Condivido pienamente l’analisi lucida di Giordano Cotichelli sull'introduzione della figura dell'assistente infermiere e sulle problematiche che questo comporta nel sistema sanitario attuale. Tuttavia, vorrei aggiungere un’ulteriore riflessione.
La vera sfida è costruire una classe dirigente infermieristica competente
Dove sono i progressi nella promozione dell’autonomia professionale degli infermieri? In cosa è cambiato il panorama dall’eliminazione dell'infermiere generico e dall’introduzione dell'infermiere laureato?
Il problema non è solo nell'introduzione di una nuova figura sanitaria, ma nella persistenza di modelli organizzativi e gestionali che risalgono ormai a decenni fa. Dopo quasi 30 anni dall'introduzione dell'infermiere laureato, ci troviamo ancora in strutture – pubbliche e private – che adottano modelli assistenziali prestazionali e centralizzati.
Il concetto di "presa in carico" del paziente, così come la pianificazione dell'assistenza, resta spesso una chimera: una competenza attesa che gli studenti di Infermieristica imparano nei tre anni di laurea, ma che raramente vedono applicata nel mondo reale.
Non è un segreto che in moltissime realtà l'infermiere sia ancora limitato a eseguire procedure standardizzate, privato della possibilità di esprimere appieno le sue competenze e il suo ruolo professionale.
Dove sono i progressi nella promozione dell’autonomia professionale degli infermieri? In cosa è cambiato il panorama dall’eliminazione dell'infermiere generico e dall’introduzione dell'infermiere laureato? Le dirigenze infermieristiche, purtroppo, non sembrano aver saputo guidare questo cambiamento.
La verità è che, spesso, la classe dirigente infermieristica è composta da figure inadeguate, prive di un curriculum professionale adeguato per la gestione e lo sviluppo delle risorse umane. Dirigenti che preferiscono assecondare le direttive delle direzioni generali e sanitarie piuttosto che lottare per l’affermazione del ruolo dell’infermiere e la sua crescita professionale.
Il risultato è che oggi gli infermieri laureati sono demansionati e strumentalizzati, mentre coloro che si specializzano e acquisiscono competenze avanzate – attraverso master o altre formazioni post-laurea – spesso non vedono alcun riconoscimento né economico né professionale.
L’introduzione dell’assistente infermiere non farà che peggiorare la situazione, come ha giustamente osservato Cotichelli , perché non si inserisce in una logica di miglioramento della qualità dell’assistenza, ma di perpetuazione di un sistema ormai obsoleto. Un sistema che continua a vedere l’infermiere come un semplice esecutore, mentre la differenziazione dei ruoli, la specializzazione e la crescita professionale restano miraggi lontani.
Questa è la vera sfida: riuscire a costruire una classe dirigente infermieristica competente , capace di portare avanti le istanze della professione e di far crescere gli infermieri, riconoscendone l'autonomia e valorizzandone le competenze. Fino ad allora, continueremo a vedere modelli sanitari che guardano solo al risparmio economico, con un costante livellamento verso il basso dell’assistenza e del riconoscimento professionale degli infermieri.
Articolo a cura di Pierluigi Badon
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