Il presente lavoro ha come oggetto di studio la somministrazione ambulatoriale della terapia farmacologica in carcere: le principali motivazioni alla ricerca sono, innanzitutto, la scarsa conoscenza dell’argomento dalla maggior parte della popolazione, che sottovaluta la figura dell’infermiere nell’ambito carcerario . Un altro aspetto interessante è l’interazione che il professionista sanitario si trova a dover instaurare con il detenuto e con l’ambiente circostante. L’obiettivo di questo lavoro di ricerca è indagare la somministrazione sperimentale, avvenuta nella Casa Circondariale Bologna “Rocco D’Amato”, della terapia farmacologica in ambiente ambulatoriale, cercando di evidenziarne criticità e punti di forza.
L'esperienza della Casa Circondariale di Bologna “Rocco D’Amato”
Il presente lavoro ha come oggetto di studio la somministrazione ambulatoriale della terapia farmacologica in carcere.
Da gennaio 2020, presso la Casa Circondariale "Rocco D'Amato" di Bologna, si è svolta una sperimentazione che prevedeva il cambio di modalità di somministrazione della terapia farmacologica ai detenuti.
Questa si è resa necessaria in seguito a diversi casi di eventi avversi avvenuti nel carcere stesso da gennaio ad aprile dello stesso anno, quali casi di overdose o ritrovamenti di farmaci accumulati e non assunti nelle celle durante le fasi di perquisizioni degli ambienti.
La modalità precedente di somministrazione prevedeva la consegna del farmaco da parte del personale infermieristico presso la cella del detenuto, attraverso la feritoia presente nella porta blindata; durante la sperimentazione si è scelto di effettuare la somministrazione presso l'ambulatorio infermieristico , nel quale i detenuti venivano accompagnati dalle guardie carcerarie.
Lo studio eseguito si propone di raccogliere le segnalazioni di eventi avversi e di criticità emerse nel periodo giugno-ottobre 2020, su un campione di 70 detenute, appartenenti alla sezione femminile della Casa Circondariale di Bologna, in ognuna delle tre fasce orarie adibite alla somministrazione.
Tuttavia, è necessario evidenziare che il cambio della modalità di somministrazione della terapia si è svolto durante l'emergenza sanitaria Covid-19, la quale potrebbe aver in qualche modo influenzato i dati della sperimentazione stessa.
Sperimentazione
Durante il periodo preso in esame sono stati riscontrati 9 casi di eventi critici (autolesionismo) e 0 casi di overdose o di accumulo di farmaci. Inoltre, grazie alla somministrazione ambulatoriale della terapia farmacologica , molte detenute hanno chiesto di sospendere l'assunzione della terapia poiché, in realtà, non l'assumevano realmente, ma utilizzavano la terapia stessa come merce di scambio all'interno del carcere.
Con la sperimentazione si è osservato anche un notevole aumento dell’aderenza alla terapia farmacologica, con conseguenti benefici sul paziente a livello clinico e, soprattutto, una drastica diminuzione dell’accumulo dei farmaci rinvenuto durante le perquisizioni dalla polizia penitenziaria.
Tuttavia, a causa del prolungamento dei tempi legati alla somministrazione del farmaco, emerge la necessità di aumentare il personale sia infermieristico sia di polizia penitenziaria. Se da un lato c’è stata una diminuzione del consumo di farmaci a causa delle sospensioni dovute a persone che rifiutavano di assumere la terapia a livello ambulatoriale, dall'altro lato ci potrebbe essere un aumento del costo dovuto all'aumento dell'impegno di monte ore dedicato all’attività di somministrazione in ambulatorio sia per quanto riguarda il personale sanitario che penitenziario.
Con la somministrazione ambulatoriale aumenta l'aderenza terapeutica
Lo scopo di tale studio è quello di verificare se la somministrazione della terapia farmacologica ambulatoriale, presso la Casa Circondariale Bologna, possa diminuire i casi di overdose e di accumuli di farmaci, utilizzati successivamente per altri scopi.
Questi eventi avversi sono dovuti al fatto che la consegna delle terapie ai detenuti avviene, nella maggior parte delle realtà delle carceri italiane, in cella e ciò spesse volte non permette di avere un controllo efficace, da parte del personale sanitario, della corretta modalità di assunzione del farmaco.
Il risultato emerso è che con la somministrazione ambulatoriale si ha un maggior controllo dell’effettiva ed appropriata assunzione della terapia da parte delle detenute e, di conseguenza, si verifica una drastica diminuzione dell’accumulo dei farmaci nelle celle. Infatti, durante il periodo in esame, non sono stati riscontrati casi di overdose, a fronte dei due casi registrati nel periodo gennaio-aprile 2020, o di mancata assunzione e conseguente conservazione di farmaci in cella ai fini di scambio con altri oggetti all’interno del carcere.
Il metodo applicato è risultato nel complesso efficace, sebbene siano significativamente aumentati i tempi legati alla somministrazione della terapia , in quanto la detenuta deve essere accompagnata presso l’ambulatorio, deve essere atteso il tempo di assunzione e poi essere ricondotta alla propria cella.
L’aspetto che è fondamentale sottolineare è che gli elementi negativi sono del tutto risolvibili, in quanto non legati direttamente all’efficacia del modello proposto in studio, ma all’organizzazione interna.
L’aspettativa è, dunque, quella di ottimizzare i tempi di somministrazione, mantenendo il modello proposto in studio come quello maggiormente efficace, ma con una miglior riorganizzazione del personale infermieristico e della polizia penitenziaria.
Con questo risultato, è apparso possibile stabilire i miglioramenti che il modello proposto in esame ha apportato alla fase di somministrazione dei farmaci, nonostante le criticità legate allo studio stesso, quali il breve periodo preso in analisi e malgrado l'emergenza sanitaria in cui è stato svolto.
Articolo a cura di G. Gerardi e F. Sorbelli
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