Attraverso un processo di “cosificazione”, la persona reclusa viene “spogliata” (il sociologo E. Goffman parla di spoliazione) della sua soggettività, delle sue emozioni, della possibilità di poter “sentire” ed essere il suo corpo nella sua interezza. Il senso di straniamento e di estraneità si insinua lentamente lasciando la persona incarcerata in balia di una prospettiva senza speranza dove la parola orientamento, come possibilità di sospensione del pregiudizio e del riscatto, fatica a trovare uno spazio di nuove possibilità. Qualsiasi sia il reato commesso ogni essere umano ha diritto a mantenere la sua dignità che gli appartiene ontologicamente. La nostra Carta costituzionale, e altri documenti internazionali in materia di riabilitazione, dichiarano esplicitamente che la possibilità del processo riabilitativo deve essere sempre tenuta in considerazione superando l’idea della sola punizione, dell’afflizione, dell’esclusione e della mera custodia.
Ruolo e competenze dell’Educatore Professionale in contesto carcerario
In un contesto così complesso come il carcere è necessario che gli operatori che svolgono un lavoro intramurario abbiano una formazione e un'etica adeguate.
Secondo l’interpretazione che il sociologo E. Goffman offre delle istituzioni totali, queste sono i luoghi per eccellenza dove si unificano nel medesimo spazio e sotto lo stesso ordine di potere tutte le attività quotidiane, i ruoli e le funzioni dei soggetti: un’abolizione della personalità oltre che della libertà.
Il carcere rappresenta una nuova dimensione dove l’individuo è spettatore talvolta passivo di un drastico cambiamento della sua vita: i rapporti umani precedenti vengono mutilati e, una volta usciti, lo stigma può inficiare o rendere problematica la possibilità di trovare lavoro e reinserirsi nella società senza vivere il pregiudizio portato dallo stigma.
Tutti questi fattori non fanno altro che inficiare quello che dovrebbe essere uno degli scopi principali della reclusione: evitare la reiterazione delle attività criminali .
L’articolo 27 recita : La responsabilità penale è personale. L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato [cfr. art. 13 c. 4].
Non è ammessa la pena di morte. Anche nella legge 26 luglio 1975 n°354 e s.m.i., il cosiddetto ordinamento penitenziario, al capo terzo “Modalità del trattamento”, riflettendo la traccia illuminata della costituzione della Costituzione, si usa il termine “rieducazione”.
Infatti, negli artt.13 e seguenti Per ciascun condannato e internato, in base ai risultati dell'osservazione, sono formulate indicazioni in merito al trattamento rieducativo .
Ora appare evidente che anche dal punto di vista semantico e finanche epistemologico i termini usati nella costituzione del 1948 e di riflesso nelle leggi emanate nei decenni successivi, vadano contestualizzati e riportati allo stato evolutivo delle scienze pedagogiche e del sentire sociale di quegli anni.
Per riabilitazione si intende il processo di cambiamento attivo attraverso il quale una persona acquisisce e usa le conoscenze e le abilità necessarie per rendere ottimali le proprie funzioni fisiche, psicologiche e sociali (Thompson, 1998), o ancora l'Oms definisce riabilitazione come quell’insieme di interventi che mirano allo sviluppo di una persona al suo più alto potenziale sotto il profilo fisico, psicologico, sociale, occupazionale ed educativo, in relazione al suo deficit fisiologico o anatomico e all’ambiente .
Sebbene lo Stato italiano abbia adottato un approccio preventivo-riabilitativo per le misure penitenziarie, queste ultime nel concreto si presentano come portatrici di stigmatizzazione e distruzione dell’identità dell’individuo (Valcarenghi, 2011).
La riflessione dello psichiatra F. Basaglia ha contribuito a mettere al primo posto l’individuo come soggetto portatore di qualità da far emergere e da evidenziare. Un approccio, il suo, che è orientato esclusivamente alla ricerca della soggettività e che va oltre i criteri di istituzionalizzazione.
