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COVID-19

Sanitari no vax sospesi, tema di costituzionalità sulla legge

di Redazione Roma

La Consulta si pronuncerà in relazione alla legittimità costituzionale della norma che prevede la sospensione dello stipendio ai sanitari inadempienti all’obbligo di vaccinazione contro il Covid-19. La vicenda prende il la dal ricorso proposto contro il provvedimento mediante il quale l’Asst Fatebenefratelli Sacco di Milano aveva sospeso dal servizio, con privazione della retribuzione, un’operatrice no vax (monoreddito e con un figlio a carico). Da parte sua, nello scorso giugno il Tar della Lombardia aveva chiesto una valutazione della Consulta, ravvisando la possibile incostituzionalità della normativa che lascia senza lavoro e stipendio i sanitari che non intendono vaccinarsi.

Sospensione sanitari no vax e la questione di costituzionalità della legge

Il Collegio ha rilevato che la privazione di ogni forma di sostegno economico ai sanitari inottemperanti all’obbligo vaccinale vìola la dignità di ciascun individuo.

Spetterà alla Consulta pronunciarsi in merito alla legittimità costituzionale della norma che prevede la sospensione dello stipendio ai sanitari inadempienti nei confronti dell’obbligo vaccinale anti Covid-19. Si tratta del risultato della dell’ordinanza n. 1397 del 16 giugno 2022 con il quale il Tar della Lombardia (Milano) ha sollevato il tema della costituzionalità dell’articolo 4, comma 5, del decreto legge n. 44 del 1° aprile 2021 (“Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da Covid-19, in materia di vaccinazioni anti Sars-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici”), convertito dalla legge n. 76 del 28 maggio 2021 (“Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, recante misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da Covid-19, in materia di vaccinazioni anti Sars-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici”) e successive modificazioni (legge n. 3 del 21 gennaio 2022 e legge n. 52 del 19 maggio 2022, rispettivamente: “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172, recante misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da Covid-19 e per lo svolgimento in sicurezza delle attività economiche e sociali” e “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, recante disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell’epidemia da Covid-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza”).

Il riferimento è nella parte in cui dispone per il periodo di sospensione dall’esercizio della professione sanitaria non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato. Norma che – recita l’ordinanza – trascura il valore della dignità umana, specie ove si consideri che la sospensione da qualunque forma di ausilio economico del dipendente non trova causa nel venir meno di requisiti di ordine morale.

L’ordinanza del Tar Lombardia

La vicenda prende origine dal ricorso proposto nei confronti del provvedimento con il quale l’Asst Fatebenefratelli Sacco di Milano aveva sospeso dal servizio, senza retribuzione, un’operatrice no vax (monoreddito e con un figlio a carico) che, appunto, aveva rifiutato di sottoporsi alla vaccinazione anti Covid-19.

In particolare, la ricorrente aveva chiesto l’annullamento del provvedimento di sospensione per violazione del divieto di discriminazione sui luoghi di lavoro dei lavoratori del settore sanitario che, nell’esercizio della libertà di autodeterminazione nella scelta dei trattamenti sanitari, abbiano ritenuto di non sottoporsi alla vaccinazione obbligatoria.

La stessa, poi, aveva anche invocato la concessione, in via cautelare, di un assegno di natura assistenziale al pari dei dipendenti pubblici sospesi dal servizio in pendenza di un procedimento disciplinare o penale – articolo 82 (Assegno alimentare) del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957 n. 3, che recita: All’impiegato sospeso è concesso un assegno alimentare in misura non superiore alla metà dello stipendio, oltre gli assegni per carichi di famiglia e articoli 67 e 68 del Ccnl comparto Sanità).

Il tutto accompagnato dalla richiesta di sollevare la questione di legittimità costituzionale della norma in questione per violazione del principio ragionevolezza di cui all’articolo 3 della Costituzione (Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese). Richiesta che il Tribunale amministrativo regionale ha accolto.

Da parte sua, il Collegio ha rilevato che la privazione di ogni forma di sostegno economico ai sanitari inottemperanti all’obbligo vaccinale sia vìola il principio generale secondo cui la dignità di ciascun individuo deve essere preservata assicurandogli i mezzi necessari per vivere, sia determina un ingiustificato peggioramento delle condizioni di vita dei lavoratori dipendenti, sia per via della proroga dell’obbligo di sottoporsi a vaccinazione, sia per via dell’abrogazione dell’obbligo condizionato del datore di lavoro di adibire il dipendente che non abbia adempiuto all’obbligo vaccinale a mansioni diverse.

Da qui l’ordinanza secondo cui il provvedimento di sospensione adottato dall’Azienda sanitaria milanese priva la ricorrente dei necessari mezzi di sostentamento per un periodo temporale eccessivamente dilatato, verosimilmente destinato ad essere ulteriormente prorogato, ove la pandemia non dovesse regredire, atteso che è irragionevole ritenere che la mancata corresponsione di una misura di sostegno per tutto il periodo di durata della sospensione dal servizio sia un sacrificio tollerabile rispetto ai fini pubblici da perseguire.

Giornalista

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