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editoriale

Italia, un paese dove di lavoro si muore

di Fabio Albano

Massa Carrara, 11 luglio, ennesima vittima del lavoro un quarantenne, papà di un bimbo di un anno. Contratto di lavoro a tempo determinato di cinque giorni.

Morti sul lavoro, 300 nei soli primi sei mesi dell’anno

Massa Carrara, il luogo dell'incidente sul lavoro di ieri

Abbiamo perso ogni diritto alla dignità, che non si conquista per decreto, perché il lavoratore rappresenta “solo” due braccia, che in attesa di essere robotizzato, si preferisce lobotizzato.

Si sfrutta lo stato di necessità primaria delle persone, quel mettere insieme pranzo e cena, che se non soddisfatto abbatte ogni speranza, ogni visione del futuro. Il benessere delle persone non conta più nulla, ma ciò che appare ancor più grave è l’indifferenza della politica tutta, impegnata in un’autoreferenzialità squallida, penosa e insopportabile.

Il benessere delle persone ha bisogno di trovare soddisfatte le esigenze primarie, quelle che nella scala di Maslow risultano essere la base degli auspici umani. È questo ciò che andava cercando Luca, accettando un contratto di lavoro settimanale. Cercava di guadagnare quei pochi soldi che gli avrebbero permesso di contribuire con onestà alle proprie vicende famigliari. Purtroppo non è l’unico.

Per il vicepremier Di Maio i morti sul lavoro in questi mesi dell’anno risultano essere 300, con un incremento del 9,2% rispetto al 2017. Trecento morti nei primi sei mesi dell’anno propendono verso un dato di circa 600 morti all’anno, con una media di 50 morti al mese. Dati da far rabbrividire, indegni di un paese come l’Italia, indegni di una nazione civile, di un popolo che ha duramente lottato per un giusto riconoscimento dei valori del lavoro e dei lavoratori.

La mancanza di rispetto nei confronti di chi lavora è troppa, ogni movimento politico dovrebbe chinare il capo e recitare il mea culpa. Piccoli politici impegnati a garantirsi una visibilità e un benessere individuale che fanno rabbrividire. Assoluta mancanza di prospettive sociali è l’unica cosa che unisce tutti gli schieramenti politici.

Morire di e sul lavoro non fa neanche più notizia, oggi nessuna prima pagina, dei quotidiani in edicola, riporta, se non in piccolo, il tragico evento. L’esistenza umana è stata canalizzata verso una frammentazione del bene che risulta offrire solo aspettative individuali, depauperando di ogni consistenza e forza il movimento del lavoro. Inerzia questa che ci conduce verso l’abbandono di ogni intento sociale e collettivo.

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