Questa è l’unica forma possibile di riabilitazione : un’attenzione che parta dai soggetti nella loro singolarità, un veicolo di espressione che si ponga al servizio di chi si trova in condizioni di disagio, ed il cui significato si differenzia dall’idea di riscatto sociale.
L’articolo 15 dell’Ordinamento Penitenziario, infatti, pone l’accento sull’importanza delle attività atte a maturare il reinserimento del condannato nella società e al superamento del carattere esclusivamente punitivo della detenzione.
L’articolo in questione inoltre evidenzia che il trattamento del condannato deve vertere sull’istruzione, sul lavoro, sulla religione, sulle attività̀ culturali, ricreative e sportive e agevolare contatti con il mondo esterno e la famiglia (Benelli, 2012).
In questa cornice, si ritiene che il profilo di educatore professionale , assunto dal Ministero della Salute con D.M. 520 del 8 ottobre 1998 sia idoneo ad operare all’interno dei servizi della Giustizia.
In un contesto così complesso come il carcere , è sempre più necessario che gli operatori che svolgono un lavoro intramurario abbiano una formazione, un profilo professionale, delle competenze specifiche, un codice deontologico ed un’etica professionale adeguate, una funzione educativa-riabilitativa chiara affinché possano accompagnare il processo di rieducazione e cambiamento dei detenuti.
In particolare, la funzione educativa dell’educatore professionale si caratterizza nell’attivare percorsi di scoperta e utilizzo delle potenzialità dell’individuo, nel realizzare interventi volti a far emergere e sviluppare le attitudini e le capacità dell'individuo, nel realizzare percorsi di orientamento scolastico e lavorativo appropriati alle potenzialità e alle capacità dell’individuo, nell’attivare programmi finalizzati allo sviluppo della partecipazione alla vita quotidiana, di relazione e d’impegno attivo nella comunità, nel realizzare percorsi di rinforzo dell’autostima e nel realizzare percorsi di sviluppo del pensiero critico, delle autonomie e delle responsabilità (Crisafulli, 2016).
L'educatore professionale svolge un ruolo cruciale nella funzione riabilitativa , caratterizzata da diversi aspetti chiave. Prima di tutto, si concentra sul coinvolgimento della persona detenuta, garantendo che essa sia considerata un partner a pieno titolo in ogni fase del suo processo di riabilitazione.
Inoltre, l'educatore professionale tiene conto delle preferenze individuali dell'individuo per tutta la durata del percorso riabilitativo, rispettando le scelte personali. In particolare, analizzando e revisionando la letteratura sul tema del ruolo e delle funzioni dell’educatore professionale in Carcere, emergono diverse aeree di intervento e attività.
Informazione e accoglienza
L'informazione e l'accoglienza sono tappe preliminari essenziali per i servizi di orientamento e consulenza. Queste rappresentano fasi delicate di reciproca esplorazione tra il detenuto e l'educatore professionale. È di vitale importanza instaurare un clima di fiducia, ascolto e collaborazione, affinché sia possibile individuare i veri bisogni, fornire informazioni complete, chiare e facilmente comprensibili.
È cruciale adottare un linguaggio e un approccio interpersonale che siano sensibili alle necessità del destinatario. In questo contesto, è imprescindibile instaurare una relazione di assistenza che sia coinvolgente, stabile e trasparente.
L'obiettivo primario è da un lato informare sulle funzioni e ruoli di ciascun operatore all’interno dell’Istituto, e dall’altro suscitare interesse e coinvolgimento rispetto a un possibile percorso di cambiamento e miglioramento della qualità di vita. L'adesione convinta a un progetto concreto, mirato a favorire una nuova opportunità di vita, costituisce un elemento fondamentale per garantire il successo dello stesso (Di Rico et al., 2017).
L'anamnesi , processo fondamentale per comprendere le esigenze, la storia e le risorse dei detenuti, al fine di fornire un supporto mirato e personalizzato durante il loro percorso di riabilitazione. Questo processo implica la raccolta di informazioni dettagliate sulla storia personale, educativa, lavorativa e criminologica del detenuto.
