Ieri, una mia collega mi ha telefonato. Era molto turbata per quello che le è accaduto in servizio. Un paziente l’ha aggredita reagendo in malo modo - senza ragione - ad una prestazione assistenziale cui era sottoposto. La collega è un tipo minuto e pacifico, ed è rimasta sconvolta dall’episodio. Piangeva al telefono, anche perché il suo datore di lavoro – lavora per un privato – arrivato sul posto, richiamato dal vociare minaccioso del paziente, ha a sua volta l’ha aggredita verbalmente: Se non sai fare il tuo lavoro, te ne puoi anche tornare da dove sei venuta
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Una brutta storia, appartenente ad una quotidianità meschina e volgare
La collega in seguito è andata al Pronto Soccorso per essere farsi curare le lesioni, non gravi, riportate. Una brutta storia, appartenente ad una quotidianità meschina e volgare, violenta e arrogante propria della cultura di questo paese. Peggio, di una sottocultura che nelle disuguaglianze di genere e di classe, nel precariato lavorativo e nel machismo dominante si alimenta e si riproduce.
L’episodio narrato avviene a pochi giorni dalla molestia subita dalla giornalista sportiva, ad opera di un tifoso in trasferta. Fatto accaduto, ironia della sorte, all’indomani della manifestazione di Roma che ha visto, nella giornata del 27 novembre, contro la violenza sulle donne, più di diecimila manifestanti scendere in strada per affermare un principio inalienabile.
Ma sì! In fondo una pacca sul sedere cosa vuoi che sia. Ci sta, per cominciare la giornata, o alla fine del giro delle visite, o per concedersi un attimo di distrazione. O come forma di ringraziamento per un servizio reso. È il caso di farne una tragedia? Catcalling cosa? Ma il mio era un apprezzamento!
. Oppure no? Oppure no! Quante colleghe infermiere, sono state oggetto di attenzioni di sanitari maschi durante il lavoro? Non è difficile rispondere, anche se viene da chiedersi: Se siamo nel paese dove parlamentari eletti per gli interessi collettivi, legittimano favolette sessuali come quella di Ruby rubacuori, c’è da meravigliarsi? Se la cultura dominante è fatta di campagne promozionali che riescono a far vendere prodotti in relazione diretta ai centimetri quadrati di pelle femminile in esposizione, c’è poco da meravigliarsi? Se dal 1979, dai tempi di processo per stupro – lo potete trovare in rete il filmato – quando una donna trovò il coraggio di denunciare i suoi violentatori e di andare avanti nonostante gli scherni della mascolinità italiana degli avvocati difensori degli accusatori, c’è poco da meravigliarsi!
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chi tocca una, tocca tutte, tra le mura domestiche, sul posto di lavoro, nelle strade, e in ogni dove.
Quante cameriere, bariste, operaie, stagiste, professioniste, tirocinanti, dottoresse (facilmente appellate con nomignoli come cocca, bella, etc.), vengono continuamente abusate nella loro globalità personale? Nel 1965 Franca Viola rifiutò il matrimonio riparatore del suo stupratore. Aveva 17 anni, ed è stata una ragazzina che ha dato dignità a sé, alle donne tutte ed anche a questo paese. Ma questo paese è fermo al matrimonio riparatore, allo sberleffo, alla cultura della violenza non solo sulle donne, ma su chiunque sia più indifeso.
Durante il ventennio, che è stata l’unica dittatura mai avuta in Italia, i manicomi erano pieni di donne che, considerate troppo ostili alle avances dei maschietti del momento, venivano subito bollate come matte, caratteriali, pulsionali … violente. Non credo che il Daspo erogato al tifoso molestatore potrà servire a qualcosa, ma è certo che in questo paese le libertà di genere devono trovare risorse ulteriori ed impegno politico supplementare rispetto a quanto fatto fino ad oggi. I diritti delle donne non riguardano una dimensione individuale, o unicamente questioni di libertà liberali, ma sono strettamente correlati ai diritti sociali: meno diritti sul lavoro, meno istruzione pubblica garantita, meno sostegno alla cultura e alla parità in famiglia e nella società portano ad avere più molestie, violenze, stupri e femminicidi. Per il momento l’attenzione deve restare alta: chi tocca una, tocca tutte, tra le mura domestiche, sul posto di lavoro, nelle strade, e in ogni dove.
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