Le questioni di genere, in questo paese, appaiono abbastanza problematiche e lo ben sa chi fa politica, quella militante e gratuita, e non quella poltronara e superpagata. Ed è noto quanto sia più difficile farlo da donna. E quanto sia più rischioso. Non stupisce quindi, ma lascia ad ogni modo l’amaro in bocca, che, a fronte di un 63% delle lavoratrici che crede di essere sottopagata – secondo una ricerca recente sul gender gap –, appena il 38% delle donne si attiverebbe per ottenere maggiori diritti salariali.
Di fronte all’attuale mesto panorama di regressione medioevale
Insomma, le questioni di genere, in questo paese, appaiono abbastanza problematiche e lo ben sa chi fa politica .
Qualche giorno fa è morta la brigatista Barbara Balzerani. Aveva 75 anni. Fra i vari commenti che hanno sottolineato l’avvenimento c’è stato quello della professoressa universitaria Donatella Di Cesare che in un tweet ha scritto: La tua rivoluzione è stata anche la mia. Le vie diverse non cancellano le idee. Con malinconia un addio alla compagna Luna .
Facile immaginare il profluvio di dichiarazioni e dita puntate contro la Di Cesare. Lei, oltre ad aver pressoché immediatamente rimosso il tweet, ha da subito sottolineato di essere stata sempre contro la lotta armata e che la condivisione di idee rivoluzionarie l’ha portata verso l’impegno a favore dei diritti delle donne . Inutile tentativo di rimediare alla pietas manifestata.
Quasi in contemporanea, a molti chilometri di distanza, a Monaco, un gruppone di tifosi laziali in trasferta per la partita di Champions League contro il Bayern, si è lasciato andare a cori e slogan, all’interno della storica birreria in cui Hitler si fece notare un centinaio di anni fa.
Le manifestazioni di tifoseria “esuberante” sono state caratterizzate da saluti romani, richiami al manganello e al duce del fascismo. Le reazioni di condanna dell’avvenimento non sono state poi così veementi e partecipate come quelle conseguenti lo scritto dalla professoressa romana. O almeno così è parso.
Forse perché è più facile prendersela con una donna, che con una torma di tifosi fascisti . Specie se si parla di storie “divisive” su cui in un caso – le lotte degli anni ’60-’70 e la lotta armata – non si sono mai fatti i conti a dovere, mentre nell’altro, la dittatura fascista, si cerca in ogni momento di riscrivere i fatti di un ventennio fra i più tragici, miseri e violenti della storia del nostro paese, e mondiale. Su tutto, ovviamente, pesa anche la dimensione ideologica della lettura della realtà .
La stessa che cerca in tutti i modi di cancellare i diritti acquisiti delle donne e della collettività. In tal senso mentre in Francia è stato inserito nella Costituzione il diritto della donna a scegliere liberamente una maternità partecipata o meno , in Italia il diritto all’interruzione di gravidanza è continuamente e progressivamente eroso.
Oggi, oltre tutte le difficoltà già esistenti, c’è anche l’azione meschina – che qualcuno vorrebbe fosse anche normata - di chi costringe le donne che vogliono abortire ad ascoltare il battito cardiaco dell’embrione .
Insomma, per raccattare qualche voto o tenere a bada la propria coscienza (una coscienza pro-life che non si è mai preoccupata della vita di chi muore in guerra, sul lavoro o sul limitar di una frontiera), è molto facile prendersela e fare pressioni su una donna sola, spesso fragile sul piano relazionale, familiare, sociale ed economico. Come è facile fare provvedimenti ideologici che negano la stessa nascita di quelle bambine o quei bambini se nati da due madri, o da due padri.
Insomma, le questioni di genere, in questo paese, appaiono abbastanza problematiche e lo ben sa chi fa politica, quella militante e gratuita, e non quella poltronara e superpagata. Ed è noto quanto sia più difficile farlo da donna . E quanto sia più rischioso.
