il passaggio dal "curare" al "prendersi cura" e dedicare tempo agli assisititi, un convengno dedicato in cui si parlerà anche dell'infermiere nel processo del prendersi cura
Uno stimolo alla ricerca delle basi culturali per un cambio degli atteggiamenti nei confronti delle persone ammalate e dei loro familiari. Infermieri, Medici, professioni sanitari e cittadini saranno convocati il prossimo 23 Ottobre presso la Biblioteca San Giorgio - Sala Terzani dove si terrà una interessante giornata organizzata dal comitato Etico Azienda ASL 3 di Pistoia per proporre.
Da diversi anni nella letteratura, riguardante l'assistenza dei malati si parla dell'importanza di operare il passaggio dal "curare" al "prendersi cura". Si tratta di un tipo di riflessione che trova la sua origine in una visione dell'uomo più attenta a tutte le dimensioni del suo essere, e chi è impegnato professionalmente nel campo della sanità non può ignorare questo argomento che lo riguarda così da vicino. Alla giornata sarà presente anche Barbara Mangiacavalli, presidente Nazionale dei Collegi Infermieri che parlerà dello specifico infermieristico con un intervento dal titolo "L'infermiere nel prendersi Cura".
Per il Dr. Leandro Barontini coordiantore del Comitato Etico Locale:
Una delle risorse più preziose che scarseggiano nell’ambito delle professioni sanitarie è il tempo ; fra “tempo” e “prendersi cura” non c’è però un rapporto strettamente quantitativo bensì qualitativo. Tale rapporto si base essenzialmente sull’atteggiamento che il personale sanitario assume nei confronti della persona ammalata indipendentemente dalla quantità di tempo disponibile.
Prendersi Cura può significare molte cose differenti: servizio, sollecitudine, preoccupazione, affanno; o anche pratica medica. La cura è una delle modalità costitutive della relazionalità umana ed indica il reciproco affidarsi degli uomini come esseri limitati, a rischio di malattia e morte.
Con l’avvento della medicina scientifica il “prendersi cura” e il “curare” si sono diversificati.
Il prendersi cura è rivolto al singolo e ha mantenuto duttilità e flessibilità. Il curare, inteso come applicazione di una terapia, ha sempre più acquistato valenze protocollari, standardizzate, radicate statisticamente.
Per capire meglio: il personale sanitario può aiutare il malato terapeuticamente e abbandonarlo per quanto concerne il prendersi cura di Lui.
Prendersi cura significa non solo prescrivere ed applicare un trattamento ma anche conoscere la persona ammalata, chiedersi: Il paziente chi è? Quali sono il suo modo di pensare, la sua storia, le sue abitudini, le sue sofferenze, le sue fragilità, anche psichiche.
Che cosa sceglie o rifiuta? quali terapie? quali cure? A che cosa tende? che cosa gli sta a cuore? Dove? in casa? all’ospedale? in un hospice? Quando? subito? tra qualche giorno? quando avrà provveduto a taluni doveri? In situazioni analoghe possiamo arrivare a soluzioni diverse. Questo è il tipo di riflessioni che vuole stimolare il Convegno organizzato dal Comitato Etico dell’Az. USL 3
Il Dr. David Nucci Presidente del Collegio IPASVI della Provincia di Pistoia ci dice che :
L’etica può essere essere intesa una cura del tempo perché educa infinitamente il modo di porsi di noi stessi nell’abitare il mondo e nel poterlo assaporare. Educa la libertà di essere, di dire e di fare di fronte ad altri, mantenendo lo spazio misterioso non ponderabile, non afferrabile. L’etica grida l’urgenza di rispolverare il patto antico del bene che orienta il pensiero in un’ottica di qualità piuttosto che di quantità.
Quando assumiamo un atteggiamento utilitarista o indifferente che analizza, anticipa, possiede e sfrutta l’altro, il tempo della relazione si riduce al tempo astratto degli orologi. La quantità quindi spazza via la qualità.
Il rapporto distorto con l’altro inteso come assistito, si riflette anche nel rapporto col tempo, che diventa nemico da combattere, da fuggire o qualcosa da riempire, inseguire o strumentalizzare.
La percezione del tempo, potrebbe essere il punto di partenza per capire il tipo di relazione o non-relazione che abbiamo nei confronti dei nostri assistiti.
Siamo sempre più lontani dall’esperienza della pazienza come prossimità, silenzio etico di relazione incentrata sul rispetto delle differenze, fonte della vera ricchezza nelle relazioni. È nella modalità che il tempo si lascia abitare.
Quando ci si imbatte nella sofferenza, l’ingiustizia, siamo feriti, e di colpo distolti dalla routine. In quel preciso istante l’ego si contrae e si riesce ad abitare la socialità donandosi all’altro. L’infermiere ha dentro di se e nell’agire professionale la responsabilità dell’incontro con il volto del proprio assistito e la sua presa in carico totale che scova la traccia di un passato immemorabile, senza tempo, infinito.
Per questo sono convinto che la nostra professione è unica ed insostituibile in questa responsabilità.
Tutti i dettagli del convegno visualizzabili a questo link : "Tempo di Cura - Comitato Etico"
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