E’ un’affermazione che si trova spesso nei commenti per riferirsi all’Infermiere che lavora in certi tipi di specialità; ma esistono settori meno importanti e Infermieri meno preparati e apprezzabili di altri?
REDAZIONE. Si legge nei social, lo ascolto nei gruppi ai quali partecipo, alcuni si sentono Infermieri di serie B per il semplice fatto di non lavorare in reparti ritenuti importanti quali la rianimazione, le Terapie Intensive, Sala Operatoria UTIC …
Stranamente i nostri colleghi di serie A non hanno la percezione di militare nel massimo campionato e quando si rivolgono a “noi delle specialità minori”, spesso esprimono stima e manifestano giudizi di rispetto.
Dopo anni di lavoro in altri reparti si perde confidenza con le manovre tecniche proprie del settore ritenuto importante e si dimentica anche la teoria di tali specialità poiché non si traduce nella routine del lavoro.
Si valuta molto la perdita e si apprezza poco il guadagno tecnico e teorico della specializzazione praticata; per esempio l’infermiere che lavora nel Dipartimento di Salute Mentale (SPDCO, CSM, Servizio Riabilitativo) come mai non considera con la dovuta importanza le competenze teoriche, tecniche e relazionali acquisite?
Dagli studi sull’efficacia delle Psicoterapie sappiamo che la Qualità della Relazione ha una valenza terapeutica maggiore rispetto alle varie tecniche che possono essere messe in campo nella terapia; ciò conferma l’importanza del nostro ruolo e allo stesso tempo ci fornisce un’occasione da cogliere per incidere nel processo di cura.
Secondo Bordin (1979) I fattori che influenzano positivamente la qualità della relazione sono:
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Negoziazione e condivisione degli obiettivi (in questo caso assistenziali o riabilitativi).
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Chiara divisione dei compiti che Infermiere e Paziente devono adempiere.
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Rispetto e reciproche aspettative di fiducia e lealtà, che si traducono in un legame affettivo.
La qualità del legame che s’instaura è influenzata da due fattori principali da una parte i comportamenti, le emozioni e i pensieri dell’infermiere e dall’altra le proiezioni transferali che nascono dalle esperienze vissute nel passato dal paziente.
Come muoversi in questa complessità? Come capire quello che succede a me, al paziente e cosa invece scaturisce dall’interazione dei nostri vissuti e comportamenti?
L’Infermiere che opera in Salute Mentale deve conoscere le sue modalità tipiche di risposta, ha studiato la psicopatologia ed è interessato a comprendere il paziente che ha di fronte, conosce le teorie e le tecniche per “leggere” cosa succede nel qui e ora e sa come spostare il dialogo su un piano collaborativo. Uno strumento agile e molto utile a tal fine è l’utilizzo della Teoria dei Sistemi Motivazionali Interpersonali (Liotti, Monticelli 2008).
Se prestiamo attenzione a quello che facciamo e a come lo eseguiamo in qualsiasi posto ci troviamo a lavorare, se andiamo oltre noi stessi e usciamo dalla “trappola dell’autorealizzazione a tutti i costi”, la serie A è vicina!
Come ben evidenzia V. Frankl: “Un’eccessiva spinta verso l’autorealizzazione può costituire la strada verso la frustrazione della volontà di significato”. Dobbiamo fare lo sforzo di ricordare che il valore del nostro operato è determinato sopratutto dal senso e dal significato che esso ha per la persona assistita.
Soddisfazione e gratificazione si trovano facilmente se ci concentriamo meno su noi stessi e più sul significato delle nostre azioni di cura … Allora sarà Champions League!
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