L'educatore professionale esamina anche gli aspetti familiari, sociali e psicologici per identificare le sfide specifiche che possono influenzare la riabilitazione. L'anamnesi aiuta a stabilire una base per la pianificazione degli interventi e per la creazione di programmi educativi o terapeutici efficaci, contribuendo a migliorare le prospettive di reintegrazione dei detenuti nella società.
Osservazione, orientamento e counseling
L’osservazione e identificazione delle necessità educative per definire l’altro, per riconoscere l’altro e per riconoscersi nel rapporto con l’altro (Maida et al., 2009). Questa abilità consente di identificare i segnali del corpo, tra cui la comunicazione non verbale, lo spazio occupato, l’abbigliamento, i cambiamenti emotivi e le situazioni di rischio all'interno del carcere.
L'educatore professionale, attraverso una solida capacità di osservazione intenzionale, scopre le risorse già esistenti ed individuare i bisogni gli obiettivi e può così adattare in modo efficace gli interventi educativi (Sempio et al., 2005), contribuendo così a una gestione più efficiente e orientata alla riabilitazione dell'ambiente carcerario.
L’orientamento e il counseling attraverso l’interazione tra l’operatore e il detenuto mirano a potenziare le capacità di quest'ultimo e a sviluppare un progetto personale, promuovendo l'autonomia e preparandolo in vista delle sfide che potrebbe affrontare una volta rientrato nella società.
In particolare, questo sostegno si concentra su diverse aree, tra cui:
il recupero della persona in situazioni di svantaggio, rinvigorendo la motivazione per l'apprendimento e aumentando la consapevolezza di sé e delle proprie potenzialità
l'acquisizione di competenze utili nella ricerca di un lavoro, nell'affrontare colloqui di lavoro e nella creazione di curriculum e lettere di presentazione efficaci
la promozione di sinergie tra istituzioni e comunità locali per attuare interventi concertati e complementari che continuino l'opera educativa intrapresa all'interno degli istituti penali
la creazione di una rete informativa per favorire il confronto, lo scambio e la collaborazione tra agenzie educative attive nella zona
il coordinamento e l'integrazione dei servizi e delle attività con varie istituzioni al fine di prevenire e promuovere l'inclusione sociale dei detenuti al termine della loro pena (Pavoncello e Di Rico, 2014)
Presa in carico, cura, progettazione e programmazione dell’intervento. L'educatore professionale deve sviluppare piani educativi individualizzati che tengano conto delle capacità, delle risorse e degli obiettivi specifici di ciascun detenuto.
Questo processo richiede la definizione di obiettivi chiari, la scelta delle metodologie pedagogiche adeguate e l'identificazione delle risorse necessarie. La programmazione implica anche una pianificazione temporale e sequenziale per garantire un progresso graduale e misurabile verso gli obiettivi stabiliti (Crisafulli et al., 2010).
Attività di socializzazione e funzione di riabilitazione. Considerando la socializzazione come il processo attraverso cui diviene possibile la codifica e decodifica dei comportamenti in termini simbolici, è il meccanismo che porta alla costruzione sociale nell’incontro con l’altro ad essere di primaria rilevanza.
Veicolando il significato dei ruoli che si trasmettono nell’interazione tra soggetti appartenenti a cornici di senso differenti, nelle situazioni di reclusione si evidenzia ancora di più l’importanza della socializzazione. Il trattamento è costituito da una serie di interventi che hanno lo scopo di favorire la riabilitazione ed il reinserimento sociale dei detenuti. Gli elementi fondamentali che lo compongono sono l’inserimento scolastico, il lavoro interno e altre attività ludiche sportive (Verzini et al., 2013).
Inoltre, l’educatore professionale ha nel suo bagaglio professionale il favorire lo sviluppo ed il consolidamento delle competenze interpersonali; sviluppare e potenziare le abilità sociali, relazionali, cognitive ed emotive rientra tra le funzioni e attività riabilitative.
