione che si è espressa fra le due liste, a volte anche in termini non propriamente “leggiadri”, se si da un’occhiata fugace ai vari social interessati dalla campagna elettorale.

Ma questa non è una novità e i leoni da tastiera a tutto servono fuorché agli interessi professionali, come sottolineato anche dalla presidente Mangiacavalli nelle scorse settimane.

Alla fine alcune considerazioni vanno fatte. In primo luogo, relative al Collegio Ipasvi come istituzione, che ha sempre avuto una bassa attrattiva in termini di partecipazione, verso il corpo professionale, mostrando spesso, in diverse parti d’Italia, il ripetersi per anni (in qualche caso per decenni) di gruppi consigliari formati dalle stesse persone.

Nonostante ciò si è visto che l’affluenza nel caso anconetano è stata quasi il doppio rispetto a tre anni fa. Un dato che, fatta salva la conflittualità fra le due liste, mostra un malessere crescente che attraversa il corpo professionale tutto e che cerca di far sentire la sua voce a vari livelli: sindacale e istituzionale.

Un malessere che è strettamente correlato al peggioramento delle condizioni socio-economiche del paese, del sistema di welfare e di una professione che, al di là delle prospettive di crescita che possono essere immaginate, sempre più sembra avvitata su sé stessa, in una fase regressiva importante che si esplica su molti livelli.

Sul piano occupazionale cresce la disoccupazione infermieristica e quei pochi posti pubblici messi a bando in qualche periodico concorso per infermieri, sono presi d’assalto da migliaia di colleghi.

A livello dirigenziale il moltiplicarsi di corsi, master e lauree magistrali immettono sul mercato infermieri con aspettative superiori a ciò che il sistema socio-sanitario possa loro offrire.

Ed ancora: riconversione di ospedali, chiusura di interi reparti (o peggio di quelle che una volta si chiamavano Divisioni) e polverizzazione dell’offerta, con un’assistenza infermieristica declinata al ribasso, delegata al personale Oss di supporto o, al massimo, sotto forma di qualche manciata d’ore di lavoro da fare previa apertura di partita Iva.

Un quadro fosco, che ha cercato la sua sintesi nel termine demansionamento che ha preso piede in questi ultimi anni, ma che in realtà rischia di essere improprio.

Nei fatti una professione non può essere demansionata se, a partire dalla legge 42 del 1999, non ha più un mansionario. Nella realtà, però, l’infermiere si sente sempre più stretto all’interno di uno spazio angusto da cui non riesce ad uscire, né riesce a trovare un luogo di valorizzazione, professionale ed umana.

Tutto questo, e tanto altro ancora, suggerisce la consapevolezza che un Collegio Ipasvi - quello di Ancona in oggetto, ma tutti gli altri in generale - si troverà sempre più a dover affrontare criticità istituzionali, fasi di cambiamento, ridefinizioni professionali che implicheranno coinvolgimenti relazionali, risorse cognitive e rappresentatività mediatica superiori a quelli richiesti da una semplice campagna elettorale.

E quanto detto non vale solo per gli eletti nei Collegi, per i vincitori, ma anche per le liste “bocciate” (chi scrive ne faceva parte ad Ancona), ed ancor più per il restante 80% di assenti dai seggi che però, quotidianamente, cercano di dare il loro meglio in un lavoro continuo, in uno sforzo sovraumano; infermieri come tanti scoiattolini nella ruota (squirrel wheel) che corrono all’infinito.

Un destino segnato? No, di certo una prospettiva da affrontare con strumenti maggiori di un collegio, di un sindacato, o di una sensazione rinunciataria continua

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