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Ad un passo dal diventare Infermiere: come affrontare l’esame di Tirocinio 3?

di Sara Di Santo

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Qualche consiglio per accompagnarvi fino in fondo al capitolo “esami di tirocinio”.

Eccolo, è arrivato. L’esame di tirocinio 3, quello che sembrava sempre troppo lontano, troppo difficile, quasi un miraggio. È arrivato e con lui tutto il bagaglio di emozioni e di nozioni che può portarsi dietro un esame così importante per gli studenti infermieri. Cosa occorre mettere in campo per uscirne vincenti? Sé stessi!

Chi non lo prova sulla propria pelle non può saperlo; chi non vive in prima persona i tre anni di Infermieristica non può immaginare quanto sia impegnativo il percorso per diventare Infermiere.

Non si tratta tanto di fare paragoni con ipotetici tempi passati nei quali l’iter per diventare infermieri sarebbe stato più semplice (fare ed essere un infermiere non è stato, non è e non sarà mai semplice, perché si tratta di prendersi cura dell’essere complesso per eccellenza: l’uomo), quanto di sottolineare come, con il mutare della società e dell’uomo stesso, al bagaglio dell’infermiere si aggiungano sempre nuove competenze figlie del proprio tempo.

La si metta un po’ come si vuole, ma il fatto è che il Corso di Laurea in Infermieristica richiede una grande mole di lavoro, fisico e mentale, concentrato in tempi strettissimi e rigidamente cadenzati.

Sono tre anni durante i quali ci siamo misurati con situazioni che sono sempre parse più grandi di noi fino al momento in cui abbiamo realizzato di averle superate e che, dunque, così impossibili non erano.

Se il primo anno può essere definito quello dell’entusiasmo e il secondo quello della disillusione, non è difficile definire il terzo anno di Infermieristica come l’anno della consapevolezza.

È solo al terzo anno che, dandosi un’occhiatina alle spalle e proiettandosi necessariamente verso il futuro, si ha una visione abbastanza ampia di ciò che significhi fare l’infermiere.

È al terzo anno che si inizia realmente ad avvertire la sensazione di essere un (quasi)infermiere, perché i periodi di tirocinio si dilatano rispetto a quanto avveniva negli anni precedenti e la divisa di servizio inizia a diventare quasi una seconda pelle. Inizi a sentirla della tua taglia.

Si tratta di un anno denso, a tratti confuso, ma comunque ricco di conquiste importanti. Il passo lungo la corsia è diventato meno incerto, molte paure si scrostano dalla mente; certo, se ne presentano di nuove, ma il fatto di poter archiviare quelle che non ti facevano dormire i primi tempi è sintomo di una maturazione in corso.

 

Presa confidenza con le fondamenta della professione, superati gli imbarazzi dettati dal sentimento di inadeguatezza dal quale tutti, chi prima e chi dopo, siamo stati carezzati, si è giunti al tanto agognato e sì, anche un po’ temuto, esame di tirocinio 3.

Scappa un sorriso amaro quando si pensa a quanto fossimo impazienti di arrivare a questo punto del percorso, perché avrebbe significato la comparsa della “luce in fondo al tunnel” che ogni studente universitario attende con mistica devozione.

Sorriso amaro, dicevamo, perché non si era messo in conto che arrivati qui, ad un passo dall’avercela fatta, avremmo sentito un macigno così pesante sullo stomaco. Perché è così che ci si sente prima di sostenere l’esame di tirocinio 3. A metà strada tra il sentirsi le ali ai piedi e l’essere stritolati da quantità indicibili di libri, dispense e ansie.

È come se si sentisse di avere tantissimo da perdere, come se un solo esame avesse il potere di decretare l’esito globale di un percorso di studi e di vita e lo facesse in modo perentorio, irrecuperabile.