Questo, non solo aiuta il reinserimento sociale e lavorativo, ma permette di fare un lavoro in termini di salute in ottica preventiva. È noto ormai che le life skills, infatti, sono utilizzate all’interno dei programmi preventivi nazionali evidence based.
In particolare, tra le competenze specifiche dell’EP emerge lo sviluppo di pensiero critico. Il lavoro riabilitativo, in questa ottica, deve portare la persona detenuta a “ripensarsi” attraverso lo scorrere del tempo, cioè nel presente, nel passato e nel futuro. Proprio per questo, è di fondamentale importanza che il ripensamento sul proprio passato avvenga in modo critico ed analitico, ma è altrettanto importante riuscire a superare il concetto di comportamento come problema, per passare ad accogliere come problematica i processi che hanno portato il soggetto ad un certo modo di essere e di agire (Mancaniello, 2017).
Il processo di appropriazione critica è complesso, in quanto non si tratta di elencare tutte le condizioni oggettive che hanno alterato la personalità del soggetto, ma piuttosto di cogliere il collegamento, nato dalla sua visione del mondo, fra queste e il comportamento assunto.
La rielaborazione della propria vita, quindi, comporta, da un lato, la presa di coscienza dei significati attribuiti alle proprie azioni passate e, dall’altro, la ricerca-individuazione di nuovi significati, nati da una diversa interpretazione della realtà (Di Profio, 2016).
Al centro del processo di ridefinizione di sé vi è quindi una persona che, con l’aiuto degli educatori, comincia a progettare un percorso di vita non solo finalizzato a recuperare competenze personali per l’integrazione sociale, quanto a trovare una propria dimensione esistenziale nuova (Bertin, 1983).
Mediazione con l’esterno e lavoro di rete. L’EP è formato per lavorare all’interno di équipe multidisciplinare, in carcere significa saper lavorare non solo con figure professionali complementari (assistenti sociali, psicologici, medici) ma anche con culture professionali differenti come agenti di polizia penitenziaria, criminologi, volontari, operatori di culto.
L'équipe di lavoro è essenziale per pianificare e monitorare gli interventi educativi, promuovendo il coordinamento tra professionisti e la condivisione di responsabilità. L'Educatore Professionale (E.P.) dovrà operare in modo consapevole e rispettoso all'interno dell'equipe, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi concordati (Codice Deontologico dell’Educatore Professionale, ANEP, 2016).
Per l’EP, l’interesse della famiglia del detenuto è fondamentale (Verzini et al., 2013): il professionista deve tenere un contatto diretto e continuo con i suoi componenti e deve agire in modo coordinato con loro, tutte le volte che ciò è necessario e possibile, deve operare per potenziare le risorse personali e sociali di tutti i membri della famiglia dell’utente perché collaborino, secondo le loro possibilità, alla soluzione dei problemi educativi (Codice Deontologico dell’Educatore Professionale, ANEP, 2016).
Educatore professionale figura cardine all’interno del sistema carcere
Il pedagogista F. Cambi afferma: Compito primario della pedagogia è – qui e ora – dar corpo a soggetti, gruppi, istituzioni capaci di “abitare” questa nuova frontiera. E abitare significa sentirla come il proprio habitat, attivandosi a comprenderla e a stare in essa in modo integrato e produttivo, secondo la logica di quel pluralismo che la contrassegna 1 .
Se vogliamo parlare di carcere e reinserimento in maniera efficace è necessario ridefinire le reti di incontri, le parole che usiamo, ecc. Il termine orientamento , per esempio, disegna un’attitudine alla scoperta oltre la dimensione limitante del pregiudizio: in esso risiede l’essenza della pedagogia e dell’educazione che, dimenticando la presunzione insita nell’idea di poter trasferire dall’alto nuovi modelli comportamentali, apre all’accoglienza disponendosi a trasformarsi in uno strumento funzionale alla ri-scoperta di sé.
