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editoriale

Donne e soffitti di cristallo

di Monica Vaccaretti

In occasione della ricorrenza dell'8 marzo - giornata internazionale della donna istituita nel Novecento per ricordare e riflettere sulle conquiste politiche, sociali ed economiche del genere femminile principalmente nel mondo del lavoro – colpiscono due espressioni usate da qualche mese in modo ricorrente dalle maggiori esponenti della politica italiana, Giorgia Meloni e Elly Schlein.

L'autodeterminazione vera non si raggiunge occupando una poltrona

Basta vittimismi di donne per le donne. In nome delle pari opportunità e dei diritti delle persone di ogni genere

Per la prima volta in Italia le donne sono alla guida dei due maggiori partiti di governo e di opposizione. Esse parlano sovente di donne che sfondano tetti di cristallo e di donne che non sono viste arrivare. È diventato un tormentone lo slogan “Sono una donna, sono una madre, sono una cristiana”.

Le donne che non si identificano in queste categorie stereotipate possono forse non gradire questa visione.

La mission di molte donne contemporanee può anche essere semplicemente diversa e non per questo esse sono da ritenersi donne di genere inferiore rispetto alle altre donne perché meno grintose o desiderose di fare ed apparire, di mettersi in mostra per farsi veder arrivare.

Voglio dire alle donne di questa nazione che il fatto di essere donna e di essere quasi sempre sottovalutate è un grande vantaggio perché spesso non ti vedono arrivare è l'ultima citazione della Presidente del Consiglio alla vigilia della festa dell'8 marzo, riprendendo il discorso della Segretaria del Partito Democratico la notte della sua elezione.

Lo disse per la prima volta l'attivista femminista americana Lisa Levenstein - docente di Storia delle donne e di genere negli Stati Uniti del ventesimo secolo presso l'Università del North Carolina - autrice del libro “They didn't see us coming - Non ci hanno visto arrivare”, che racconta la storia del femminismo negli anni Novanta.

Noto che da qualche tempo c'è una continua enfasi sulla parola donna, legata al suo primeggiare in vari campi. Dalla politica alla scienza. C'è sempre una prima donna che riesce a fare qualcosa per la prima volta, meglio di un uomo. C'è sempre una donna che arriva da qualche parte, nel senso che riesce a raggiungere un traguardo importante, o dove prima non era mai entrata. Nello spazio come comandante della Stazione Internazionale. O nei palazzi del potere e sul seggio più alto del Governo.

Negli anni Duemila abbiamo ancora bisogno di appendere al chiodo un altro quadro di donna nella Sala delle Donne a Palazzo Montecitorio. Si tratta di un salone inaugurato nel 2016 e dedicato alle prime donne entrate a far parte delle istituzioni italiane ricoprendo le più alte cariche dello Stato.

Ci sono i ritratti di Nilde Iotti, prima presidente della Camera e Dina Anselmi, prima ministra. Posizioni che nella storia fanno loro onore, hanno loro dato prestigio e visibilità individualmente prima che contribuire a conferirlo, per luce riflessa, alle donne in generale. Abbiamo ancora bisogno di dire che manca certamente il ritratto più importante per completare le onorificenze.

Ci manca quello di una donna a capo della Repubblica. E si sente il bisogno di sottolineare che bisogna lottare per fare in modo di avere una prima donna Amministratrice Delegata di una società partecipata dallo Stato. Questa deve diventare una priorità e ci si deve impegnare per realizzarla.

Mi chiedo perché bisogna enfatizzare il potere femminile accompagnandolo con la recriminazione di essere sempre sminuite ed ostacolate nel percorso per raggiungerlo. Mi chiedo perché bisogna portare all'eccesso questa competizione con il genere maschile, che forse sente solo il genere femminile. Perché c'è questo bisogno di dimostrare qualcosa a qualche uomo? Perché le donne continuano a percepire di essere sottovalutate ed ostacolate nella loro crescita professionale?

Certamente ci sono state in passato condizioni e discriminazioni feroci verso le donne delle attuali democrazie occidentali e ancora drammaticamente persistono in molti Paesi del mondo. Tuttavia, dove la parità di genere è riconosciuta e sostanzialmente acquisita, non è che forse ci è rimasta la percezione di essere considerate inferiori? Non è che si tratta di una voglia di rivalsa per il tempo che storicamente ci è stato negato di primeggiare? Non è che sono le donne a voler rimarcare il fatto che non sono niente di meno di un uomo? E che semplicemente ci riescono adesso perché adesso ci sono donne che intendono fare certe attività ed occupare incarichi dove prima c'erano culturalmente solo uomini ad occuparsene?

I soffitti di cristallo sono una metafora che indica una situazione in cui l'avanzamento di carriera di una persona in un'organizzazione lavorativa o sociale viene impedito per discriminazioni di varia natura, generalmente razziale o sessuale. I soffitti di cristallo, espressione di genere maschile, sono sopra le teste soltanto del genere femminile.

Rappresentano un ostacolo invisibile ed insormontabile che ostacola la donna nell'espressione completa delle sue potenzialità nel mondo del lavoro. Sono un punto oltre il quale le donne non riescono ad andare, non per la loro incapacità, ma perché volutamente tenute ferme in uno spazio intermedio, un livello sempre inferiore rispetto a quello assunto dagli uomini.