Non stupisce quindi, ma lascia ad ogni modo l’amaro in bocca, che, a fronte di un 63% delle lavoratrici che crede di essere sottopagata – secondo una ricerca recente sul gender gap –, appena il 38% delle donne si attiverebbe per ottenere maggiori diritti salariali.
Nelle recenti elezioni regionali in Sardegna, la neoeletta governatrice ha affermato che la sua affermazione ha rotto il tetto di cristallo dominante il governo dell’isola, tornando indietro con la memoria addirittura alla figura medioevale di Eleonora d’Arborea.
Il “glass cieling ” citato è un dato di fatto che domina la scena mondiale in molte società contemporanee: i posti di potere, la stanza dei bottoni, gli incarichi di responsabilità, insomma la possibilità di far carriera e far valere le proprie qualità (e vederle premiate), è sempre più preclusa alle donne a vantaggio dei maschi.
A meno che queste donne non abbiano idee molto “maschili” sui diritti femminili legati esclusivamente al ruolo e alle funzioni ancillari all’interno della famiglia, fuori da ogni visione moderna, giusta e progressista della storia e della società.
E come sempre, qualcuno torna a ripetere la solita mefitica litania “delle donne che devono stare al loro posto ”. Quale sarà poi questo posto spaventa solo pensarci, in quanto diverse sono le opzioni citate da quegli italici maschietti: madre, moglie, amante, segretaria, operaia sottopagata, etc.
Buon 8 marzo. Oggi e per ogni giorno dell’anno
Di fronte all’attuale mesto panorama di regressione medioevale, non può far che piacere l’indizione di uno sciopero generale , da parte di un’ampia area sindacale, in occasione della giornata delle donne, per rivendicare tutta una serie di diritti lavorativi, garanzie civili, giustizie sociali che negli anni sono stati progressivamente ridotti.
Ben venga dunque uno sciopero generale per la giornata dell’8 marzo che sollevi le questioni globali di una società dove le disuguaglianze di genere sono una delle tante testimonianze della bruttura del potere dominante, espressione genuina di una misoginia politica, ideologica e strutturale che si reitera di secolo in secolo, con lo stesso scenario di drammi familiari e violenze, di guerre e stupri etnici, di chi deve partorire sotto le bombe e di chi subisce mutilazioni genitali, di chi è sottomessa a dettami religiosi di ogni genere, con o senza velo, e di chi viene uccisa o, come è accaduto a Makka, 19enne di Nizza Monferrato, è costretta ad uccidere per difendersi dalla violenza paterna.
E mentre c’è qualcuno che discetta sulle baggianate ideologiche di essere una brava mamma o un bravo papà, ci sono madri disperate che stringono forte a sé i loro figli mentre attraversano un mare che le porterà verso un nuovo futuro. O verso nessun futuro.
Ecco, in nome di tutte, e delle molte altre che dovrebbero essere ricordate, buon 8 marzo, oggi, e per ogni giorno dell’anno in difesa di tutte e di tutti coloro che sono vittime di qualcuno o di qual-coso (concedetemi la forzata declinazione al maschile)
P.S.
C’è una canzone di mezzo secolo: “Jolene ”. È cantata da Dolly Parton. La musica è un misto fra il Country ed il Rhythm and blues, con un pizzico di Rock. Parla di una moglie disperata che implora la bellissima Jolene di cui il marito si è perdutamente invaghito, al punto tale di parlare di lei anche nel sonno.
La donna chiede a Jolene di non portarle via il suo uomo, perché per lei sarebbe la fine. Lei non è in grado di competere con la sua bellezza e quindi non le resta che chiedere aiuto alla sua stessa rivale.
La canzone è molto bella, la storia un po’ meno, il messaggio può solo indurre ad un moto di speranza per un domani in cui, la moglie di turno se ne andrà con una Jolene del momento lasciando il marito libero, e solo, di blaterare tutto ciò che vuole nel sonno.
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