L’educatore professionale è quindi una figura cardine all’interno del sistema Carcere nell’ottica della rieducazione prevista dall’Ordinamento Penitenziario declinata nell’agire intenzionale dell’educatore professionale finalizzato alla riabilitazione ed all’inserimento sociale del detenuto.
La formazione universitaria stessa (art. 3 del DM 520/1998) prevede all’interno del piano di studio un bilanciamento tra i settori scientifico disciplinari dedicati alla pedagogia, alla psicologia, alla sociologia, al diritto, alle materie Sanitarie e Professionalizzanti e alle materie Umanistiche.
La formazione dell’educatore professionale si compone perciò di varie discipline nell’ambito delle scienze umane e sanitarie (pedagogia, psicologia, sociologia, psichiatria, igiene, farmacologia...) e al contempo di altre nell’ambito delle scienze giuridiche (diritto amministrativo, pubblico, del lavoro, internazionale...), percorso di formazione che rende quindi l’educatore professionale il professionista ideale a portare le sue competenze in un ambito dove fortissima è la commistione, la compresenza e la reciproca influenza di questi ambiti.
Va sottolineato come l’ambiente carcerario sia particolarmente delicato anche nella quotidianità della vita degli operatori che vi lavorano per le tensioni e le sofferenze presenti, per la delicatezza della convivenza di tre aree (quella del trattamento coi Funzionari giuridico pedagogici, quella della sicurezza con la polizia penitenziaria e quella sanitaria con la sanità penitenziaria, oltre al SerD e alla psicologia clinica) e per la condivisione di alcuni aspetti della reclusione (ad esempio niente cellulari né apparecchiature elettroniche tranne i pc negli uffici con limitatissime possibilità di connessione, situazione questa comprensibile dal punto di vista della sicurezza, ma che certo non semplifica il lavoro. Utile sarebbe pensare supervisioni mono e multiprofessionali ad hoc.
Riferimenti
Cambi F.I, L’intercultura e l’idea di “confine”: appunti pedagogici. In Pedagogika.it/2010/XIV_1
Articolo redatto in collaborazione con:
Fulvio Pedrazzini | Educatore Professionale presso SC Ser.D Area Penale e Penitenziaria- Ser.D
Anna Ravera | Educatrice Professionale presso SC Ser.D Area Penale e Penitenziaria- Ser.D
Bibliografia e sitografia
Crisafulli F., (a cura di). E.P. Educatore Professionale: Competenze, formazione, ricerca, strumenti e metodologie, Maggioli Editori, RN, 2016 (ANEP)
Dellisanti A., L'educatore nell'Amministrazione penitenziaria – Compiti e ruolo ..." 1997 Rassegna Penitenziaria
"Un educatore penitenziario" da "CAPIRE PER AGIRE © Clitt 2013"
Mancaniello M. R., La professionalità educativa in ambito penitenziario: l’Educatore e il suo ruolo pedagogico, Studi per la formazione, 2017
Rondanini D., L'educatore in carcere: ruoli e compiti formativi, Psychomedia
Di Rico L., Maiorano A., Lolli C., Lavorare in carcere: Verso un modello di presa in carico dei detenuti, SINAPPSI - Connessioni tra ricerca e politiche pubbliche, Anno VII, N° 2-3/2017
Maida S., Molteni L., Nuzzo A., Educazione e osservazione. Teorie, metodologie e tecniche, Carocci faber. Roma, 2009
Scarpa P. N., (a cura di), L'Educatore Professionale, Maggioli Editori, RN, 2012 (ANEP)
"Norme e normalità - Raccomandazioni Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute"
https://epale.ec.europa.eu/sites/default/files/report_prassi_open.pdf
Verzini M., Zanarini G., Stagnoli C., CAPIRE PER AGIRE, Copyright © 2013 Clitt, Roma. Questo file è una estensione online del corso. 60018_Verzini_M02_OL2013.pdf (clitt.it)
Commento (0)
Devi fare il login per lasciare un commento. Non sei iscritto ?