“Scusa signore infermiere… Se ho trovato il coraggio di confidarmi con te è perché sono completamente nelle tue mani e so che posso contare sul tuo aiuto”. Recita così una lettera che ha commosso il web. A "firmarla", un anonimo neonato, che con una semplicità ed una dolcezza che solo ai neonati è concessa, ripercorre passo per passo quello che prevede l’approccio Nidcap.
Scusa signor Infermiere: La lettera del neonato che ha commosso il web
Pss, ehi!
Scusa signore infermiere, sono il neonato che è affidato alle tue cure. Mi puoi ascoltare? Lo so che hai un’attività faticosa; riconosco che ti do molto da fare, ma vorrei dirti alcune cose che possono aiutare te a fare meglio il tuo lavoro e, nello stesso tempo, possono favorire il mio benessere.
Quando ero nella pancia della mia mamma stavo proprio bene, ero sempre caldo e al calduccio.
Non toccarmi con le mani gelide e non usare acqua fredda quando mi lavi: mi vengono certi brividi!
Tieni sempre la mia pelle asciutta, sai?! Con l’evaporazione c’è una forte dispersione di calore.
Se faccio fatica a riscaldarmi puoi usare l’umidificatore ad aria calda (questo sistema concorrerà anche a impedire che io mi disidrati) e il materassino ad acqua calda (attento però a non scottarmi!) e puoi farmi indossare berrettino e scarpette di lana (mi sento sempre molto elegante quando mi metti questi indumenti, soprattutto quando ne coordini il colore).
Per verificare la mia omeostasi termica (mi sembra si dica così) controllami regolarmente la temperatura: tu lo sai che se mi raffreddo sono maggiormente predisposto all’emorragia intra-ventricolare e posso andare incontro a ipoglicemia, acidosi metabolica, ecc. (devono essere cose molto gravi se mi succedono, l’ho capito dal tono di voce con cui ne parlava il medico che mi sta curando).
Quando ero nella pancia della mia mamma mi sentivo raccolto e protetto: il mondo era proprio piccolo lì dentro!
Mantienimi sempre in una posizione comoda e raccolta e limita lo spazio del mio corpo con dei teli arrotolati. Mettimi sopra un materassino ad acqua o in amaca (era proprio forte stare nel liquido amniotico: assumere una posizione raccolta in una struttura mobile e non rigida mi dà la sensazione di continuare l’esperienza).
Quando ero nella pancia della mia mamma i suoni mi arrivavano molto attutiti, ovattati.
Puoi parlare a bassa voce, per cortesia?! Allontana la mia culla da fonti rumorose (telefoni, scarichi dell’acqua) e fa’ in modo che gli allarmi dei monitor, a cui sono collegato, non suonino inutilmente.
Non chiudere con violenza gli oblò e non lasciare cadere oggetti sul plexiglas della culla (ogni volta mi prendo quegli spaventi…!).
Quando ero nella pancia della mia mamma non c’erano luci forti che mi disturbavano e accecavano i miei occhi.
Sto proprio bene quando copri la mia culla col telo blu (posso farmi certe dormite…!), ma quando non puoi riparare la mia incubatrice cerca di usare luci soffuse e indirette (mi disturbano meno).
Quando ero nella pancia della mia mamma sentivo il suo cuore battere, ascoltavo quando lei e il mio papà mi parlavano, percepivo suoni dolci che mi aiutavano a rilassarmi.
Fa’ restare i miei genitori accanto a me più tempo possibile (con loro mi sento sicuro!).
Se puoi, continua a farmi sentire le loro voci anche quando non ci sono e/o non possono venire a trovarmi: usa un registratore con delle audiocassette da loro registrate.
Fammi ascoltare anche della musica dolce, a basso volume (evita però quei carillon che hanno suoni forti e metallici: forse sarò delicato, ma proprio non li sopporto!)
Mi piace molto, poi, quando mi parli o canti dolcemente e non fai manovre brusche su di me: mi aiuta proprio un sacco! Quando ero nella pancia della mia mamma nessuno mi pungeva, nessuno strappava cerotti dalla mia pelle, nessuno mi faceva male, ma mi sentivo protetto e coccolato.
