Pensate alla salute e alla vita, non alle cose
è l'appello lanciato dal governatore Bonaccini e dai sindaci e prefetti delle zone alluvionate in Emilia-Romagna. Il ministro per la Protezione Civile e le politiche del mare, Nello Musumeci, esorta ad evitare di esporsi a rischi, di evacuare dalle aeree interessate e di mettersi in sicurezza. La vita e la salute delle persone sono la priorità. In queste ore drammatiche si impiegano tutte le risorse disponibili, mezzi e uomini messi sul campo soltanto per salvare vite umane. Non è il momento di pensare alle case e alle cose. Abbiamo attivato tutto quello che poteva essere attivato
, ha informato il Ministro. Questo è il volto del cambiamento climatico
, ha specificato.
Alluvione Emilia-Romagna, cosa sta succedendo
Si intensificano infatti in tutto il mondo i fenomeni siccitosi e piovosi estremi. Le perturbazioni con intense precipitazioni non possono essere più considerate maltempo.
È ogni volta emergenza.
Ad ogni disastro si dichiara che sono eventi imprevedibili che rendono difficile la pianificazione di interventi strutturali per arginare il rischio idrogeologico.
Si ritiene che tali interventi siano irrealizzabili a breve termine perché incompatibili con i tempi lunghi che il fenomeno necessita.
Intanto ritornano i gommoni con i palombari, le luci e le urla di aiuto nella notte, i valorosi vigili del fuoco sommozzatori e gli instancabili volontari specializzati che si precipitano da altre regioni, la Croce Rossa e il Soccorso Alpino per salvare le cose e le persone portate via dalla furia dell'acqua e per liberare con scope ed idrovore le strade e le case sommerse dal fango.
Gli ospedali sono senza corrente elettrica e le attività sanitarie proseguono con i gruppi elettrogeni di continuità, in attesa di accogliere le persone che tra gli sfollati necessitano di cure. Servizi territoriali e ospedalieri si stanno riconfigurando per rispondere alle necessità. Gli operatori sanitari sono stati richiamati in servizio, tuttavia molti sono in difficoltà a raggiungere il posto di lavoro.
Si stanno predisponendo pertanto nei nosocomi emiliani e romagnoli luoghi di accoglienza da dedicare al personale alluvionato. Mezzi anfibi dell'esercito ed elicotteri della guardia costiera continuano i salvataggi. Si stima che siano caduti 200-500 millilitri d'acqua in un giorno e mezzo a fronte di una piovosità annuale di 1000 millilitri, specifica il Ministro Musumeci alla conferenza stampa. Sono le bombe d'acqua. Il cielo ne ha lanciate 16.
Sino a qualche giorno fa le falde in molte regioni italiane non erano mai state così basse a memoria d'uomo. Viviamo da anni in un ambiente climatico in cui è un perenne luglio da marzo a novembre. Dopo un inverno asciutto, inizia finalmente a piovere ed è subito disastro, ogni volta più esteso e grave. Piove a tal punto che piove acqua sull'acqua. I bacini sono pieni. Gli argini dei fiumi e torrenti emiliani e romagnoli si sono rotti per tracimazione delle acque.
I fiumi esondano, la piena travolge strade e ferrovie, campi e centri urbani della regione. L'acqua si riversa travolgendo e devastando il panorama urbano e quello delle campagne. Gli allagamenti sono ovunque ed hanno coinvolto anche l'ospedale di Riccione. Sono segnalate frane e smottamenti, le mareggiate del litorale adriatico cancellano le spiagge. La situazione è drammatica da Bologna a Rimini, specialmente nei territori delle province di Forlì-Cesena e Ravenna.
Gli sfollati sono migliaia. Si contano i morti e si cercano i dispersi. Sono in corso intense operazioni di assistenza alla popolazione con salvataggi di persone sui tetti con gli elicotteri. L'area interessata è enorme e nell'attesa delle squadre di soccorso si esortano i cittadini ad ascoltare gli allarmi delle amministrazioni locali e della protezione civile e li si invitano a cercare riparo nei piani alti delle abitazioni. La circolazione ferroviaria regionale è sospesa, quella nazionale è deviata verso le regioni tirreniche. La situazione è critica e si estende anche alle Marche e alla Toscana.
La natura è sempre più plasmata dall'azione dell'uomo
Come sosteneva già nel 1972 Aurelio Peccei nell'introduzione al libro “Rapporto sui limiti dello sviluppo”, la natura non esiste più, è interamente culturalizzata. Le azioni umane sul pianeta hanno creato le condizioni per aumentare i fenomeni climatici estremi con relativo sviluppo di patogeni e rischi gravi per la salute umana.
Siamo nell'antropocene, un'epoca geologica in cui l'uomo è diventato una forza geologica capace di trasformare radicalmente il pianeta a tal punto che si trovano nanoparticelle di plastica negli strati più profondi della crosta terrestre. L'uomo ha cambiato in neanche due secoli un pianeta che era rimasto uguale per circa 12 mila anni (Olocene). Il termine antropocene è stato coniato nel 2000 dal chimico premio Nobel Paul Crutzen per definire l'era dell'uomo, un periodo in cui gli esseri umani impattano enormemente su tutto l'ecosistema terrestre. Le sue attività inarrestabili incidono - con modifiche territoriali, strutturali e climatiche - sul pianeta e sulla sua salute globale.
La crisi ambientale è ampia e i problemi dovrebbero essere affrontati nella loro vastità. Di fronte all'ennesima catastrofe – qui in Italia, ma contemporaneamente ne è in corso una ancora più devastante in Bangladesh - è chiaro ormai che non esistono più fenomeni naturali normali ma tutto viene trasformato dall'uomo perché tutto è regolato dai suoi meccanismi economici, sociali e culturali.
