È successo ancora. A Pordenone , due giorni fa, c’è stato di nuovo un incidente stradale che ha coinvolto un mezzo di soccorso , un camion ed un suv. Tre i morti e quattro i feriti. Le vittime sono l’autista del camion, il paziente e la volontaria della CRI. Da qui alla fine dell’anno quanti giorni dovranno caricarsi di nuovi lutti per affrontare una questione che, come più volte detto, è di carattere sociale, sanitario e lavorativo? Al pari dell’ennesima aggressione verificatasi appena un paio di giorni fa al Pronto Soccorso di Castellamare di Stabia, ai danni di un’infermiera che mostra per l’ennesima volta come in questo paese, sempre più, i fatti di cronaca si rivelano indicatori sociali di un peggioramento generale. Essere colpiti da un paziente durante un turno in ospedale è un infortunio sul lavoro, intrinsecamente legato alle questioni sanitarie irrisolte (carenza di presidi, posti letto e personale) e alla bruttezza sociale che avanza, manifestata da chi aggredisce e picchia, prodotto di ignoranza culturale, miseria economica e squadrismo politico.
Perché io sono semplice operaio, e invece lui è un politico
Luca Campana, ferito da un colpo sparato dalla pistola del parlamentare di Fratelli d’Italia a Capodanno.
Il nuovo anno è stato salutato poi, non poteva essere altrimenti, dalla solita stupidità e arroganza umana che considera le armi, l’uso delle armi, come qualcosa di cui vantarsi, in un narcisismo di polvere pirica che fa puntualmente morti e feriti fra i botti di fine anno e, peggio, fra i civili innocenti vittime di ogni tipo di repressione e rappresaglia politica di governi muscolari di ogni dove.
Se non bastasse questo richiamo all’attualità del cancro della guerra – in Palestina , in Ucraina, nello Yemen, e in molti altri luoghi – basti pensare che un terremoto gravissimo, come quello che ha devastato la costa occidentale del Giappone, ha fatto meno vittime di un bombardamento su Gaza o nel Donbass, o di un attentato in Iran.
Ecco, il nuovo anno ci ricorda come la peggior calamità di questo pianeta è sempre la stessa: la specie umana, in particolare, quando utilizza risorse e conoscenze per accrescere il potere, di un singolo o di una piccola e vigliacca oligarchia dominante; serva di una idea mefitica di stratificazione sociale che nega dignità e cure, salari e uguaglianza, libertà e diritti alla maggior parte della popolazione. In tutto ciò non è dato capire se è meglio (peggio) guardare alle scelte economiche e politiche annunciate dal Governo per il 2024 o ai dati pubblicati dal Ministero della Sanità in relazione ai femminicidi . O ad entrambi.
Tanto per lasciare il segno con qualche cifra, il 2023 si è chiuso con un numero totale di 330 omicidi di cui 120 donne. Un dato che risalta ancora di più se si pensa che su 69 uccisioni causate da un partner, o da un ex-partner, ben 64 riguardano le donne. Poi, se qualcuno continua a pensare – in cattiva fede – che in questo mondo alla rovescia si dovrebbe parlare anche di maschicidi, tabacchicidi o altro, la realtà e l’onestà dei numeri possono ben poco contro la disonestà intellettuale e l’insita cattiveria umana. Di certi umani, s’intende.
Stante quanto scritto fin qui però non ci si può perdere in un pessimo da inizio anno e che qualcuno vorrebbe bollare come il solito gufare di chi non sta al potere. Tutt’altro. In questo piccolo accenno di 2024 un messaggio di fiducia e di speranza per il futuro fa lentamente capolino. Legato certamente alla capacità di resistere agli orrori della guerra da parte dei palestinesi e degli ucraini, di non soccombere alla miseria da parte di chi lavora per pochi spiccioli, o di chi – come nel citato paese del Sol levante - riesce a costruire case antisismiche o a gestire piani antincendi che mostrano come scienza, organizzazione e bene comune possano combinarsi con ottimi risultati.
Per avere un messaggio augurale per il futuro prossimo però basta molto meno. Sono sufficienti le parole di un giovane trentenne colpito al femore durante i maschi festeggiamenti di capodanno, quelli che hanno visto all’opera il seme italico – bianco, maschio e mangiatore di carne – armato di una pistola piccola e insidiosa, e pericolosa come le sue idee. Una pistola che è poi la stessa utilizzata dai giocatori d’azzardo nel vecchio West. Allora si chiamava Derringer, oggi porta altri nomi, ma la letalità non è certamente diminuita.
Il fatto di cronaca del giovane ferito ha aperto le notizie di questo 2024 e ha sottolineato, anch’esso, come sempre più la cronaca nera sia da leggersi principalmente in termini politici. In quanto tale e nel rincorrersi dei vari resoconti dell’accaduto, delle varie versioni/narrazioni circolate sui media e sui social, spesso al limite della velina di regime. Su tutto, oltre che il lavoro oggi degli inquirenti e domani dei magistrati, dominano le parole della giovane vittima, ferita ad una coscia che, per giustificare una sua iniziale reticenza nel riferire i fatti, a chi gli chiedeva come mai non avesse da subito rivelato le responsabilità degli accadimenti che lo hanno coinvolto, la sua risposta è stata chiara:
Perché io sono semplice operaio, e invece lui è un politico.
In una frase di poche parole oltre la denuncia dei fatti, c’è il j’accuse verso un’intera classe politica, una democrazia intossicata dalle stratificazioni sociali, nella consapevolezza, non rassegnata però, che i signori del palazzo posso fare e disfare il mondo a loro piacimento. Una consapevolezza che, in questo caso, sembra non essere più attraversata da una muta rassegnazione, ma quasi da una presa di coscienza di classe in quella frase che afferma prima ancora che ricordare: “Perché io sono semplice operaio, e invece lui è un politico ”.
Nulla di più di una dichiarazione, detta quasi sottovoce, senza timore però, scevra di rassegnazione e carica solo dell’evidenza dei fatti. Non è poco, per un inizio anno che poteva essere di certo migliore, ma che già sembra consegnarci un futuro non necessariamente scontato. Un futuro da cambiare, in meglio.
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