In tanti lo sentono ancora, decine di persone giurano di averlo visto, nessuno di loro è più ritornato al "mattatoio delle anime", così come viene chiamato tra la popolazione locale l'ex-struttura per pazienti psichiatrici che oggi ha dato spazio ad un albergo e ad un centro commerciale. Riccardo era omosessuale e quindi "pazzo" per la società italiana del 1949.
NAPOLI. Siamo in Campania, in provincia di Napoli. La nostra storia è una di quelle che mette i brividi e mentre scriviamo ci giriamo continuamente alle spalle in cerca di un'ombra che è solo nella nostra immaginazione. Probabilmente.
Riccardo, il nome è di fantasia, è il protagonista nel bene e nel male della nostra storia che è ancora racchiusa nel mistero.
A 44 anni, nel 1949 il nostro malcapitato fu condotto coattivamente presso una struttura di cura per problemi psichiatrici.
Siamo in un'epoca storica che aveva visto gli orrori della Seconda Guerra Mondiale, gli errori del Fascismo e le razzie degli alleati Inglesi, Francesi e Americani. Una Italia fortemente analfabeta, fatta di reduci di guerra e di una popolazione decimata da fame, malattie e crisi economica.
All'epoca le strutture di ricovero si chiamavano "Manicomi" (e fino alle Leggi Basaglia non hanno mai cambiato denominazione tra la popolazione).
La "colpa" di Riccardo? Essere omosessuale e quindi "pazzo" per l'Italia di allora, quella post-fascista e neo-democristiana, dove socialisti, comunisti, repubblicani e social-democratici non erano poi tanto moderni come potremmo immaginare.
Ma veniamo alla nostra storia. Riccardo venne trovato in compromettenti abiti da signora che girovagava ubriaco per le vie di un piccolo centro dell'entroterra partenopeo. I Carabinieri lo bloccarono dopo un lungo inseguimento e dopo la denuncia presentata da due anonimi. Venne portato di forza in caserma e di qui in Manicomio.
Non abbiamo documenti che attestino quello che stiamo per scrivere, ma nei ricordi di alcuni anziani ultra-novantenni emerge nitida la figura di questo signore che non hanno mai avuto modo di rivedere per le strade del paese. E sì perché nel 1949 era facile entrare in Manicomio, quasi impossibile uscirne.
Quello che siamo riusciti a ricostruire è raccapricciante: dopo un mese nella struttura il nostro venne "adottato" dallo Psichiatra del Manicomio e "trasformato" in quello che allora veniva chiamato "Infermiere". Poche nozioni e subito a fare da assistente al Medico che lo curava.
Riccardo, a quanto pare, venne "professionalizzato", ovvero istruito a seguire i suoi stessi colleghi di pazzia (la maggior parte era gente sana finita in struttura per motivi politici, razziali o perché omosessuali): preparare i farmaci orali, fare iniezioni, curare le ferite e per quanto possibile fare l'igiene ai pazienti. A sorvegliarlo di continuo il personale addetto alle attività Infermieristiche, se così si può dire.
Ma veniamo al motivo del nostro racconto. Nel 1952 Riccardo fu accusato da altri pazienti di aver provocato volontariamente la morte di due colleghi di patibolo e per questo massacrato di notte nella sua cella (assieme a tutte le altre), che stranamente quella sera era stata lasciata aperta. Era la vigilia di Natale e tutti i lavoratori del Manicomio erano impegnati ad ascoltare la radio che in diretta trasmetteva la messa del Papa.
Riccardo fu assalito da alcuni ospiti della struttura che lo presero a calci e pugni, soffocandolo con della paglia infilata in gola. Infine, gli vennero cavati gli occhi che non furono mai ritrovati.
Da allora pare che il suo "fantasma" giri ancora tra le strade vicine al Manicomio, che nel frattempo è stato abbattuto. Al suo posto è stato costruito un albergo e un centro commerciale.
In molti, soprattutto di notte, giurano di sentire i suoi passi, le sue urla, i suoi lamenti. Alcuni pare l'abbiano visto girovagare senza meta.
Sembrano e sono solo dicerie di paese e/o comunque la visione fantasiosa di alcuni che appartengono ad un retroterra culturale e sociale che ha vissuto direttamente o indirettamente le "anomalie" di quel Manicomio.
L'unica cosa certa è che del suo ricordo non si sono perse le tracce, anzi di Riccardo, l'Infermiere imprigionato perché ritenuto gay, se ne discute ancora e se ne parla anche tra le nuove generazioni.
Forse la sua morte non è stata vana, forse anche la sua uccisione è servita tantissimi anni dopo a creare/formulare/concretizzare le teorie di Basaglia e la chiusura di strutture che per molti versi erano più dure, più selvagge e più disumane delle carceri fasciste e naziste.
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