Uno degli strumenti della ricerca sociale è l’intervista a testimoni privilegiati (o qualificati), dove il quesito di ricerca viene rivolto ad un ristretto numero di persone, selezionate secondo una valutazione che considera il campione composto da soggetti rappresentativamente importanti rispetto alle questioni indagate. Detta così può sembrare più complicato di quanto non sia. Facciamo un esempio. In merito alla valutazione se la professione infermieristica sia o meno usurante non è il caso di intervistare qualcuno del Palazzo in quanto non può essere testimone di niente sulla questione e, rispetto al peso del lavoro, può risultare un imbarazzante privilegiato. Satira a parte, la questione interessante è come alcuni episodi delle Olimpiadi in corso possano risultare utili a rimarcare la differenza fra ascoltare e sentire; capacità fondamentali per chi fa un lavoro d’aiuto, come l’infermiere, cercando di essere il più utile possibile ai bisogni dell’altro senza “usurarsi” troppo.
Dalle Olimpiadi la differenza fra ascoltare e sentire
Benedetta Pilato, Federica Pellegrini ed Elisa Di Francisca.
L’esempio olimpionico da considerare è quello derivato dall’intervista fatta alla nuotatrice italiana Benedetta Pilato , subito dopo essere stata eliminata, per un centesimo di secondo, dal podio olimpico.
La giovane atleta in lacrime per il risultato mancato si è preoccupata di specificare che le sue erano anche lacrime di gioia, in quanto il risultato mancato di pochissimo era comunque qualcosa di molto importante per lei, dato che sanciva una maturazione sportiva raggiunta di cui era ad ogni modo soddisfatta e felice.
In un mondo dove competizione, profitto, medaglie e potere condizionano pesantemente individui e comunità, è una dichiarazione molto importante . Tant’è che sono state chiamate a dire la loro, direttamente e non, due testimoni d’eccezione: la schermitrice Elisa Di Francisca e la nuotatrice Federica Pellegrini.
La prima ha detto: Non ho capito niente, ci fa o ci è? Fate un’altra intervista per capire cosa voleva dire (volesse, ndr.), con i sottotitoli. Sinceramente non l’ho capita. Ci è rimasta male, obiettivamente male. Non è possibile. Questa è surreale. Assurdo, ma che ci è venuta a fare? Io rabbrividisco, dico solo questo 1 .
Diversi i commenti di Federica Pellegrini : Ognuno di noi è diverso, ognuno di noi ha sogni diversi e aspettative diverse (...) A volte un quarto posto anche se per poco è il nostro sogno più grande! Perché?! Perché Benny alla prima Olimpiade uscì in batteria e ieri sera si presentava con il settimo tempo!! Le medaglie piacciono a tutti ma... (e questo l'ho capito solo alla mia ultima Olimpiade) a volte conta molto di più il viaggio!! Le medaglie pesanti arriveranno, Benny ha solo 19 anni!! Lasciamola sognare ciò che vuole! 1
Commenti che hanno scatenato le tifoserie dei social, più propense a mettersi in tribuna per dispensare anatemi di vario tipo, piuttosto che soffermarsi per un istante sulla gravità, magari, di altre notizie, come nel caso del bombardamento israeliano di Beirut. Ma non divaghiamo.
Il risultato finale è che la giovane sportiva si è venuta a trovare fra due fuochi ed il fuoco (sempre meglio ripetere) della questione, al solito, rischia di perdersi. Presto detto. Le due testimoni privilegiate dell’esperienza di campionesse olimpioniche hanno dimostrato la differenza fra ascoltare e sentire.
La Di Francisca ha ascoltato le parole di Benedetta, ed a queste ha reagito. Chi non lo avrebbe fatto! Al contrario la Pellegrini ha sentito ciò che ha detto la collega di vasca ed ha tratto delle valutazioni.
Insomma, in poche dichiarazioni c’è chi ha ascoltato un’intervista e chi ha sentito delle parole. Chi ha giudicato ciò che è stato detto e chi ha riconosciuto ciò che è stato provato. Tutto qui. Non c’è un giusto e un sbagliato, ma differenti modi di valutare ciò che arriva dall’esterno.
Un esercizio relazionale non sempre facile da fare, facilmente a rischio di smarrirsi nel giudicare l’operato altrui, dato che è molto più impegnativo mettersi nelle scarpe dell’altro, dell’essere empatico.
Anzi, qualcosa di più. In questo caso il sentire è stato la condivisione dell’esperienza , la relazione con l’altro da sé intesa come parte di un qualcosa già vissuto, provato e, appunto, sentito. Un esercizio che supera lo stesso limite sensoriale dell’ascolto, che rimanda all’immediato, al risultato, alla medaglia ottenuta o meno. Sentire l’altro è qualcosa di più; molto di più. Apre gli occhi verso ciò che l’altro ha percepito e lo si riconosce come proprio.
Alla fine, queste olimpiadi riescono a fornire molti spunti di riflessione, legati anche alla gioiosa determinazione di una generazione, quella di Benedetta, che ha molta strada da fare, ma ha tutte le carte in regola per cambiare in meglio questo brutto mondo.
Ed è la stessa generazione degli attuali studenti di Infermieristica o di qualsiasi altra materia di una istruzione italiana molto fragile e malata , a rischio di non riuscire a far fronte alle sfide future e minacciata di regressione verso una ignoranza diffusa.
Tanto per amor di citazione, gli ultimi rilevamenti del PISA (Programme for International Student Assessment) parlano di un aumento – negli ultimi dieci anni - dell’incapacità degli studenti italiani nella lettura dei dati matematici e letterari pari rispettivamente a circa il 5% e al 10%.
Difficoltà a parte la generazione zeta riuscirà, lacrime e sorrisi, a tener testa alle sfide attuali e a quelle future. Anche senza vincere nessuna medaglia. Anzi, forse vi riusciranno meglio.
Che dire d’altro? Ah, sì! Un collega leggendo la brutta copia di questo articolo mi ha apostrofato: Ma sulla Di Francisca potresti dire qualcosina di più. In fondo è della tua stessa città . Già, in fondo.
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