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Studenti infermieri inquieti, smarriti e frustrati

di Monica Vaccaretti

Gli studenti di sanità, sia quelli di medicina che di infermieristica, si sentono molto impegnati a diventare medici ed infermieri e a migliorare la vita e la salute dei pazienti ma si dicono fortemente frustrati. Non solo perché i loro corsi accademici sono lunghi e spesso difficili, ma soprattutto perché hanno la sensazione di trascorrere gran parte del loro tempo in uno spazio liminale, ossia un "luogo non luogo" in quanto soltanto di transito in cui compiono un'esperienza altrettanto liminale che non li fa sentire del tutto appartenenti ad un sistema. Vivono male il passaggio da una condizione non conosciuta ad una sicura e viceversa. Pertanto si genera in loro un senso di inquietudine, smarrimento, ansia. A volte si sentono fuori posto, sottoutilizzati o molestati durante i tirocini clinici. Passano così molto tempo a mettere in discussione le scelte di vita. È quanto sostiene l'autore di un articolo pubblicato su The Lancet che, cercando di analizzare il fenomeno, avrebbe individuato alcuni fattori scatenanti della diffusa frustrazione che si sta registrando a livello globale tra gli studenti delle professioni sanitarie.

Impegnati a migliorare la salute, ma frustrati. Come stanno gli studenti sanitari

Anche gli studenti sono esposti allo stress generato dai sistemi sanitari

Pur riconoscendo che tale categoria di studenti è sempre stata leggermente insoddisfatta rispetto ad altre anche in passato, Jessamy Bagenal, redattore senior della prestigiosa rivista scientifica, ritiene che questo malessere generalizzato sia alimentato anche dal peso a cui sono tuttora sottoposti molti sistemi sanitari.

Già nel 2022 un sondaggio globale Ipsos indicava che tre intervistati su cinque riferivano che il loro sistema sanitario era sovraccarico e la situazione non pare migliorata nel 2023, quando molti paesi erano ancora in una fase di ripresa dopo la pandemia di Covid-19.

Sottolineando che sistemi sanitari sovraccarichi si traducono in operatori sanitari stanchi ed oberati di lavoro, come confermato anche dai recenti tassi di burnout e di dimissioni tra il personale sanitario in tutto il mondo, l'autore ricorda che anche gli studenti sono esposti allo stress generato dai sistemi sanitari in cui studiano e lavorano e rimarca che il loro burnout, se non peggiora, certamente non migliora in simili contesti.

Ribadisce che la situazione è certamente aggravata dalla crescente carenza globale di personale sanitario, ne mancano 43 milioni, nonostante l'aumento di investimenti e sebbene, tra il 2008 e il 2018, il numero annuale globale di laureati in medicina sia quasi raddoppiato e il numero di laureati in infermieristica sia triplicato. Pertanto risulta maggiormente sconcertante la scoperta che un numero considerevole di questi studenti sia oggi così scoraggiato dalla fatica quotidiana di prendersi cura dei pazienti in sistemi sanitari sovraccarichi e con scarse risorse da non riuscire a vedere il loro futuro nella cura diretta del paziente.

Per indagare su questo aspetto presenta i risultati di un'indagine conoscitiva condotta tra oltre duemila studenti di medicina e di infermieristica provenienti da 91 paesi che evidenzia dati preoccupanti che necessitano di attenzione urgente per affrontare il problema. Dal rapporto “Clinician of the future 2023: Education Edition” emerge infatti che il 62% degli studenti di infermieristica e il 54% degli studenti di medicina, complessivamente in media il 58% degli studenti a livello globale, vede i propri studi e la pratica clinica come un trampolino di lancio verso una carriera che non implicherà il trattamento diretto dei pazienti o verso qualcos'altro.

Analogamente un altro sondaggio condotto nel Regno Unito su circa il 25% della popolazione studentesca di medicina indica che uno studente su tre prevede di lasciare il Servizio sanitario nazionale (NHS) entro due anni dal conseguimento del titolo e che il 3% degli studenti ha intenzione di abbandonare del tutto la medicina. Il 60% degli studenti di assistenza sanitaria è preoccupato per la propria salute mentale. La maggior parte degli studenti di assistenza sanitaria dichiara di non essere soddisfatta del modo in cui viene fornita.

