La Cassazione ha confermato la condanna a otto mesi di reclusione, sospesa condizionalmente, nei confronti di una donna che aveva schiaffeggiato una professionista sanitaria. La “colpa” di quest’ultima? Aver invitato la signora violenta e i suoi famigliari ad abbandonare la stanza dove era ricoverato un congiunto, nella quale si erano introdotti senza rispettare l’orario di visita.
Condanna a otto mesi per una donna che aveva schiaffeggiato un’infermiera
Pochi giorni fa l’ennesima aggressione ai danni di una professionista sanitaria: al Pronto soccorso dell’ospedale Sant’Andrea di Roma, una paziente ha tentato di strangolarla. Una sentenza della Cassazione che potrebbe davvero fare giurisprudenza
e che getta nuova luce su quelle che potrebbero essere le conseguenze delle aggressioni ai danni degli operatori sanitari
.
È quanto afferma il Nursing Up, precisando che nel caso in esame la signora violenta è stata condannata sia per lesioni personali sia per i reati di resistenza a pubblico ufficiale e interruzione di pubblico servizio.
Nel dettaglio la Cassazione afferma chiaramente che nonostante l’infermiere sia “solo” un incaricato di pubblico servizio e non un pubblico ufficiale, l’ostacolo frapposto all’attività da questi svolta – che non può essere sospesa o soggetta a impedimenti – integra il reato di resistenza a pubblico ufficiale, punibile con la reclusione da sei mesi a cinque anni
.
Ma non è tutto. Perché il testo della Cassazione – nel quale si fa anche presente come la ricorrente tenta di accreditare la tesi e mente della quale l’attività di controllo dell’infermiera aggredita si fosse ormai esaurita
– riporta: Affinché venga integrata la fattispecie di resistenza a pubblico ufficiale, non è necessario che sia concretamente impedita la libertà di azione del pubblico ufficiale. È sufficiente che si usi violenza o minaccia per opporsi al compimento di un atto dell’ufficio o del servizio, indipendentemente dall’esito, positivo o negativo, di tale azione e dell’effettivo verificarsi di un ostacolo al compimento dell’atto del pubblico ufficiale
. E nel caso specifico, non sussistono dubbi in merito al fatto che la condotta violenta subita dall’infermiera fosse proprio connessa alle funzioni da lei esercitate, tanto da costituire per lei un ostacolo
.
Il presidente del Nursing Up, Antonio De Palma, tiene a precisare che ci si trova davanti ad una sentenza per taluni versi storica, ma che certo non ripaga gli infermieri dei torti subiti e che non ci assicura che la spirale di violenza si placherà
. Oramai, infatti, è una vera e propria escalation di aggressioni e minacce ai sanitari. Infermieri in primis. Rammentiamo – prosegue il presidente nazionale – che il 32,3% degli infermieri, pari a circa 130mila professionisti sanitari, nell’ultimo anno, ha subito violenza durante i turni di lavoro. Ma ben 125mila casi sono casi sommersi e la metà circa delle aggressioni al personale sanitario, secondo l’Inail, è proprio verso gli infermieri: circa 5mila ogni anno, 13-14 al giorno
. Nel 58% dei casi si è trattato di un’aggressione fisica. Il 78% degli infermieri vittima di violenza è una donna.
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