È un vero e proprio polverone quello che si è sollevato intorno alla delibera toscana sull’infermiere di famiglia. E ancora una volta sul campo ci sono due figure professionali che dovrebbero lavorare in team e invece si trovano di nuovo l’una a dar battaglia all’altra: medici e infermieri.
La delibera che scotta. Sul piede di guerra i sindacati
Tutto nasce dalla delibera della Regione Toscana che ha fatto proprio il modello dell’infermiere di famiglia. Per la professione è stata una gran bella notizia. Finalmente una regione crea un gruppo di lavoro e un progetto per quello che sembra essere il futuro degli infermieri italiani. Anche perché le cronicità sono in aumento e quella delle cure territoriali sembra essere l’unica soluzione. Obiettivo: il paziente.
Ma non tutti la pensano così. La prima a saltare sulla sedia è stata la Fimmg, Federazione italiana medici di famiglia. Che ha lamentato l’assenza della regola che gli infermieri agiscono sì in massima autonomia e responsabilità, ma per i compiti che il team assistenziale assegna loro
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Nursing Up: Non dipendiamo dai medici
Immediata la risposta del Nursing Up, il sindacato degli infermieri, che per bocca del suo presidente Antonio De Palma ha ribadito: L'infermiere non svolge compiti, ma garantisce una funzione che si sostanzia nell'alveo delle competenze, delle abilità e delle conoscenze che lo stesso ha acquisito durante la sua formazione e che possono essere fondamento dei suoi interventi tecnico-assistenziali. Nella sostanza, quando si parla di assistenza infermieristica, si parla di un insieme di atti e competenze tecnico-scientifiche che il professionista infermiere decide e realizza in autonomia e, in questo senso, l'attività di équipe non è finalizzata a individuare i compiti dell'infermiere, ma invece ad integrare ed ottimizzare l’apporto soggettivo di ogni professionista coinvolto nel team, affinché tale apporto sia funzionale alle esigenze e ai bisogni dei pazienti
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Smi Toscana: Conflitti di competenza e disfunzioni
Ma i medici non sono disposti a cedere sulla questione scottante dell’infermiere di famiglia. Così anche lo Smi Toscana, l’ala regionale del sindacato medici italiani, prende carta e penna e scrive una nota per piantare bene i paletti. Vengono messi insieme piani diversi, operativi, diagnostici di fatto, organizzativi, di controllo e non vengono chiaramente distinti gli ambiti professionali, con rispettivi ruoli e funzioni, tra infermieri, medici di famiglia, medici di comunità, medici specialisti impegnati nel medesimo percorso assistenziale – scrive lo Smi Toscana -. Si parla solo in termini molto generici e, di conseguenza ambigui, di collaborazione, raccordo, interazione tra queste diverse figure
. Secondo il sindacato tutto questo costituisce un quadro ben diverso dal team multi-professionale di quel piano nazionale della cronicità cui, pure, fa riferimento la delibera della Regione Toscana
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Questo modello organizzativo – conclude il sindacato dei medici - potrebbe portare, per la sua indeterminatezza e genericità a conflitti di competenza, incomprensioni, disfunzioni e costi, di cui i pazienti e le loro famiglie pagherebbero il prezzo, demolendo quell'ottimo principio della integrazione efficiente delle cure e della sinergia efficace di tutte le professioni coinvolte
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