Si chiamo Klotho gene, in nome della Dea greca del fato, quel gene scoperto nel 1997 che produceva, se presente, un allungamento della vita di topi da laboratorio e vermi (lombrichi).
Poi si scoprì che se, anche overespresso (presenza di più copie), nell'uomo produce longevità e minore presenza di malattie cardiache.
Si scoprì poi che in topi transgenici (modificati in laboratorio) la presenza di overespressione (più copie del gene) aumenta le funzioni di apprendimento e della memoria.
Si è poi rilevato che anche nell'uomo la presenza del gene è correlata a un aumento delle funzioni cognitive e a un aumento della memoria e a una minore incidenza della Malattia di Alzheimer; quest'ultima è invece correlata alla presenza di un altro gene, APOE&4.
In effetti lo studio fatto su 700 soggetti da 52 a 85 anni senza segno alcuno di demenza ha rivelato la presenza del gene protettore nel 25% dei soggetti esaminati.
Siamo appena all'inizio delle conoscenze. Molto cammino vi è ancora da compiere. Ma allora che influenza vi è fra genetica e stile di vita? Quanto conta la genetica e lo stile di vita?
In attesa che si chiarisca la genetica della longevità, oggi sappiamo che lo stile di vita influisce un più (o meno) 20% sulla lunghezza di vita.
La genetica infatti incide in modo determinante sulla quantità di vita solo su una minoranza della popolazione: in questa meno influenza ha lo stile di vita.
Il rapporto fra genetica, stile di vita e longevità appare chiaro: non basta la genetica per essere longevi, occorre aggiungere lo stile di vita.
E se non si è longevi con la genetica, un buon stile di vita può aumentare del 20% la longevità, ma in particolare la qualità di questa longevità.
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