Infermiere specialista e assistente infermiere: due poli opposti
La giurisprudenza dovrà fare un lavoro egregio per riordinare un orizzonte che si presenterà sempre più spezzettato, farraginoso, ricco di conflittualità interne e di doppioni .
Lo specialista da un lato e l’assistente dall’altro rappresentano egregiamente le due polarità in cui si troverà sempre più costretta la professione infermieristica e la sanità pubblica in generale.
Entrambe immerse (affogate?) in un limo grigiastro, fatto di particolarismi e regionalismi, corporativismi di ogni genere e tariffari di mercato, annunci altisonanti e disperazione, miseria, abbandono crescenti.
Più del generale prussiano, rendono bene il quadro della situazione le parole di un dirigente infermiere che, poco dopo la pandemia da Covid-19, dichiarò come fosse necessaria una maggiore stratificazione all’interno della professione.
I cambiamenti, verso l’alto (la specializzazione clinica ) e verso il basso (l’assistente infermieristico ), sembrano rispondere ai desiderata del dirigente, ma non è dato sapere se – e come - risponderanno ai bisogni della collettività.
La domanda è quindi immediata:
Le tre specializzazioni cliniche in infermieristica approvate in questi giorni come rappresenteranno una risorsa per il sistema?
Difficile credere, e sperare, che potranno essere un’elevazione – per tutti - verso nuove competenze e ambiti di intervento, posti dirigenziali e percorsi di libera professione, in un quadro utile a ridurre ricoveri impropri e liste di attesa, iniquità di sistema, fragilità sociosanitaria in crescita e rinuncia alle cure per cattivo funzionamento dei servizi o, peggio, per mancanza di soldi.
La possibilità di prescrivere presidi sanitari - ed anche farmaci? - può sicuramente rappresentare una risorsa per la collettività, ma in un quadro ampio, di sistema, di presa in carico dei problemi di salute in termini globali.
Per far questo servono risorse: economiche, umane, educative, sociali e molto altro ancora. Serve insomma tutto ciò che manca allo stato attuale delle cose e che non si intravede all’orizzonte, se non in maniera residuale, raffazzonata, propagandistica, buttata lì senza una visione prospettica, utile unicamente, e giustamente, all’alzata di scudi corporativa dei medici che rivendicano la loro esclusività di prescrizione, specie in questa società basata sulla compravendita di mercato.
Al di là di qualsiasi considerazione, la possibilità di prescrivere farmaci da parte degli infermieri , in uso in diversi stati, è più legata alla ricerca di risposte per la tenuta del sistema che alla ricerca di onorificenze di sorta della professione.
In molti paesi in cui questa competenza è riconosciuta da tempo, essa ha rappresentato uno strumento in maggiore equità sociale e sanitaria, migliore accesso alle prestazioni e alle cure, a fronte di una carenza della copertura medica del territorio.
Una competenza infermieristica quindi utile a garantire la continuità terapeutica, la presa in carico dei bisogni, l’integrazione sociosanitaria e gli interventi multiprofessionali. Nei trionfalismi di questi giorni nulla di tutto questo è emerso, lasciando spazio ai soliti fronteggiamenti corporativi fini a sé stessi e ai Signori di ogni Ordine e grado.
È presto per dire se le specialistiche cliniche saranno una risorsa
Certo è che ancora una volta la professione si rivela come un indicatore sociale di un fare politica roboante e fine a sé stesso, dove le dichiarazioni coprono – maldestramente – le omissioni, e cioè i tagli delle risorse finanziarie ad ogni livello. Per assurdo è proprio la nuova figura sanitaria dell’assistente infermiere a porre sotto la giusta luce le novità di questi giorni.
Nei fatti la lettura della creazione dell’assistente infermiere per finalità meramente di mercato - sanitario e formativo -, più che promuovere sul campo gli OSS, abbassa la professione verso un ambito in cui le stesse competenze della formazione di base vengono fatte oggetto di una regressione non solo in ambito formativo, ma curativo, di ricerca e identitario.
Ecco sì, la professione infermieristica, quella cioè legata all’assistenza intesa lungo un ampio asse dottrinario, orizzontale, che va dalle conoscenze assistenziali diffuse a quelle più avanzate, diventa ancora una volta oggetto di segmentazione gerarchica, frammentazione identitaria, categorizzazione di classe.
La giurisprudenza dovrà fare un lavoro egregio per riordinare un orizzonte che si presenterà sempre più spezzettato, farraginoso, ricco di conflittualità interne e di doppioni con probabili ambiti di intervento che rimarranno scoperti. In tal senso si può fare un esempio fra i tanti possibili.
In ambito territoriale i bisogni dell’assistito a domicilio cercheranno risposte dall’infermiere del territorio, a partita IVA magari, che forse seguirà le indicazioni di una figura coordinatrice (expertise) di riferimento, con relativo master, in contatto con il professionista portatore di Master in Infermieristica di Famiglia e di Comunità e tutti facenti capo alla P.O. (Posizione Organizzativa) saldamente in mano dello specialista in infermieristica territoriale.
Separatamente, qualche intervento potrà essere poi lasciato all’assistente infermiere di quel territorio, messo lì da una cooperativa di servizi, chiamata a tappare qualche falla di sistema. Il tutto in un quadro dove il classico “chi fa che cosa” sembra destinato a non essere poi così ben definito. Peggiorato poi dal numero globale degli infermieri destinato a scendere, sia per questioni demografiche sia per finalità economiche, a fronte di un moltiplicarsi delle onorificenze e delle medaglie curriculari.
Hai voglia a blaterare di attrattività. Dio ce ne scampi da un simile guazzabuglio, malpagato, disconosciuto e, per dirla fuori dai denti, pure menato dagli utenti di quando in quando.
Chi ama tanto parlare, ad ogni piè sospinto direbbe il poeta, di demansionamento, doveva in questo frangente storico, fare prima il bilancio, non roseo, di venti anni di Laurea Magistrale, per poi, fatti i giusti correttivi di sistema, guardare agli sviluppi ulteriori da fare. Ciò non è stato!
Ed intanto si aspettano con trepidazione gli annunciati infermieri indiani che, non si capisce perché non preferiranno il Regno Unito o Dubai o qualunque altro luogo dove sarebbero ad ogni modo meglio pagati, e trattati, rispetto al Bel paese.
Sì è vero, la magistrale una e trina è un grande passaggio storico. Epocale come qualcuno ha sottolineato. Ma tutto lascia intendere che l’epoca iniziata non sarà bella affatto, per la professione, per il sistema salute, ma soprattutto per la collettività.
Commento (0)
Devi fare il login per lasciare un commento. Non sei iscritto ?