"Se tornassi indietro non lascerei la mia terra, ma farei la scelta di lavorare da precario..."
Gentilissimo Direttore,
le scrivo in quanto il suo giornale è una delle riviste a contenuti infermieristici più seguite in Italia, quindi spero letta non solo da infermieri, ma anche dai vari presidenti dei Collegi IPASVI e qualche politico interessato alle problematiche infermieristiche. Vorrei che attraverso lei questa lettere potesse arrivare a smuovere la coscienza di qualche autorità per risolvere la questione degli infermieri emigranti.
Sono molto amareggiato di come stanno trattando gli infermieri emigranti.
Purtroppo le generazioni precedenti alla mia, in epoca di benessere e boom economico si sono letteralmente “mangiati” l’Italia facendoci vivere un brutto presente di ristrettezze economiche e sacrifici per arrivare a fine mese, con i vari governi che si sono susseguiti in questi ultimi anni che hanno continuato tartassare e massacrare la mia generazione. Perché anziché togliere alle generazioni precedenti che hanno avuto più di quello che hanno dato, hanno tolto sempre più alla mia generazione e al nostro futuro?
Oggi ho 37 anni e lavoro da 9 anni in una ex-Ao della Lombardia, oggi ASST con la nuova riforma e sono ancora D0 e di scatti non se ne parla. Azienda restia a pagare gli straordinari oppure se pagati solo e sempre al 15%. Eppure lavoro nella Regione dell’eccellenza sanitaria e senza disavanzi di bilancio. Da quando ho iniziato a lavorare, con il blocco del turn over, i piani di rientro della mia cara Campania, e oggi con la legge 114/04 come tanti altri colleghi emigranti siamo ostaggi delle nostre Aziende al punto di non poter neanche partecipare ad un concorso pubblico di mobilità interregionale, perché ci viene negato il nulla osta preventivo per carenza di personale, quando ogni coordinatore è affiancato da 1-2 infermieri, spesso anche privi di limitazioni.
E’ GIUSTO TUTTO QUESTO?
Eppure credevo di essere in una nazione dove l’art 13 della Costituzione fosse ancora in vigore.
La libertà personale è inviolabile. In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l'autorità di Pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all'Autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto. È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà. La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.
Invece mi sono accorto a malincuore che per gli infermieri emigranti è stato abrogato. Ci è stata abrogata la libertà di scelta della nostra vita. Tanto oggi un Direttore Generale può decidere per noi.
Le chiedo signor Direttore: La soppressione della libertà non è per caso una violazione dei diritti umani? Non è per caso una violenza morale ciò che subiamo noi infermieri emigranti? Per caso per far valere i nostri diritti ci dobbiamo rivolgere alla Corte Europea dei Diritti Umani?
A differenza dei precari che sono riusciti a spuntarla senza concorso e con la stabilizzazione, oggi noi infermieri emigranti, nonostante abbiamo già superato un concorso pubblico, qualora partecipassimo ad una mobilità, dobbiamo affrontare ancora la farsa del colloquio. Così ti vedi scavalcato da colleghi che hanno pochi anni di esperienza e senza titoli solo perché miracolosamente hanno avuto un punteggio alto al colloquio. Attraverso Lei, vorrei arrivare alle autorità competenti per chiedere:
E’ GIUSTO TUTTO QUESTO?
Se tutto questo è giusto, allora io insieme ai mie colleghi emigranti non abbiamo capito nulla della vita. Se tornassi indietro non lascerei la mia terra, ma farei la scelta di lavorare da precario, tanto prima o poi mi avrebbero stabilizzato.
Invece io e i miei colleghi emigranti siamo destabilizzati a vita.
Antonio, Infermiere emigrante.
* * *
Carissimo Antonio,
non è giusto nulla e su queste tematiche occorre lavorarci su e seriamente. Invito il presidente della Federazione Nazionale dei Collegi IPASVI a verificare quanto scritto dal nostro lettore e a rendersi partecipe della sua sofferenza. Sofferenza che non appartiene solo a lui ma a tutti coloro (e sono tantissimi) che si trovano nella sua stessa condizione. Le siamo vicini. Più che denunciare e amplificare quello che brillantemente ci ha scritto non possiamo fare altro. Purtroppo.
Angelo Riky Del Vecchio, Direttore Nurse24.it
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