USA. Sono secoli che l’umanità aspetta una risoluzione per la ‘alopecia’, in parole più semplici la calvizie. La patologia risale alla preistoria ed è legata indubbiamente a fattori genetici.
Non saprei dire quale sia stato il meccanismo evolutivo che abbia favorito lo sviluppo di questo tipo particolare di genetica e non ho trovato al riguardo, con una rapida ricerca, letteratura al riguardo.
Il fatto è che per questa situazione, che vorrei definire fisiologica per la maggior parte delle persone, non è stata ancora trovata una soluzione radicale, che elimini o attenui il problema alla radice (si fa per dire ‘del capello’).
Solo in una particolare forma di calvizie: l’alopecia aerata (a chiazze) è stata individuata una possibile soluzione, perché se ne conosce bene la causa ‘immunologica’, e si è scoperto il farmaco che blocca le cellule immunitarie responsabili.
La alopecia aerata è una manifestazione cutanea nelle zone ricoperte da peli (e il cuoi capelluto ne rappresenta l’area principale) per cui con un meccanismo immunologico, un particolare gruppo di Linfociti T attacca il bulbo pilifero provocandone la caduta. Si realizzano così numerose aree delle parti ricoperte da peli, con mancanza degli stessi.
I Linfociti T interessati sono un particolare sottogruppo codificati dalla sigla CD8+ NKG20, si localizzano nella cute e producono sostanze (citochine) che determinano la caduta di peli e capelli.
Per una malattia molto diversa causata dal medesimo gruppo di linfociti, la mielofibrosi in cui viene inibita la produzione di cellule ematologiche del sangue, sono stati scoperti due farmaci, chiamati ‘Jak inibitori’.
Ebbene, questi stessi farmaci appaiono efficaci anche nell’alopecia aerata, attraverso lo stesso meccanismo, l’inibizione del gruppo dei linfociti citati. Prima sui topi transgenici con la malattia costruita in laboratorio, poi su tre pazienti il farmaco Ruxolitinib, un Jak inibitore dicevamo, è stato testato, con il ripristino della crescita dei capelli (e dei peli) dopo 4-5 mesi.
Lo studio è stato pubblicato su Nature Medicine e dovrà essere esteso a un maggiore numero di pazienti, ma la strada appare ormai tracciata.
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