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editoriale

Specializzazioni infermieristiche: urge fare chiarezza sul riconoscimento europeo della formazione post-base

di Emiliano Boi

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LA SPEZIA. La libera circolazione delle persone, dei capitali, delle merci e dei servizi ha rappresentato il principale obiettivo del lungo processo di edificazione dell'Europa unita; tra le professioni intellettuali, le professioni sanitarie sono state le prime per le quali gli organi della Comunità hanno adottato misure per l'attuazione della libera circolazione.

 

Nel caso dei professionisti, il presupposto indispensabile ai fini della libera circolazione - come precisa l'art. 57 del Trattato istitutivo - è il reciproco riconoscimento dei titoli di formazione universitaria e di abilitazione all'esercizio dell'attività professionale, che richiede, a sua volta, l'armonizzazione da parte degli Stati membri, delle rispettive legislazioni in materia di percorsi formativi, per quanto concerne contenuti didattici, durata dei corsi, insegnamenti teorici, tirocini pratici e così via.

 

Il diritto comunitario ha cercato, nel corso del tempo, di assicurare il diritto di stabilimento e la libera prestazione di servizi garantendo il riconoscimento dei diplomi abilitanti, dal punto di vista tecnico giuridico, secondo modalità diverse.  In Italia l'attuazione della direttiva 2001/19/CE (che modifica le direttive del Consiglio relative al sistema generale di riconoscimento delle qualifiche professionali e le direttive del Consiglio concernenti le professioni di infermiere professionale, dentista, veterinario, ostetrica, architetto, farmacista e medico) si ottiene il 14 ottobre del 2003, data in cui viene pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto legislativo 8 luglio 2003, 277 (Supplemento Ordinario n.161 alla Gazzetta Ufficiale n. 239 del 14 ottobre 2003).

 

Il dato preoccupante è che dal 2003 ad oggi non c’è mai stato un aggiornamento delle tabelle di riconoscimento delle qualifiche professionali sanitarie e dei titoli universitari. E allora perchè non modificare il Decreto legislativo 277/2003 tenendo conto dei nuovi percorsi accademici? Quali sono i titoli universitari comunitari che consentono l'accesso alle funzioni specialistiche e dirigenziali degli infermieri? Dove stanno le nuove tabelle che consentono agli infermieri comunitari di poter circolare liberamente e di poter vedere garantito il riconoscimento professionale e specialistico conseguito nel proprio Paese?

 

Il problema diventa ancora più rilevante se si tiene conto che in numerosi Paesi dell'U.E. la professione infermieristica ha già portato a termine il processo di valorizzazione del proprio profilo, con funzioni specialistiche ed avanzate che in Italia risultano ancora attualmente misconosciute (si pensi ai percorsi accademici che seguono i "Nurse practitioner prescriber" inglesi o gli "Enfermeros prescriptores" spagnoli, ma gli esempi di percorso accademico infermieristico europeo potrebbero essere innumerevoli). In tutta Europa è stato ridisegnato il percorso accademico degli infermieri ma, seppur velatamente, la scelta in merito alla formazione di base e specialistica è stata adottata autonomamente dai singoli Paesi.

 

In Italia l'attuale percorso di laurea triennale in Infermieristica  è stato ridefinito con DM 19 febbraio 2009; per il percorso di laurea magistrale  - (ex Laurea specialistica) è stato emanato il DM 8 gennaio 2009.  Ciò che davvero appare difficile da comprendere è come mai le istituzioni italiane, che dovrebbero "rappresentare e tutelare" la professione sanitaria infermieristica, non abbiano messo in evidenza, già nel 2009,  che in diversi Paesi europei, uno fra tutti la Spagna, la laurea specialistica in scienze infermieristiche non esiste!  In Spagna, infatti, la laurea in infermieristica è quadriennale "a ciclo unico" (240 crediti formativi europei) e per poter ambire alle funzioni specialistiche, dirigenza compresa, è necessario conseguire un master post-base da 60 crediti formativi, per raggiungere così i 300 crediti formativi europei per l'esercizio delle funzioni Dirigenziali/Specialistiche.

 

Tenuto conto che la direttiva 2001/19/CE sottolinea l'importanza del concetto di "formazione regolamentata" e che l'Unione europea, anche con la successiva direttiva 2005/36/CE, ha stabilito che gli Stati membri "debbono tener conto dei titoli accademici conseguiti dai professionisti", nonché "l'esperienza professionale acquisita dagli esercenti in uno Stato membro", considerata la "rilevanza comunitaria" della materia personalmente rintengo sia prioritario richiedere una urgente modifica del Decreto legislativo 277 del 2003; in questo modo si potrebbe fare chiarezza sull'adeguamento della formazione di base e specialistica a garanzia del diritto di libera circolazione e di reciproco riconoscimento formativo di base e specialistico.

 

Ad ogni buon fine credo possa essere utile ribadire che già nel 2000 uno studio commissionato dalla Commissione Europea per esaminare la situazione delle professioni infermieristiche in Europa (XV/98/09/E) permise di distinguere gli Infermieri in diverse categorie:  "General care Nurses", "Branch Nurses" e "Post-basic Specialist Nurses"; lo stesso studio portò straordinariamente alla luce il livello di arretratezza dell'offerta di formazione specialistica post-base italiana rispetto a quella dei restanti Paesi dell'Unione Europea.  Lo Studio paradossalmente non rivestiva carattere vincolante per la stessa Commissione Europea ed in regime di un mancato accordo tra gli Stati membri in merito al reciproco riconoscimento della formazione post-base l'Unione Europea sostanzialmente lasciò decidere agli stessi Paesi quali percorsi formativi specialistici offrire e quali politiche adottare in materia di tutela ed autonomia professionale.

 

In questo marasma normativo europeo, che di fatto ha demandato ai singoli Paesi le scelte da adottarsi, sono ormai centinaia di migliaia gli infermieri italiani che, da tempo, si domandano quando la professione infermieristica smettera' "di essere pensata da altri" e quando invece "inizierà a pensare a se stessa", non fosse altro che per vedere tutelata la propria dignità di professione intellettuale cosiddetta "regolamentata".

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