Si sentono ingiustamente fermate, bloccate sotto una barriera che impedisce loro di raggiungere le cariche più alte di un'organizzazione. È vissuto dalle donne come un fenomeno segreto, non detto, ma diffuso negli organigrammi aziendali. Uno studio del Dipartimento del Lavoro statunitense condotto nel 1991 definisce il soffitto di cristallo come una barriera artificiale basata su pregiudizi attitudinali che impedisce a persone qualificate di avanzare verso posizioni dirigenziali.

L'espressione inglese “glass ceiling” venne coniata durante un discorso nel 1978 da Marylin Loden (1946 - 2022), scrittrice americana sostenitrice della diversità dei dipendenti nella forza lavoro e relatrice della serie Bbc 100 Women in cui denunciava la discriminazione di genere sul posto di lavoro. La sua espressione fu usata poi nel 1984 da Gay Bryant, fondatrice e redattrice della rivista Working Woman.

Il concetto, che può essere esteso per definire il raggiungimento della parità dei diritti nella società, è indubbiamente interessante e riflette un fenomeno sociale sperimentato o soltanto percepito da buona parte della popolazione femminile mondiale nei vari contest o setting lavorativi.

Il problema è così largamente sentito che in occasione dell'8 marzo 2013 fu addirittura coniato il Glass Ceiling Index, un indicatore per misurare lo spessore del soffitto di cristallo in 29 Paesi del mondo analizzando i dati raccolti dalla Commissione Europea, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo e l'Organizzazione internazionale del lavoro.

Le disuguaglianze nel mondo del lavoro, secondo il rapporto del 2019, risultano minori in Islanda, Norvegia, Svezia, Finlandia e Ungheria. Nei Paesi del Nord e in quelli Scandinavi c'è evidentemente un miglior welfare sociale che permette alla donna di conciliare più facilmente il lavoro con la famiglia, senza rinunciare a realizzarsi sia come persona che come lavoratrice.

I soffitti di cristallo sono leggeri, brillanti e trasparenti ma possono essere pesanti come piombo, minerale di cui in percentuale sono naturalmente composti e che conferisce la tipica lucentezza. Per la sua composizione chimica artificiale il cristallo è fragile, delicato, sottile. Se si rompe è segnale che ha assorbito abbastanza e non ha più forza da restituire. È un prodotto inventato nel 1674, una forma di vetro migliore che primeggia sui comuni oggetti di ossido di silicio.

Molte donne vedono ancora soffitti di cristallo sopra la testa, altre invece soltanto un cielo libero ed aperto. Alcune si sentono oppresse e schiacciate dal peso di non riuscire a sollevarlo per liberarsene, altre riescono a vedere oltre e a trovare altri spazi dove muoversi per esprimersi senza necessariamente sentirsi ad un livello più basso.

Non tutte le donne hanno questo arrivismo o individualismo, a volte i desideri sono più semplici e diversi. Gli interessi di una donna, come gli impegni di cui si carica, sono molteplici. A volte non si tratta di non farcela perché qualcuno ti impedisce di riuscirci, bisogna anche tenere conto che certe donne ad un certo punto scelgono altro.

Hanno altre priorità tra cui scegliere. E quando rinunciano, pur avendo le capacità di arrivare in alto e pur essendo loro riconosciuto l'avanzamento di carriera, bisogna anche tenere conto che possono scegliere in piena consapevolezza di non sfondare nessun tetto di cristallo. A volte non ne vale la pena, a volte non interessa più. E non per questo ci si deve sentire vittime o fallite.

Ci sono donne che sui soffitti di cristallo, se ci sono, si mettono a ballare, anche a rovescio. A testa all'ingiù, facendoli crepare con la loro determinazione e perseveranza rivolta a qualcosa di più importante. Non tutte le donne sono come Giorgia ed Elly o vogliono quello che vogliono Giorgia ed Elly.

L'autodeterminazione, quella vera, non si raggiunge occupando un seggio o una poltrona, un posto di comando che ci mette su un piedistallo dove ci vedono bene dopo che nessuno ci ha visto arrivare, tantomeno si aspettavano che arrivassimo fin lì e dove aspettano malignamente - lo pensano le donne - il loro fallimento cadendo rovinosamente.

L'autodeterminazione, nei posti di lavoro come in quelli più familiari, arriva quando la donna si sente libera ed autonoma e ha voglia di esserlo davvero senza dimostrare qualcosa a nessuno se non a sé stessa. E quando riesce a staccarsi dal genere maschile, verso la quale c'è ancora purtroppo, per varie ragioni sociali e individuali, molta sudditanza e dipendenza.

Se una donna vuole qualcosa, va e se la prende. Che sia il potere, lo spazio cosmico o una medaglia sportiva. Al lavoro e in casa. Basta vittimismi di donne per le donne. In nome delle pari opportunità e dei diritti delle persone di ogni genere, ove sono riconosciuti, se ce la fai, bene. E se non ce la fai, ci riprovi. Tanto quanto capita ai lavoratori maschili. E se ce la fai, donna, a realizzare il tuo successo personale nel mondo concorrenziale del lavoro e ti senti un underdog, smettila di rimarcare quanto sei stata più brava, di loro e di altre donne, a sfondare soffitti di cristallo. I soffitti di cristallo hanno già assorbito abbastanza delle recriminazioni delle donne. È tempo che si frantumino.

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