È l'uomo, continuando con i suoi sistemi di vita insostenibili, ad essere diventato ormai una specie di calamità naturale immodificabile.
Il mondo non è più sicuro e non è più sano. Abbiamo capacità di prevedere e di prevenire ma evidentemente non basta. Occorre davvero avere uno sguardo a lungo termine. Scienziati e meteorologi riescono a prevedere con precisione ondate di calore e fenomeni di siccità, così come prevedono le future emergenze sanitarie. Come l'epidemiologia ha dimenticato le epidemie e si è messa ad occuparsi della distribuzione delle malattie croniche, così i governi si stanno occupando d'altro anziché trovare strategie di comunicazione ed interventi realistici per sensibilizzare e responsabilizzare i propri cittadini sul radicale cambiamento climatico.
Serve una responsabilità collettiva ed individuale. Le persone tendono per natura ad avere una forma di responsabilità prossimale ossia rivolta solo a chi sta vicino. Esse non hanno una percezione diretta delle condizioni climatiche che esistono in un posto lontano, non si rendono conto della salute generale del mondo, non ne hanno una conoscenza reale del fenomeno e non comprendono le cause del problema
Ci sentiamo davvero legati ai destini delle persone che vivono lontano da noi e al destino ancora più lontano delle generazioni future? La salute e il clima, che siano prossimali o distali, sono fenomeni complessi. Così come non siamo tutti uguali di fronte ad un destino di malattia, non lo siamo davanti ai cambiamenti del clima. Non tutti siamo fragili e vulnerabili di fronte a tali crisi, non si è colpiti tutti allo stesso modo nel mondo. Ci sono persone che non vivranno mai un'alluvione. Non tutti oggi capiscono gli emiliani, se non sono mai stati sommersi.
Come per i problemi di salute, esiste una responsabilità individuale che si realizza con comportamenti virtuosi delle persone. Non sempre essi vengono messi in atto. Perché dovrei smettere di inquinare lasciando l'auto a casa e andando a lavorare in bicicletta quando gli altri non lo fanno? Manca la fiducia reciproca tra cittadini. Manca la reciprocità, non ci si aspetta più che l'altro segua il mio esempio e faccia come me. Manca la relazionalità, il prendere coscienza che non esiste solo la mia individualità.
I sistemi di vita che sono stati creati sono diventati irrinunciabili, difficile voler tornare indietro. Le misure politiche sono evidenti, chiare ed urgenti ma non vengono attuate. Se ne discute ma la situazione per la cura e la tutela del territorio resta invariata ad ogni tempesta. La Cop 27 è stata un fallimento, perché sono state elaborate strategie condivisibili sul piano etico ma le decisioni nazionali necessarie a concretizzarle si scontrano con il consenso della popolazione, nonostante ci sia stato il consenso unanime a livello delle istituzioni sovranazionali.
Il politico nazionale di ogni Paese tende ad affrontare problemi prossimali, vicini nello spazio e nel tempo che interessano i propri cittadini. La politica è prigioniera del prossimale, pertanto in questa ottica univoca è già perdente. Ma cosa c'è di più prossimale dell'alluvione in Emilia-Romagna? Eppure i politici non sono in grado di occuparsi nemmeno della propria terra.
Se gli interventi strutturali richiedono un processo lungo con promulgazione di leggi sul suolo e di politiche climatiche efficaci e durature, ebbene il tempo sembra essere finito. Occorre sapere governare il processo di cambiamento attraverso politiche decise e coraggiose di transazione ecologica, energetica e culturale. La discussione è stata ampiamente fatta, la sensibilizzazione delle popolazione è stata condotta, il senso di responsabilità è stato diffuso. Ora non è più procastinabile intervenire. Ma ancora si sta fermi.
Parametri di un ambiente fuori controllo
Secondo la teoria dei limiti planetari – elaborata dal ricercatore svedese Johan Rockstrom nel 2009 -, esistono 11 parametri in cui una situazione ambientale va fuori controllo. Sono punti di non ritorno analizzando i quali è possibile un ultimo tentativo di ricognizione dello stato di salute del mondo. Si tratta di confini entro i quali l'uomo può operare in sicurezza senza sconvolgere gli equilibri del pianeta.
La sicurezza del mondo, che sarà discussa ad Hiroshima al G7, è garantita non soltanto dalla pace e dall'ordine mondiale ma anche dalla salute globale. Viviamo in un mondo piccolo ma comune. L'umanità è ad un bivio per cercare di salvare le proprie società: mitigare o abbattere i cambiamenti climatici in atto? Se abbattere il rischio sembra ormai improponibile per l'irreversibilità del processo, siamo almeno in grado di mitigarne gli effetti? Lo vogliamo davvero?
Altrimenti non ci resta che stare distesi sui tetti. Stare a guardare il fiume che passa. Avere paura. Aspettare che smetta di piovere. Continuare ad aggrapparci ai varicelli ed essere tirati su per la cintura dei pantaloni. Che ritorni il bel tempo.
Del resto non può piovere per sempre, recita una celebre frase cinematografica. Il sole torna a risplendere. A fine maggio o nei primi giorni di giugno arrivano le bolle di calore, dicono gli esperti, che prosciugheranno ed evaporeranno tutta quest'acqua caduta ed ogni riserva accumulata in quindici giorni di acquazzoni. A causa del Nino, il caldo nell'estate 2023 raggiungerà temperature record, come già si registrano in Spagna.
Il bel tempo non è migliore del maltempo. Ci restano pertanto solo due domande da porci nei prossimi mesi ed anni:
che tempo fae uncome stai.
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