È buffo come tutto ci sembri così insormontabile, quando siamo sotto pressione


Il fatto di aver già superato un discreto numero di esami universitari dovrebbe averci insegnato a mantenere una calma, almeno apparente; tuttavia, la preparazione all’esame di tirocinio 3 è tutto fuorché qualcosa di calmo e tranquillo.

Con le varie differenze possibili, dovute al proprio carattere e alle esperienze personali, tutti voi che siete in procinto di sostenere questo ultimo esame avete bisogno di ritrovare un punto fermo nel turbinio di emozioni che rendono altalenanti le vostre giornate di studio “matto e disperatissimo”.

Abbiamo stilato consigli per sostenere l’esame di tirocinio 1  ai quali sono seguiti quelli per affrontare l’esame di tirocinio 2 e vi suggeriamo di darci un’occhiata, perché sono regole che aiutano a fare ordine nel caos delle intense sessioni di studio e possono costituire una buona guida nei momenti in cui vi sembra di aver perso la bussola.

Tirocinio 3 è un esame veramente particolare e quello che ci sentiamo di consigliarvi in più rispetto a quanto già scritto è di metterci tanto di voi stessi. Così come avete fatto e farete nei contesti di cura reali.

Certo, dovrete studiare e faticare, ma del resto è quello che dovrete fare per il resto della vostra vita professionale; prendetela come una “palestra”.

Allo studio, però, dovete aggiungere la vostra personalissima componente umana, anche in sede d’esame e a maggior ragione all’esame di tirocinio 3, durante il quale dovrete dimostrare non solo di sapere, ma di saper sapere, saper fare e saper essere.

Siate furbi nell’utilizzare la vostra intelligenza, quella cognitiva e quella emotiva


Pensate, ad esempio, a quanto i principi dell’approccio al paziente con disturbi psichiatrici possano in realtà costituire il vero e proprio bagaglio umano dell’Infermiere in qualsiasi contesto: via libera, dunque, all’ascolto attivo, al linguaggio assertivo, all’instaurazione del rapporto di fiducia con l’assistito, all’empatia.

Sono tutti temi trasversali alle competenze infermieristiche e sicuramente sono temi che avrete già interiorizzato; si tratta solo di allenare il pensiero laterale e di capire in quanti innumerevoli contesti potrete farne un punto di forza.

Il terzo anno è anche quello dell’emergenza/urgenza: aiutatevi con i consigli che abbiamo citato sopra per studiare le procedure, la parte clinica e la parte assistenziale che riguarda queste aree, ma abbiate la cura di integrare il tutto anche con gli aspetti etici, quelli legali e quelli delle scienze umane.

Siete ad un passo dal diventare infermieri e dovete dimostrare (a voi stessi prima ancora che ai docenti) di essere in grado di dare un senso a quella che fino a pochi mesi fa si presentava come una massa informe di nozioni, un guazzabuglio di concetti.

Se riuscite a fare l’esercizio mentale di abbattere le barriere rappresentate dai nomi con i quali sono stati organizzati dalla vostra Università i vari esami, se guardate oltre le etichette, in un baleno vi accorgerete di come tutto il materiale sul quale avete sudato faccia parte di una cosa unica e non poi così disordinata.

Perciò non abbiate paura di utilizzare parte di nozioni apprese da un docente durante l’esame presieduto da un altro docente: la capacità di operare collegamenti ragionati è una delle doti più importanti di un infermiere e in sede d’esame sarà qualcosa di molto apprezzato da chi vi deve valutare e scoprirete, se non vi è già capitato prima, che sarà anche fonte di grande soddisfazione personale.

È sempre bello stupirsi di sé stessi, così come lo è regalarsi una pacca d’approvazione sulla spalla, quando la si merita.

Consapevoli del fatto che non si finisce mai di imparare e che, come scrisse Gianni Rodari, quel che non si sa è sempre più importante di quel che già si sa, vedrete come l’essere in grado di destrutturare, ragionare e collegare sarà pane quotidiano del vostro essere professionisti ed esseri umani a tutto tondo.

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