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Ocse: in Italia ci sono pochi infermieri e malpagati

di Redazione Roma

Secondo il rapporto Health at a Glance 2021, l’Italia si colloca al quart’ultimo posto (davanti a Messico, Colombia e Lussemburgo) tra i paesi Ocse con il più basso numero di posti fruibili negli atenei. Male anche il lato retribuzioni. La presidente Fnopi, Mangiacavalli: La professione infermieristica è una risorsa sulla quale il Ministero della Salute e le Regioni possono e devono contare in un’ottica di maggior efficacia ed efficienza del sistema.

Italia, uno dei paesi Ocse con troppo pochi infermieri

Il ruolo chiave che gli infermieri svolgono nel fornire assistenza negli ospedali, nelle strutture di assistenza a lungo termine e nella comunità tutta è stato rimarcato durante la pandemia di Covid-19, ma per l’Ocse in molti paesi, di questi professionisti ce ne sono troppo pochi per fronteggiare la domanda di salute delle persone. E l’Italia è tra questi. L’Uneba ha lanciato l’allarme: nelle Rsa mancano gli infermieri. E quanto impatta la carenza di queste figure è stato rimarcato più volte dalla Fnopi, che ha redatto un documento nel quale avanza una serie di proposte operative; obiettivi a breve termine per replicare alla carenza di infermieri; a medio e a lungo termine sia per strutturare sia per potenziare il settore oggi in difficoltà. Spiega la presidente della Fnopi, Barbara Mangiacavalli: La ricetta dell’Ocse prima e durante la pandemia è quella che ormai da tempo ha la nostra Federazione: servono più infermieri, più formazione, specializzazioni e possibilità di carriera, retribuzioni all’altezza del tipo di lavoro richiesto. Da qui l’urgenza che l’operazione sia impostata su basi solide, non di facciata, lasciando spazio poi a gerarchie ormai vecchie di anni.

In Italia 6,2 infermieri ogni mille abitanti

L’elenco delle criticità è lungo: infermieri che guadagnano poco, lavorano tanto – e la pandemia lo ha dimostrato una volta di più – e hanno scarse possibilità di carriera per come sono organizzati i servizi. E ancora, il basso numero di posti a disposizione all’interno degli atenei pone l’Italia al quarto posto tra i paesi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Vanno peggio soltanto il Messico, la Colombia e il Lussemburgo, dove però, in quest’ultima nazione, i professionisti sanitari sono già circa il doppio di quelli italiani rapportati a mille abitanti e guadagnano due volte e mezzo di più dei colleghi nostri connazionali. Al pari degli anni precedenti, il rapporto Health at a Glance 2021 dell’Ocse insiste: l’Italia è di poco migliorata rispetto al passato, ora ne ha 6,2 infermieri per mille abitanti (“solamente” 0,3 in più), ma la media Ocse è di 8,8 e ci sono paesi che vanno molto oltre questo rapporto (ad esempio sono 18 ogni mille abitanti in Svizzera e Norvegia, circa 13 in Germania, più di 11 in Francia e così via nei maggiori partner Ocse).

Gli infermieri sono più numerosi dei medici nella maggior parte dell’Ocse. In media, risultano poco meno di tre infermieri per ogni medico (secondo gli standard internazionali). Il rapporto di infermieri per medico varia da circa un infermiere per medico in Colombia, Cile, Costa Rica, Messico e Turchia (ma l’Italia è a 1,5) a più di quattro in Giappone, Finlandia, Stati Uniti e Svizzera.

Occorre che Governo, Regioni e Istituzioni ascoltino le esigenze e seguano almeno le ricette portate avanti anche a livello internazionale

Retribuzione professionisti sanitari nei 35 paesi Ocse

E ancora, il rapporto annuale Health at a Glance pone a confronto le retribuzioni percepite dai professionisti sanitari e – peggio dell’Italia nella classifica dei guadagni – vanno solo altre dieci nazioni sui 35 paesi Ocse. E la stessa Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico registra una media di retribuzioni in dollari Usa a parità di potere di acquisto di oltre 48mila l’anno, mentre gli infermieri del nostro paese sono sotto questa media di circa 10mila (e ci sono comunque 16 paesi tra cui quasi tutti i maggiori partner europei e internazionali, il 46% di quelli Ocse, dove le cifre annuali oltrepassano quelle della media, superando anche i 100mila dollari/anno). Insomma, in Italia è paradossale parlare di valorizzazione della professione infermieristica quando l’aggiornamento del sistema retributivo sta al palo da parecchi anni. Rilancia Mangiacavalli: La nostra professione costituisce una risorsa sulla quale il Ministero della Salute e le Regioni possono e devono contare in un’ottica di maggior efficacia ed efficienza del sistema. Occorre che Governo, Regioni e Istituzioni ascoltino le esigenze e seguano almeno le ricette portate avanti anche a livello internazionale.

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