Infermieri, infermieri pediatrici, ostetriche/i e tecnici di radiologia, dipendenti della pubblica amministrazione, a differenza dei medici, hanno l’obbligo dell’iscrizione al relativo albo per poter esercitare la professione a differenza delle restanti professioni sanitarie, e con un vincolo di esclusività non retribuito.
TORINO. Dopo la sentenza di Venezia che dava ragione ad alcuni Infermieri, assolti dall'accusa di abuso di professione (per via della loro non iscrizione all'IPASVI), nei giorni scorsi è stata annunciata una seconda sentenza, questa volta non favorevole, relativa alla non "rimborsabilità della tassa Ipasvi da parte dell’ente di appartenenza".
A presentarla il sindacato Nursind, che dopo la sconfitta in tribunale ora ricorre in Cassazione.
La notizia è di qualche giorno fa ma come Nurse24.it ce ne occupiamo ora dopo avere esaminato attentamente la questione con la collega Chiara D'Angelo, penna di "Infermieristicamente" e profonda conoscitrice di questioni sindacali e professionali nel campo infermieristico.
"Il 25 Febbraio 2016, presso l’aula n. 12 della Corte d’Appello del Tribunale di Torino - si legge in una nota di Nursind - si è svolta l’udienza in merito alla vertenza avviata dal NurSind, per il tramite dei dirigenti sindacali Salvatore Lo Presti ed Andrea Amello, per la rimborsabilità della tassa Ipasvi da parte dell’ente di appartenenza. Dopo le formalità di rito, alle ore 14:30 è stata emessa la sentenza di rigetto del ricorso."
Ma di cosa si tratta? Ce lo spiega la stessa D'Angelo: infermieri, infermieri pediatrici, ostetriche/i e tecnici di radiologia, dipendenti della pubblica amministrazione, a differenza dei medici, hanno l’obbligo dell’iscrizione al relativo albo per poter esercitare la professione a differenza delle restanti professioni sanitarie, e con un vincolo di esclusività non retribuito.
Nel 2011 una sentenza del Consiglio di Stato riconosceva per gli avvocati dipendenti e che svolgono la loro attività in regime di esclusività per la pubblica amministrazione, che la tassa dell’iscrizione al relativo albo dovesse essere rimborsata dall’azienda. Ciò perché “resa continuativamente, anno dopo anno, nell’interesse dell’ente di appartenenza ed in via esclusiva”.
La decisione del Tribunale torinese dice l'esatto contrario (il principio non è valido per le professioni sanitarie non mediche) e non essendoci chiari dispositivi di legge in materia ha respinto la richiesta di Nursind, che non demorde.
Veniamo ai fatti. Il giudice di primo grado ha respinto la tesi del sindacato motivando la sua decisione: “il legislatore con la Legge 42/2006 all’art. 7, comma 3 aveva stabilito che 'La presente legge non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica' e l’eventuale rimborso dell’ASL si tradurrebbe in un onere ingiustificato privo di fondamento giuridico."
La motivazione iniziale non ha convinto quelli di Nursind che ricordano al giudice che la stessa locuzione “La presente legge non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica” è presente in quasi tutte le leggi approvate negli ultimi decenni non è stata utilizzata per concedere la rimborsabilità agli avvocati.
Per concludere Nursind ora attende di conoscere nel dettaglio le motivazioni (arriveranno prima dell'estete) che hanno indotto il giudice torinese a respingere il ricorso e si apprezza ad un ulteriore passaggio in Cassazione.
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