Questo è il quadro del paese alla vigilia della Festa della Liberazione
Il 25 aprile viene commemorata la liberazione dell'Italia dal fascismo.
Ci sono sette uomini in uno studio di registrazione che stanno parlando di aborto. È un noto salotto televisivo, qualcuno l’ha chiamato “la seconda Camera” dato che, le opinioni che trasmette al grande pubblico, veicolano e modulano il consenso da decenni verso scelte, molto spesso discutibili, dei signori del Palazzo.
In quel salotto, a parlare di diritto ad una maternità scelta e partecipata, come vuole la legge 194/78 sul diritto all’aborto , ci sono dunque sette uomini e nessuna donna. In un altro luogo televisivo – un notiziario - qualche giorno prima, si è parlato di vino e di donne (un classico del provincialismo italico) e fra le tante affermazioni da sottolineare c’è stata quella del maestro cerimoniere e sommelier della Presidenza del Consiglio (un nostro dipendente dunque?), che se n’è uscito con: Il vino è poesia. Uno straordinario mezzo per conoscere le persone e soprattutto per conquistarle, ecco perché alle donne piace sempre quando viene servito un calice di vino .
Nel mentre, in varie località del paese, diverse famiglie piangevano un loro caro colpito da un infortunio grave sul lavoro, oppure risultato malato a causa del servizio prestato. O peggio morto, come accade con una frequenza di tre persone al giorno.
Solo in ordine di tempo, si è registrata l’ennesima vittima: un ragazzo di 23 anni a Cusago, mangiato vivo da un tritarifiuti, simile a quanto occorse a Luana, un paio di anni fa, a Prato. Ed ancora un’altra vittima, sempre un ragazzo 23enne, Manuel, che ha perso la vita a Montepulciano, colpito da una trave di ferro.
Viene in mente chi sostiene che i nostri giovani preferiscano stare a casa, che siano degli sfaccendati, dei mammoni che non hanno voglia di lavorare. Molto probabilmente hanno voglia di vivere e non di morire. Di farsi una famiglia, impresa sempre più difficile con i salari da fame cui devono sottomettersi e una gavetta lunga cui piegarsi destinata ad essere eterna, rincorrendo una pensione che non arriverà mai e, anche in questo caso, perdere la vita sul lavoro prima del meritato – ma sempre più negato – riposo lavorativo.
Come è capitato agli over55 della centrale Idroelettrica di Suviana o dei cantieri della Esselunga di Firenze. O di molti altri luoghi lavorativi. Insomma, l’Italia non è un paese né per vecchi e nemmanco per giovani .
Ecco questo è il quadro del paese alla vigilia della Festa della Liberazione . I diritti delle donne e dei lavoratori, quando vengono toccati, stracciati, negati o addirittura stravolti, significa che l’involuzione delle libertà in questo paese è, forse, ad un punto di non ritorno, alimentata anche dalle solite e perenni campagne elettorali che negano dati, si imbellettano di cerimonie, e nascondono i veri problemi dando la colpa agli altri o affermando che va tutto bene.
Anzi va meglio, meglio di prima. Siamo forti, siamo i più forti, i migliori: la nazione degli otto milioni di baionette, ma come andò a finire lo sanno tutti. O forse non lo sa più nessuno. Ecco sì, il rischio è proprio che le giovani generazioni non sappiano più nulla delle lezioni di libertà sociali del passato . Un successo per chi ha sempre voluto negare la storia, o meglio ha aspirato a riscriverla da capo, a partire dalla difficoltà di riconoscere che questa nazione è una repubblica nata dalla lotta antifascista necessaria per difendersi dalle tragedie della dittatura di Mussolini.
Qualche giorno fa, a lezione, parlando con gli studenti di Infermieristica , ho citato il 2 agosto del 1980. Non pochi hanno mostrato di non capire a cosa si riferisse la ricorrenza. Ho ricordato che era la data dell’attentato alla stazione di Bologna . Sono state le Brigate Rosse , ha esordito qualcuno. Ecco un altro punto di non ritorno di quest’oggi molto brutto che sottolinea come, nel paese industriale fra i più ricchi del mondo, la sua popolazione è ai primi posti per analfabetismo di ritorno, anche riguardo la sua memoria storica, la sua identità democratica e solidaristica, il suo portato universalista.
Di conseguenza il popolo italiano è fortemente a rischio di subire le stesse tragedie, le stesse falsità del passato; del passato fascista. Di questo si dovrebbero occupare il Ministro dell’Istruzione, e quello della Cultura, invece di interessarsi al voto di condotta o di forzature storico-politiche di vario tipo.
