L’emozione che nessuno vuole ammettere.
MONTECATINI TERME. Se ci fossero gli Oscar delle emozioni lei non avrebbe mai una nomination, tantomeno un premio: stiamo parlando dell’invidia. Presente molto spesso nelle interazioni sociali eppure “innominata” e bistratta da molti, così tanto da risultare difficile ammettere a se stessi e agli altri di provarla. Nelle favole, l’invidia viene personificata dalla strega cattiva invidiosa della bellezza e della grazia della Cenerentola o della Biancaneve di turno. Nella realtà è un’esperienza comune a molti che, quando eccessiva, può arrivare a compromettere i rapporti interpersonali.
La parola “invidioso” viene spesso utilizzata come aggettivo per definire in modo negativo una persona. Eppure l’invidia c’è ed esiste in ognuno di noi, se non è possibile eliminarla cerchiamo almeno di capirla meglio.
L’invidia è un’emozione che richiama al “paragone”. Implica quindi la presenza di un’altra persona (o di un gruppo di persone) che possiede caratteristiche, successi, oggetti o doti che tendiamo a paragonare con i nostri. Siamo invidiosi quando riteniamo che un’altra persona abbia qualcosa che noi non abbiamo. Oltre al desiderio, parte una valutazione che implica il confronto con l’altro e da questo confronto ne usciamo con un senso diffuso d’inferiorità. Quindi proviamo invidia quando pensiamo che l’altro abbia qualcosa che noi desideriamo ma che non possediamo e che, molto probabilmente, non riusciremo mai a possedere. Ecco la differenza con la gelosia: siamo gelosi quando abbiamo paura di perdere qualcosa che già abbiamo, siamo invidiosi per qualcosa che non abbiamo.
Quando proviamo invidia non solo desideriamo qualcosa posseduta da un’altra persona, ma frequentemente ci percepiamo come inferiori.
Alcuni autori distinguono un’invidia negativa da una positiva:
l’invidia positiva si avvicina all’ammirazione e all’emulazione, porta quindi a metterci in discussione per migliorarci e raggiungere gli obiettivi desiderati. Ci fornisce quindi una preziosa informazione: ci fa capire che cosa desideriamo.
Quella negativa invece parte dallo stesso presupposto, ovvero “desidero qualcosa che tu hai”, ma il finale è diverso: “vorrei che tu non avessi quella cosa che desidero”.
In questo secondo caso c’è qualcosa in più: lo scopo è danneggiare l’altro e si può quindi accompagnare a rabbia e risentimento.
Sul posto di lavoro, un eccesso d’invidia si può ripercuotere negativamente sul benessere organizzativo. Pensando al mondo sanitario e al rapporto tra colleghi, quali sono gli scenari e le possibili conseguenze negative di un eccesso d’invidia?
- Screditare l’immagine di un collega agli occhi dei superiori o di altri colleghi;
- Evitare di comunicare informazioni importanti, con ripercussioni negative anche sui pazienti;
- Criticare un’idea anche se positiva;
- Non condividere un problema lavorativo che potrebbe beneficiare di un approccio condiviso.
I danni sono sia in termini di performance che di benessere.
Cosa possiamo fare quando l’invidia diventa eccessivamente presente nella nostra vita?
- Rendiamocene conto. Sembra banale eppure non è facile etichettare adeguatamente questa emozione. Se capiamo che il nostro comportamento è guidato dall’invidia, abbiamo fatto un grosso passo avanti nel comprendere le nostre azioni e possiamo fare qualcosa di concreto per modificarlo.
- Proviamo a capire cosa desideriamo. Cerchiamo di utilizzare questa informazione per capire quello che desideriamo. Se è qualcosa che non possiamo avere: è utile al nostro benessere pensare o desiderare che l’altro non ce l’abbia?
- Cerchiamo di utilizzare le nostre risorse ed energie per costruire qualcosa di positivo. La rabbia, che spesso si accompagna all’invidia, può farci entrare in uno stato di impotenza in cui non facciamo niente per migliorare le cose. Ognuno di noi ha delle risorse da cui attingere. Partiamo dai nostri punti di forza per cercare di raggiungere quello che desideriamo.
- Attenti ai paragoni: Proviamo a focalizzarci sui nostri successi senza paragonarli a quelli degli altri. Il successo degli altri non toglie qualcosa al nostro valore personale, ma se siamo troppo assorbiti e distratti dal paragone, rischiamo di non prestare attenzione a quanto di positivo abbiamo.
In definitiva spostiamo il focus dagli altri verso noi stessi, ai nostri desideri e alle nostre abilità.
Nessuna emozione di per sé è negativa, dobbiamo solo imparare e gestirla al meglio per imparare a vivere in modo più positivo e adattivo.
Dott.ssa Roberta Guerra - Psicologa
Bibliografia
The Psychology of Jealousy and Envy Edited by Peter Salovey. Guildford press 1991
Apparigliato, Lissandron (2010) La cura delle emozioni in terapia cognitiva
Commento (0)
Devi fare il login per lasciare un commento. Non sei iscritto ?