Una delle ragioni che causano tanta insoddisfazione può essere anche il fatto che ai giovani studenti spesso non vengono offerte opportunità significative di partecipazione alla leadership e alla governance delle scuole di formazione e specializzazione o dei sistemi sanitari. Questa mancanza di opportunità è particolarmente evidente nella pratica clinica dove si ritiene che soltanto l'esperienza e la gerarchia siano indicatori di conoscenza e di capacità di contribuire al cambiamento e al miglioramento organizzativo.

Dovrebbe essere invece riconosciuto che gli studenti di assistenza sanitaria hanno grandi obiettivi, conoscenze ed energie per migliorare la vita delle persone e la propria. Sebbene vi sia il rischio di esaltare le generazioni più giovani e di affidare loro l'onere di risolvere i deficit e i problemi che le generazioni più anziane hanno creato o non sono riuscite ad affrontare all'interno di una professione, l'autore ritiene che dovrebbero concedere loro tali opportunità.

Le professioni sanitarie devono sfruttare le idee e le priorità dei giovani studenti

Laddove succede, gli studenti hanno dimostrato ampiamente di saper affrontare le sfide più urgenti nel campo della salute, dal miglioramento dei programmi di studio sino a quelli di medicina preventiva e di salute pubblica, settori nei quali dichiarano di sentire di poter esercitare un ruolo fondamentale.

Per mantenerli nelle professioni che hanno scelto, è necessario pertanto dare loro voce ed assegnargli un posto nel processo decisionale, nella leadership e nella governance, da quella locale a quella internazionale. Le professioni sanitarie devono sfruttare le idee e le priorità dei giovani studenti, in genere più aperti ad accettare cambiamenti e a sostenerli.

Occorre elevare e potenziare il loro ingegno avendo cura altresì del loro benessere, misurandolo e costruendo attorno a loro una comunità solidale. Se si vuole creare un ambiente di lavoro clinico per loro più attraente, occorre fare in modo che gli studenti possano poter immaginare un futuro lavorativo in cui sono adeguatamente ricompensati, valorizzati ed ascoltati.

Considerando poi che sono generalmente tecno-ottimisti, ossia entusiasti della tecnologia e dell'intelligenza artificiale per le applicazioni nella diagnosi e nel trattamento, occorre tenere conto che possono essere maggiormente adatti a sviluppare quelle competenze necessarie per il lavoro virtuale della telemedicina nonché a realizzare il futuro digitale, descritto dagli esperti come un modo anche per alleviare la pressione sugli operatori sanitari e consentire loro di concentrarsi sulle interazioni assistenziali incentrate sulla persona.

Gli ultimi dati evidenziano tuttavia che gli operatori sanitari di tutto il mondo non godono ancora purtroppo dei benefici della salute digitale. Non risultano infatti segnalazioni di miglioramenti nella riduzione dei loro carichi di lavoro.

Sebbene sia stato ampiamente dimostrato che le tecnologie digitali possono migliorare il funzionamento dei sistemi sanitari, la diffusione delle innovazioni è ancora troppo lenta o difficile, anche a causa di un mercato altamente finanziarizzato dove esse vengono ancora considerate come imprese private supplementari piuttosto che come parte integrante del modello di assistenza.

Per risolvere questo ostacolo, l'autore suggerisce che i sistemi sanitari dovrebbero sviluppare capacità interne nella tecnologia sanitaria ovverosia smettere di esternalizzare servizi e contratti e regolamentare e modellare il mercato garantendo partenariati equi con il settore privato che abbiano, come principale obiettivo, il bene comune piuttosto che il profitto.

Considerando che gli studenti del settore sanitario, durante il percorso di formazione dell'identità professionale osservano ed imparano dai pazienti e da ciò che sperimentano i loro formatori e colleghi, Bagenal sottolinea che, sebbene non siano ancora completamente indottrinati nella professione, essi rappresentano tuttavia un utile specchio delle loro future professioni. Se non si interviene sul malessere espresso dai futuri professionisti della salute, l'autore avverte che si rischia di avere un'intera generazione frustrata di operatori sanitari.

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