Luana una giovane ragazza ha scoperto presto di avere un nuovo compagno di percorso: ci racconta e consiglia
Prato. E’ possibile oggi vivere con questa malattia? Quali sono le principali paure? Cosa cambia nella propria vita dopo una diagnosi di malattia cronica?
Ecco la storia di vita di Luana che ci ha raccontato una parte di se e del suo vissuto, e come ci indica la "medicina narrativa", dobbiamo imparare ad ascoltare per capire meglio la malattia e la persona che ci vive insieme. Ascoltare per capire e crescere, non è facile, non ci siamo abituati e in questa società del "tutto e subito" diventa difficile trovare spazi dedicati. Anche in medicina spesso la parola d'ordine è "veloce, presto e fatto bene". Dobbiamo invece tornare al concetto di "Slow" che non significa "perdita di tempo" ma un investimento diverso del tempo, che forse può aiutarci a intraprendere scelte migliori in termini di assistenza con esiti positivi a breve e lungo termine sia per i malati che per gli operatori stessi.
1) Come hai saputo della diagnosi di Diabete? che reazioni ed emozioni hai avuto?
Ho scoperto di avere il diabete circa 3 anni e mezzo fa. Da alcuni mesi stavo molto male, perdevo molto peso pur mangiando anche piu’ del solito, bevevo molto e soprattutto avevo crampi alle gambe durante la notte. La diagnosi mi e’ stata fatta pero’ dopo un ricovero al pronto soccorso.
"Dentro di me sentivo di avere il diabete", perche’ qualche anno prima si era manifestato nello stesso modo a mio padre, ma provavo a dare la colpa di questo malessere allo stress, all’ansia della laurea ecc. Finche’ un giorno mi sono sentita male in casa, ho chiesto alla mia vicina di misurarmi la glicemia e ho scoperto di averla a 450. Sono andata di corsa al pronto soccorso e li mi hanno detto con assoluta certezza che avevo il diabete, ma mi hanno inviata al reparto di Diabetologia per avere tutte le informazioni necessarie.
Nonostante conoscessi alcune persone con diabete non avevo capito fino in fondo cosa volesse dire quella diagnosi. Ricordo che un’ infermiera del reparto di Diabetologia mi disse “ sai cos’hai, vero?” e io le risposi di si, che sapevo di avere il diabete e che avrei dovuto assumere una compressa tutti i giorni.
Forse è perchè credevo di essere troppo “grande” per una diagnosi di diabete di tipo 1, che quando mi e’ stato detto che non era cosi’ mi e’ crollato il mondo addosso. Pensavo che il diabete di tipo1 si manifestasse solo nei bambini e negli adolescenti, per cui non avevo preso in considerazione la possibilita’ di dover fare l’insulina. Ho pianto tanto, ero terrorizzata. Dentro di me pensavo al fatto che non sarei mai guarita, che avrei dovuto stravolgere la mia vita per sempre e che la mia salute sarebbe peggiorata sempre di piu’.
2) Quali cambiamenti hai dovuto affrontare per convivere con il diabete?
All’inizio pensavo che la mia vita sarebbe stata completamente stravolta dalla malattia. Credevo che avrei dovuto rinunciare a tante cose, in primis al cibo. Il mio rapporto con il cibo e’ inevitabilmente cambiato, molte cose sono cambiate ma non posso dire di aver davvero dovuto rinunciare a qualcosa.
Alla diagnosi mi e’ stato detto che non mi sarei dovuta adattare alla malattia, ma che avremmo trovato un modo per far si che fosse il diabete ad “adattarsi” a me e oggi posso dire che in un certo senso “ci siamo venuti incontro”.
Credo che convivere con il diabete sia possibile ma affinche’ cio’ avvenga e’ necessario che la persona affetta da Diabete accetti la propria malattia. Questo forse e’ lo scoglio piu’ difficile che un diabetico debba superare ed e’ sicuramente il cambiamento piu’ grande che IO abbia affrontato.
3) Che consigli potresti dare alle persone che hanno il diabete?
Il primo consiglio che posso dare e’ sicuramente quello di affidarsi ad uno specialista e dunque ad un Diabetologo e non semplicemente al medico di base.
Inoltre credo sia assolutamente fondamentale non trascurare l’autocontrollo della glicemia perche’ e’ un indicatore importante dell’adeguatezza della terapia. E’ importante inoltre sottoporsi periodicamente ai vari controlli ma soprattutto cercare di avere uno stile di vita sano e un’alimentazione equilibrata e consapevole. Oggi il trattamento del Diabete e’ cambiato rispetto agli anni scorsi.
Chi riceve una diagnosi di Diabete oggi (soprattutto di Diabete di tipo1) sa che la parola d’ordine non e’ piu’ sacrificio e rinuncia. La persona con diabete puo’ svolgere una vita serena senza eccessive privazioni e questa e’ stata una vera scoperta anche per me. Personalmente seguo il metodo del calcolo dei carboidrati e questo mi aiuta ad utilizzare la giusta dose di insulina in relazione cio’ che mangio.
4) Infermieri e Medici si specializzano per lavorare in questo particolare settore che consigli potresti dare?
Il Diabete e’ una malattia molto difficile perche’ coinvolge uno degli aspetti piu’ importanti della vita dell’uomo: l’alimentazione. Spesso il rapporto con il cibo puo’ essere molto delicato e portare alcune persone affette da Diabete a sentirsi costantemente giudicate e questo puo’ incidere sulle capacita’ del paziente di seguire le prescrizioni del medico.
Anche le persone che circondano il paziente possono avere pregiudizi e concezioni errate della malattia e dovrebbero pertanto essere incluse e divenire sempre piu’ parte attiva nel processo di cura del paziente diabetico.
Credo che sia importante dunque porre al centro la persona con Diabete e non la malattia. Cio’ puo’ aiutare il paziente a sentirsi inserito in una relazione di fiducia con il proprio medico e questo puo’ favorire l’aderence alla terapia. Molte persone affette da Diabete (e non) hanno scarsa conoscenza dei valori nutrizionali dei vari alimenti e questo credo incida molto sulla loro capacita’ di avere un’alimentazione sana e dunque di gestire al meglio le glicemie.
Alcuni ospedali, come ad esempio l’Ospedale Santo Stefano di Prato organizzano periodicamente dei gruppi di incontro (coordinati della Dott.ssa Maria Calabrese, cui partecipano pazienti diabetici e alcuni membri del personale del reparto di Diabetologia) per affrontare questi temi.
Personalmente credo che questi momenti di condivisione siano davvero arricchenti sia per i pazienti e i loro familiari, i quali possono trovare uno spazio in cui condividere la propria esperienza con la malattia, esprimere le proprie preoccupazioni e difficolta’, ma anche imparare a conoscere meglio la malattia e la sue gestione, sia per il personale sanitario perche’ permette loro di poter entrare ancora piu’ a contatto con la malattia, riducento cosi’ la distanza tra il sanitario e il paziente. Spero che questa iniziativa possa essere diffusa in molti ospedali e che sempre piu’ pazienti possano ricevere trattamenti di qualita’ come nel mio caso.
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