Breve indagine conoscitiva sul ben essere del professionista Infermiere condotta per l'Università degli Studi di Bologna.
BOLOGNA. Nicoletta Magenti ha conseguito la Laurea in Infermieristica nel 2013 presso l'Università degli studi di Bologna, presentando una tesi in Pedagogia, dal titolo "La cura Sui in chi si prende cura dell'Altro. Breve indagine conoscitiva sul ben essere del professionista Infermiere", relatore Prof. Sefano Benini.
Nei successivi anni accademici, Nico è stata invitata in qualità di docente a tenere seminari agli studenti del corso di laurea in Infermieristica di Bologna, ai quali ha fatto conoscere l'essenza della cura sui nella relazione d'aiuto infermiere-assistito.
A Nico chiediamo una breve esposizione del concetto di cura Sui...
Il concetto di cura Sui è estremamente antico, risale all'opera del filosofo ateniese Socrate, che educava l'uomo ad aver cura di sé per dar forma e compimento alla propria esistenza. Negli anni più recenti, la rilettura più importante di questo concetto, è stata ad opera di Michel Foucault, che ha dato alla nozione il senso di un certo modo di stare nel mondo e di intessere relazioni, ma anche una forma di attenzione e di sguardo su di sé. A partire da questa considerazione, il concetto di cura sui ha trovato un'applicazione nuova nella riflessione pedagogica.
Dalla ricerca letteraria condotta per la stesura della tua tesi, sono emersi strumenti o spunti che possano essere di supporto agli inferiemieri nella cura del sé?
Sicuramente la ricerca mi ha portato a conoscere vari pensieri e a trarre beneficio da ognuno di essi. A partire dalla teorica del nursing Jean Watson, che mette al terzo posto, tra i 10 fattori di caring dell'assistenza infermieristica, proprio la cura della sensibilità verso se stessi e gli altri, perchè solo attraverso lo sviluppo dei propri sentimenti si puo arrivare ad una schietta e sensibile interazione con gli altri. Passando all'ambito pedagogico in senso più ampio, Mariagrazia Contini (docente e autrice di libri di Pedagogia), ha sottolineato la necessità di una pratica meta-conoscitiva: ovvero, conoscere il proprio modo di conoscere, scoprendo stereotipi e pregiudizi che non si credeva di avere, accanto a capacità di apertura impensate. Contini parla di alfabetizzazione sul piano emotivo: imparare a conoscersi per relazionarsi con gli altri. Oltre a strumenti teorici, ho rilevato due pratiche possibili, da attuare per aver cura di sé: la terapia bioenergetica di Alexander Lowen, che utilizza tutte le modalità psicoanalitiche psicoterapeutiche per favorire la comprensione e l'espressione di se stessi e la tecnica moupassana della pura attenzione, ovvero della meditazione di consapevolezza: applicare ad ogni aspetto della propria vita psicofisica un senso di consapevolezza sull'agire, potendo risvegliare la capacità di cogliere la realtà al di là di condizionamenti.
Da studentessa hai intervistato un campione di 20 infermieri, ponendo loro 7 domande, relative all'essenza relazionale della professione infermieristica. Alla domanda "La sua professione cura gli altri... e la cura di sé...? Trova una relazione tra la cura degli altri e la cura di sé?", quali sono state, in sintesi, le risposte fornite?
Sono apparsi 20 modi diversi di declinare il concetto di cura di sé: alcuni la identificano con cura fisica, altri con l'attenzione ai propri bisogni, altri ancora con il tentativo di non farsi coinvolgere... Quasi l'intero campione si è espresso a favore dell'esistenza di una relazione tra l'aver cura degli altri e l'aver cura di sé, ma solo la metà ha ritrovato nella cura sui un valore fondante e fondamentale per rimanere professionisti attenti e stimolanti, ma anche persone equilibrate, realizzate e serene.
Oggi, da Infermiera e lavorando in una realtà delicata come è la Terapia Intensiva pediatrica, che risposta daresti alla stessa domanda?
Prendersi cura degli altri è anche in maniera insita prendersi cura di sé. Sicuramente passando dalla teoria alla pratica del lavoro quotidiano ci si rende conto che è facile perdersi di vista... fisicamente e moralmente, spesso non si ha modo di interrogarsi su come ci si senta.
Infine, il riscontro degli studenti che partecipano ai seminari e, più in generale, la tua impressione sullo spazio dedicato alla formazione degli infermieri rispetto cura del sé...
Gli studenti mostrano sicuramente interesse rispetto alla tematica, perchè non è un argomento affrontato in università, dove si parla della cura degli altri, ma la cura del professionista infermiere in quanto tale non è oggetto di attenzione e di studio; l'università fa leva sulle competenze pratiche ma quelle emotivo-relazionali, seppur teorizzate, vengono lasciate al singolo sentire, al singolo agire. Il quadro che ne emerge è quello di una formazione della professione ancora immatura che, pur rientrando nelle scienze umane, non da ancora tanta importanza alla riflessione pedagogica. Non si tiene in adeguata considerazione che noi infermieri non sempre abbiamo le competenze per stare accanto all'assistito senza rischiare di apportare dei danni emotivi non voluti, all'altro e a noi stessi. Il mio auspicio è quello di una formazione che sappia calarsi in una dimensione educativa, fonte di strumenti e strategie volta all'acquisizione di valide e validate competenze cognitive ed emotive, non più lasciate alla responsabilità del singolo.
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