Se stai facendomi un’iniezione o qualche altra manovra che mi può provocare dolore o comunque disagio e stress, consulta e adotta i protocolli che hai a disposizione perché io non senta male e dammi la possibilità di sopportare meglio la manovra offrendomi un succhiotto o qualcosa da stringere in mano.
Devi farmi un prelievo? Senti prima se è proprio necessario (non ti chiedo però di diventare polemico!) o se qualcuno deve valutare qualcosa in più nel mio sangue, per non farmi correre il rischio di essere punto, a breve distanza, un’altra volta. Ti do un consiglio personale: se mi devi controllare BT e/o Htc, fai contemporaneamente anche l’HGT e, dove valuti utile, anche l’emogasanalisi).
E poi, ti prego: non attaccare cerotti direttamente sulla cute delicata, ma proteggi la mia pelle con garze e cotone e appiccica i cerotti su questi. Se i cerotti sono proprio necessari, riduci il più possibile la superficie da far aderire alla mia pelle e quando poi li devi staccare, bagnali prima con acqua. “Laterizza” il più possibile l’applicazione degli elettrodi a cui collegherai le pinze del cardiomonitor (sapessi come sto male quando sono in posizione supina e le pinze stesse premono contro il mio torace e il mio addome).
Se il medico ha prescritto dei farmaci da somministrare per via intramuscolare, vedi se me li puoi dare per via orale oppure, se ho una via infusiva continua, per via endovenosa.
Quando ero nella pancia della mia mamma mi sentivo sempre capito. Non essere distratto e cerca di capire il linguaggio che uso anche se è diverso dal tuo; cerca di interpretare i miei bisogni; cerca di capire quando non riesco più a sostenere situazioni di stress e sospendi o fai sospendere le manovre (ci sono dei momenti in cui anche le carezze, le coccole, che tanto mi piacciono, mi disturbano e mi agitano). Ho vari modi per “suonare il campanello” e avvertirti che ho fame, ho freddo o caldo, ho male oppure ho semplicemente bisogno di coccole:
A volte piango, non ignorarmi!
A volte è il mio cuoricino che trasmette dei messaggi o “correndo” forte forte o rallentando la sua corsa.
Altre volte comunico anche con il respiro, o aumentandone la frequenza o andando in apnea.
Se invece sono sfinito, mi deprimo e soffro in silenzio e senza muovermi: vorrei tanto che tu mi capissi e mi aiutassi.
Vorrei svelarti anche l’ultimo segreto sui miei segnali comunicativi: a volte anche quando sbadiglio ti rivelo il mio disagio. Quando ero nella pancia della mia mamma potevo dormire quanto volevo e nessuno mi svegliava.
Se ti è possibile, rispetta i miei ritmi sonno-veglia; se dormo profondamente e non hai delle urgenze, ritarda il cambio, posticipa la visita, l’iniezione, il prelievo… (sapessi come mi sento affaticato e irritato quando, ogni pochi minuti, qualcuno mi manipola).
Quando ero nella pancia della mia mamma ero in un ambiente sterile e pulito.
Lavati le mani prima di toccarmi, accarezzarmi e coccolarmi ed evita di rivolgerti poi al mio amico, vicino di culla, senza esserti rilavato. Quando ero nella pancia della mia mamma mi piaceva tanto succhiare.
Dammi sempre un succhiotto anche quando mi alimento con gavage: mi aiuta a stimolare una suzione attiva. E poi il succhiotto per me è uno strumento consolatore (e se devo dirti la verità, in molti momenti è proprio indispensabile!).
Ecco, ho finito!
Se ho trovato il coraggio di confidarmi con te è perché sono completamente nelle tue mani e so che posso contare sul tuo aiuto.
Sono consigli semplici quelli che ho cercato di darti, ma la loro attuazione è fondamentale affinché questa mia prima esperienza di vita non incida negativamente sul mio futuro.
Ciao signore infermiere e… grazie mille!
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