Per intenderci la strage alla stazione di Bologna fu fatta dai fascisti, come quella del treno Italicus, e quella di Piazza della Loggia a Brescia, o alla Banca dell’Agricoltura a Milano. E molte altre della storia repubblicana e della storia della resistenza. Ogni volta che l’esercito nazista rastrellava paesi e città, deportava italiane e italiani, con particolare attenzione al credo religioso (ebrei), o politico (antifascisti), o civico (rom), accanto agli aguzzini teutonici, accanto all’occupante nazista che calpestava e violava il suolo della patria, c’era sempre un fascista, un gerarca, un funzionario del regime di Mussolini, una spia in camicia nera con il braccio teso a salutare i suoi camerati. Insomma, un traditore della sua stessa patria e uccisore di italiane e italiani.
Il fascismo è stato questo, e molto di più
È stato la guerra coloniale in Etiopia e la repressione selvaggia in Eritrea, Somalia e Libia, i bombardamenti su popolazioni inermi in Spagna e a Malta, o in Jugoslavia, Grecia, Ucraina. Il fascismo è stato la riduzione violenta degli stipendi degli operai e la chiusura di qualsiasi possibilità di lavoro per le donne che dovevano essere feconde madri, brave amanti e sottomesse mogli. E remissive infermiere .
Il fascismo è stato i manicomi riempiti di oppositori politici e di povera gente, resa folle dalla miseria. Il fascismo è stata la guerra come sistema industriale di affermazione razziale e depredazione economica, come sono tutte le guerre, di ieri e di oggi. Il fascismo costruiva sanatori ed ospedali per curare tubercolotici e malati, ma non attuava nessuna campagna di prevenzione per impedire lo sviluppo e il complicarsi delle malattie.
Oggi, di fronte ad un sistema sanitario in ginocchio , il Ministro della salute, fra le sue ultime affermazioni, ha pensato bene di ricordare l’importanza della ricerca, senza dire che nella sostanza il servizio sanitario pubblico ancora una volta viene privato di risorse finanziarie e materiali necessarie per le cure e l’assistenza sempre più in difficoltà, per la prevenzione ormai assente da ogni orizzonte di lungo respiro e per la riabilitazione letta sostanzialmente come fonte di profitto.
Il fascismo è stato tutto quanto scritto fin qui e molto altro ancora ed ogni volta che una guerra si presenta all’orizzonte, il profitto si realizza ai danni della comunità, la follia della miseria dilaga e le discriminazioni aumentano, lì il fascismo torna ad esercitare tutto il suo potere; oggi meglio mascherato, oggi più pericoloso.
Ecco perché il 25 aprile è una data da commemorare che non va da sola, ma si abbina a quella dell’8 marzo per i diritti delle donne e di ogni persona discriminata, del 1° maggio, per i diritti dei lavoratori e del 2 giugno per ricordare l’inizio della Repubblica Italiana, democratica e antifascista, fondata sul lavoro e quindi sui lavoratori.
Le celebrazioni lasciano il tempo che trovano se sono una mera cerimonia evocativa, ma se la primavera italiana delle libertà può essere in grado di riportare la mente alla memoria storica di questo paese per difendersi da un fascismo ancora più forte e pervicace, allora viva questa bella primavera alla faccia di chi si offende se viene chiamata neonazista, ma non è in grado e non lo sarà mai di dirsi antifascista.
La primavera italiana cominciò con gli scioperi nelle fabbriche del Nord per lottare contro la guerra, le ribellioni a Sud e proseguì nelle proteste contro la fame e i bombardamenti, fino a prendere corpo con il fallimento del regime fascista che processò e condannò sé stesso per poi vendersi, pur di rimanere in piedi, agli occupanti nazisti.
La resistenza nelle città e nelle campagne, in montagna e in fabbrica, nelle corsie ospedaliere ed anche fra i ranghi di un esercito che era stanco di guerra ed orrori, costruì il paese che siamo oggi. Nessuna censura e nessuna menzogna mediatica, nessun colpo di stato giuridico, o peggio, potranno cancellare tutto questo.
Il tempo delle rivincite meschine e della predazione delle risorse comuni presto finirà . Fino ad allora dobbiamo tornare a fare quello che già è stato fatto: resistere nella solidarietà e nell’uguaglianza, nella lotta ad ogni forma di violenza e discriminazione, contro ogni tipo di diseguaglianza di salute, sociale, economica e culturale .
C’è molto da fare e le questioni sono tante e complesse, ma se quanto detto ha un senso per i diritti delle donne, dei lavoratori, dei più deboli, degli ultimi, forse può essere utile riprendere una canzone che parla di tutto questo (e molto di più) tratta da un film che parla dei minatori in lotta per il loro diritto al lavoro e alla vita, sui testi di una antica canzone britannica di lotta sindacale, e riportata nel film “Pride ” che parla anche di omosessualità e solidarietà. La canzone è: “Bread and roses ”.
Buon 25 aprile per una lunga, ma molto lunga primavera dei cuori e delle menti
Commento (0)
Devi fare il login per lasciare un commento. Non sei iscritto ?