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Infermieri afflitti da precariato, stress e insoddisfazione

di Redazione

Gli infermieri sono sempre meno, ad oggi ne mancano ben 175mila e i pochi che resteranno nei prossimi anni a difendere la nostra salute all’interno del Servizio Sanitario Nazionale saranno sempre più precari, insoddisfatti, stressati e pertanto infelici nonché potenzialmente depressi per il disagio lavorativo. È la descrizione dell'infermiere entro il 2030, fotografata dal sindacato Nursing Up, che emerge dall'analisi incrociata dei dati emersi da tre autorevoli indagini nazionali condotte da Ragioneria di Stato, Ministero della Salute ed Eurostat. I risultati sono supportati anche dal Rapporto Presme, un importante dossier del Ministero della Salute spagnolo.

Nursing Up: più infermieri precari, rischio aumento malattie depressive

Gli esperti incaricati dal sindacato delle professioni infermieristiche hanno presentato, dopo un accurato lavoro, una realtà drammatica e preoccupante, legata anche al significativo aumento del precariato (+154%).

Si tratta di una piaga che affligge, da fin troppo tempo, gli infermieri italiani che tra i lavoratori risultano al primo posto per numero di contratti a tempo determinato, denuncia Nursing Up sottolineando come l'aumento altresì esponenziale della condizione di crescente insoddisfazione e stress che si accompagna alla precarietà rischia di minare profondamente la qualità, per il resto già deficitaria, delle prestazioni sanitarie offerte ai cittadini nonché la stabilità del Sistema salute.

Ci stiamo avvicinando ad un punto di non ritorno - avverte Antonio De Palma, presidente nazionale di Nursing Up, illustrando i risultati inequivocabili dell'indagine -. Se le politiche nazionali e regionali non argineranno il fenomeno del precariato, avviando un capillare piano di assunzioni associato ad una indispensabile valorizzazione economica, avremo entro il 2030 un Sistema sanitario in un vicolo cieco, con professionisti sanitari, soprattutto infermieri, infelici, potenzialmente depressi, pronti a fuggire all'estero o comunque non più in grado di esprimere al meglio il proprio potenziale, avvisa De Palma spiegando che negli ultimi anni si è registrato un vero e proprio boom di infermieri precari, passando dalle 8574 unità nel 2013 alle 21809 del 2021.

L'ultimo rapporto sulla totalità del personale sanitario del Ssn pubblicato dal Ministero della salute ci restituisce una fotografia in cui, tra il 2013 e il 2021, il numero del personale a tempo determinato è praticamente raddoppiato, passando dalle 26521 unità del 2013 alle 52846 del 2021, ovvero il 99%, continua il presidente di Nursing Up.

Emerge che il fenomeno del precariato in sanità riguarda tutta Europa dove circa un lavoratore su otto ha un lavoro a tempo determinato. Tuttavia, l'Italia risulta al quinto posto per numero di occupati non stabili in ambito sanitario e tra i 27 Paesi UE sta registrando nell'ultimo decennio la tendenza peggiore.

Dalla rilevazione del Conto annuale della Ragioneria di Stato emerge inoltre che il problema del precariato sembra essere molto più forte, radicato ed evidente tra i giovani professionisti sanitari per i quali, specifica De Palma, il posto fisso nel Ssn resta spesso davvero un sogno, tra crisi economiche e blocchi del turnover. De Palma specifica che tra tutti i comparti della Pubblica Amministrazione quello più ricco di precari è proprio il Servizio sanitario Nazionale (39,23%), seguito da regioni ed Enti locali (31,25%).

Ad aggravare il quadro lo studio Presme, sponsorizzato dal governo spagnolo e condotto dal Ministero del lavoro, evidenzia che il lavoro precario è associato ad un peggioramento della salute mentale che colpisce soprattutto le donne della sanità. Nelle situazioni lavorative più precarie - soprattutto se associate a turni massacranti e stipendi poco dignitosi come avviene in Italia – il rischio di sviluppare depressione è più elevato - specifica De Palma -. Analizzando con estrema lucidità la condizioni degli ultimi 10-15 anni dei nostri professionisti dell'assistenza in Italia, il crescente precariato, i turni massacranti, gli stipendi non dignitosi e non rapportati all'aumento del costo della vita, le scarse prospettive sul futuro e l'escalation di aggressioni stanno aprendo la strada al drammatico rischio di raggiungere un punto di non ritorno nel giro di 6 anni, conclude De Palma.

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