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editoriale

Che cosa vedi infermiere? Che cosa vedi?

di Marco Alaimo

Anziani

Dopo che quest'uomo muore in una casa di cura, gli Infermieri trovano qualcosa che li cambierà per sempre...

Burnout

Che cosa vedi?

FIRENZE. Ogni giorno migliaia di persone anziane attendono con ansia nelle case di riposo una visita o almeno una telefonata dei loro cari. Ma, nella fase finale delle loro vite, molto spesso i loro vecchi cuori rimangono amaramente delusi.

Quando un uomo anziano, che che gli Infermieri avevano sempre bollato come “brontolone”, muore e la sua stanza viene riordinata, tra gli effetti personali del paziente, i ricordi di una vita intera, viene trovata questa poesia che li sconvolge:

Che cosa vedi infermiera? Che cosa vedi?
A cosa stai pensando quando mi guardi?
Un uomo vecchio e irritabile, non molto saggio,
di abitudini incerte e con la distanza negli occhi?
Che sbava sul cibo e non risponde.
Uno che, quando dici ad alta voce: “Voglio che ci provi!”
sembra non accorgersene, anche delle cose che fai.
Uno che sempre perde… un calzino o una scarpa?
Uno che, resistendo o non lasciandoti fare ciò che vuoi,
con il bagno o durante la cena, riempie le tue lunghe giornate?
È questo che stai pensando? È questo che vedi?
Allora apri gli occhi, infermiera. Tu non mi guardi.
Ti dirò chi sono, finché sono ancora qui,
così come faccio ciò che mi chiedi e mangio ciò che tu vuoi.
Sono un bambino a 10 anni, con un padre e una madre,
fratelli e sorelle, l’amore l’uno dell’altro.
Un giovane ragazzo a sedici anni, con le ali ai piedi
sognando, presto o tardi, di incontrare l’amore.
Uno sposo precoce a vent’anni, il mio cuore sobbalza,
ricordando i voti che ho promesso di mantenere.
A 25 anni, ho già il mio proprio figlio,
che ha bisogno di essere indirizzato nella vita e condotto al sicuro a casa.
A trent’anni, mio figlio è già cresciuto in fretta,
siamo legati l’uno all’altro, indissolubilmente.
A quarant’anni, i miei giovani figli sono cresciuti e se ne sono andati,
ma la mia donna è ancora al mio fianco, per vedere che io non pianga.
A cinquant’anni, ancora una volta, i bambini giocano sulle mie gambe,
ancora siamo circondati da piccoli, la mia amata e io.
Giorni bui per me, mia moglie ora è morta.
Guardo al futuro, mi vengono i brividi di terrore.
Penso agli anni, all’amore che ho conosciuto.
Ora sono vecchio, e la natura è crudele,
la vecchiaia ti fa apparire come un pazzo.
Il corpo si sbriciola, la grazia e il vigore vengono meno,
vi è ora una pietra, dove una volta ho avuto un cuore.
Ma all’interno di questa vecchia carcassa ancora abita un giovane,
e, di tanto in tanto, il mio cuore malconcio si gonfia.
Ricordo le gioie, mi ricordo il dolore,
e sto amando e vivendo la vita di nuovo.
Penso agli anni, troppo pochi, corsi via troppo velocemente,
e accetto il fatto nudo e crudo che nulla può durare.
Quindi, apri gli occhi e guarda:
non un uomo irritabile e vecchio,
guarda più da vicino, guarda ME!
Non dare mai per scontato che “un vecchio nonno” accanto a te sia solo questo e nulla più. Lui vive e sente proprio come te. In ogni corpo batte un cuore che rimane giovane, anche quando il corpo decade e invecchia.

Ricordati le parole di quest’uomo ogni volta che vedi un anziano essere trattato in un modo che non merita. Ricordati che, nei nostri cuori, non invecchiamo mai.


Vecchio, diranno che sei vecchio, con tutta quella forza che c'è in te, Vecchio, quando non è finita hai ancora tanta vita, e l'anima la grida e tu lo sai che c'è (Spalle al Muro - Renato Zero)
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