Lavorare come Infermieri all’estero è un’opportunità formativa e professionale senza eguali. Questa è la storia di Laura, che ha deciso di trasferirsi in Belgio e di iniziare una nuova avventura.
Infermieri italiani non solo l’Inghilterra, sempre più lavorano all'estero
Mi sono sempre chiesta quali fossero le motivazioni che spingono molte persone a lasciare il proprio paese d’origine per andare a vivere in un altro.
Nemmeno il tempo di provare a darmi delle risposte ed eccomi qui: ora faccio parte anche io di questo gruppo di persone, di quella schiera di infermieri che decidono di emigrare all’estero.
Come mai anch’io ho fatto questa scelta?
Inizio con il dire che non è stato facile. Il solo decidere di compiere questo passo è di per sé un atto molto importante, perché è un qualcosa che si porta dietro la necessità imprescindibile di capire e prevedere che tutto cambierà. Ogni cosa, in maniera più o meno percettibile, subirà delle metamorfosi.
Sono Laura, infermiera. Ho raggiunto il sudato traguardo della laurea a novembre 2015 presso l’Università di Bologna e, finiti i festeggiamenti per questa mia personalissima conquista, ho mosso subito i primi passi verso la ricerca del lavoro.
Neanche se avessi deciso di trovare il classico ago nel pagliaio mi sarei dovuta impegnare tanto.
Devo fare un passo indietro e raccontarvi di un’altra fetta importante di quella che è la mia vita, ovvero la componente affettiva. Il mio ragazzo attualmente sta seguendo un Dottorato di Ricerca in Olanda; anche per lui in Italia non si sono aperte né porte, né tantomeno portoni ed ecco che per fuggire dal vortice dell’incertezza e del “chi si accontenta gode, così così” ora vive in terra straniera.
Si trova in terra nederlandese da un anno abbondante e lì resterà almeno per i prossimi tre anni, anche se le premesse per il suo ritorno in Italia non sembra abbiano intenzione di realizzarsi tanto presto.
Questa situazione mi ha portata a riflettere sul mio futuro ben prima dell’effettivo raggiungimento della laurea; i miei pensieri erano spesso concentrati sui miei desideri, su ciò che mi sarebbe piaciuto fare a prescindere da lui, ma senza escluderlo dalla mia vita. Esattamente come lui ha fatto con me. Entrambi teniamo alla realizzazione dell’altro e, al contempo, alla costruzione sempre più solida di un “noi”.
I miei obiettivi erano volti all’ottenimento di un lavoro centrato sui miei studi, che mi potesse permettere di iniziare a posare le fondamenta di una mia indipendenza personale e, molto più pragmaticamente, economica. Non volevo più gravare sulla mia famiglia da questo punto di vista e avevo tanta, tanta voglia di poter pensare ad una casa tutta mia.
Nonostante le iniziali perplessità dettate forse dalla sensazione di smarrimento che l’idea di immaginarsi in un Paese diverso da quello che ci ha visti nascere e crescere può provocare, fare un’esperienza lavorativa all’estero era tra le opzioni, anche considerando quanto la figura infermieristica di formazione italiana sia ricercata e stimata all’estero (“stima”… in Italia a volte sembra un miraggio).
Passate le feste di Natale, appena gli uffici hanno ripreso i ritmi regolari di servizio con l’avvio di gennaio, ho perfezionato l’iscrizione all’Ipasvi e ho cominciato la ricerca del lavoro.
Ho iniziato a consegnare personalmente decine e decine di curricula nelle strutture sanitarie di tutta l’Emilia Romagna, ne ho inviati per via telematica almeno il triplo su scala nazionale; mi sono iscritta a concorsi pubblici, che avevano piuttosto le sembianze di gironi infernali. Uno su tutti, quello di Bologna. Ancora sento lo stupore che ho provato per quanto fossimo numerosi, noi candidati.
Mi sono bastati due mesi di silenzi misti a risatine di compassione per decidere di attivarmi anche sul piano estero. Ho cercato di essere il più razionale possibile, per non fare scelte avventate, così ho considerato un fattore importantissimo: la lingua
Alle superiori e durante gli anni di università ho studiato l’inglese e il tedesco, perciò ho individuato come obiettivi papabili l’Inghilterra, l’Irlanda e la Germania. Non ho avuto il minimo timore nemmeno di fronte all’idea di dover imparare l’olandese, perché questo mi avrebbe potuta riavvicinare al mio ragazzo e mi avrebbe aperto qualche strada ulteriore in Olanda o nella parte fiamminga del Belgio.
Così, con tanta forza di volontà e con l’aiuto prezioso del mio ragazzo, da un lato ho iniziato a studiare l’olandese tramite corsi online (non ho trovato corsi in presenza di Olandese, a Bologna) e, dall’altro, ho preso contatti diretti con strutture sanitarie dei Paesi che ho citato prima.
Non mi sono rivolta a nessuna agenzia, ma ho risposto agli annunci di lavoro trovati sul portale europeo (Eures). Nel giro di pochissimo tempo ho ricevuto tante risposte positive e ho sostenuto via web diversi colloqui andati a buon fine. Pensate, ho avuto la possibilità di scegliere realmente fra Irlanda, Germania e Belgio. La scelta era davvero solo mia e io quasi stentavo e stento ancora a crederci.
Non vi sarà difficile immaginare quale sia stata la mia scelta: Belgio.
Proprio in queste ore sto ultimando le ultimissime cose prima della partenza e non vi nascondo che sono un po’ nervosa. Sto per trasferirmi a Bruges, capoluogo delle Fiandre Occidentali, in piena comunità fiamminga. Lavorerò presso una casa di cura della città.
Gli ultimi sono stati mesi molto lunghi, soprattutto dal punto di vista burocratico, perché non è stato semplice ottenere il riconoscimento della laurea. La burocrazia è sempre troppo macchinosa, ma sono comunque riuscita nel mio scopo. Fra pochissimo parto.
Sta per iniziare una grande avventura: lavoro, casa nuova, lingua nuova, cultura differente. Ho iniziato a percorrere la mia strada verso l’indipendenza e verso l’autonomia. Dovrò creare un nuovo tipo di equilibrio con la mia famiglia e gli amici che “lascio” in Italia, ma sapere che tutti loro mi appoggiano e supportano in questa scelta, mi regala la giusta tranquillità per iniziare con tanta carica.
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