L'Operatore Socio Sanitario è colui che, a seguito di un percorso formativo e del conseguimento di un attestato di qualifica, svolge attività finalizzate a soddisfare i bisogni primari della persona favorendo il suo benessere e la sua autonomia. Tuttavia, sebbene risalga al 2001 l'istituzione di questa figura, ancora oggi risulta essere una tematica ampiamente dibattuta. Per questo motivo una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Air ha provato a fare un po' più di chiarezza rispetto al ruolo dell'Oss e alla sua autonomia all'interno dei contesti ospedalieri.
Operatore Socio Sanitario: quali attività può svolgere in autonomia?
Risale al 22/02/2001 con l'Accordo Stato Regioni l'istituzione della figura dell'Operatore Socio Sanitario visto come un supporto all'assistenza sociosanitaria che, a seguito del conseguimento dell'attestato di qualifica ottenuto al termine di un percorso di studi, svolge un'attività indirizzata a soddisfare i bisogni primari della persona.
Tuttavia, dopo quasi 20 anni dall'inserimento di questa figura, il suo campo di autonomia e competenza è ancora molto dibattuto, in Italia così come anche all'estero. A fronte di questa situazione alcuni componenti del gruppo ECOSS (Evoluzione delle Competenze degli OSS) hanno condotto uno studio mirato ad indagare le attività degli operatori socio sanitari nei contesti ospedalieri.
La ricerca è stata condotta nel 2017 nei reparti di area medica, geriatrica e chirurgica di 17 ospedali del Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Lombardia. In totale sono state incluse 28 Unità Operative ed osservati 56 Oss.
Per ogni reparto sono stati selezionati due operatori socio sanitari secondo determinate caratteristiche fra le quali quella di lavorare nel reparto continuativamente da almeno un anno a tempo pieno e quella di essere considerato un "bravo" Oss dal coordinatore infermieristico.
Inoltre sono stati formati due infermieri (non conosciuti dal personale) per ogni Unità Operativa che hanno raccolto i dati mediante l'affiancamento degli Oss nei turni di mattina e pomeriggio per un totale di 14 ore.
Le variabili indagate erano diverse: caratteristiche sociodemografiche dell'Oss (genere, età, esperienza lavorativa), variabili correlate alle attività dell'Oss (assistenza diretta e indiretta), motivazioni che hanno spinto l'Oss a svolgere attività non pertinenti al suo profilo, variabili legate all'unità operativa (rapporto infermieri-pazienti e oss-pazienti, modello assistenziale, centralinizzazione dei servizi) e alla struttura ospedaliera (numero posti letto, pulizie ambientali, distribuzione pasti).
Osservazione della pratica Oss
È stato visto come gli Oss per il 67,7% del tempo totale osservato svolgano attività prettamente legate all'assistenza diretta mentre, per quanto riguarda le attività legate all'assistenza indiretta, queste occupano complessivamente uno spazio temporale nettamente inferiore:
Attività di assistenza diretta | Attività di assistenza indiretta |
Cure igieniche (18,4%) | Attività domestico-alberghiere (13,8%) |
Mobilizzazione e posizionamento (16,7%) | Interventi organizzativi e relazionali con team (11,2%) |
Alimentazione (15,4%) | Attività igienico sanitarie ambientali (4,8%) |
Rilevazione dei parametri (6,6%) | Trasporto materiali e documenti (2,5%) |
Tecniche assistenziali semplici (4,9%) | |
Trasporto del paziente (4,0%) | |
Attività relativa alle terapie (1,7%) |
Il tempo dedicato all'assistenza diretta e indiretta è influenzato significativamente dalle dimensioni dell'ospedale: più è grande l'ospedale e più aumenta il tempo dedicato all'assistenza indiretta, in particolare all'igiene ambientale.
Anche in base al reparto abbiamo significative differenze: nei reparti di area medica/geriatrica aumenta il tempo di assistenza diretta rispetto a quelli di area chirurgica, in particolare quello per le cure igieniche. L'aumento si stima essere di un'ora in più e, probabilmente, è relativo alla maggior instabilità clinica del paziente dopo un intervento chirurgico il quale richiede, pertanto, un monitoraggio infermieristico.
Il rapporto pazienti/Oss non incide sul tempo, mentre quello infermieri/pazienti sì: minore è il numero dei pazienti in carico per l'infermiere e maggiore è il tempo dedicato dagli Oss alle attività di assistenza indiretta. Al contrario, se il carico di lavoro degli infermieri è maggiore, maggiore sarà anche il coinvolgimento degli Oss nell'assistenza diretta a scapito di quella indiretta.
Infine, per quanto riguarda le consegne infermieristiche, si è osservato come la maggior parte degli Oss partecipi prendendo appunti su fogli o strumenti creati ad hoc. Spesso chi non partecipa è perché garantisce altre attività durante le consegne, come la risposta ai campanelli.
Infermieri e Oss: attività e autonomia a confronto
Sono state osservate tutte quelle attività che appartengono all'area di confine con la competenza infermieristica. Successivamente è stato chiesto agli Oss di spiegare le motivazioni che li hanno spinti a svolgere in autonomia attività non prettamente concernenti il loro profilo.
Macro-attività | Attività |
Attività relative alle terapie |
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Alimentazione |
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Tecniche assistenziali |
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Mobilizzazione e posizionamento |
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Rilevazione parametri |
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Cure igieniche |
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* Numero di Oss che hanno svolto l'attività in autonomia almeno una volta nel turno lavorativo |
Dalla tabella possiamo osservare le diverse attività di confine maggiormente svolte: dalla mobilizzazione alle cure igieniche nei pazienti instabili, dalla sostituzione delle flebo alla registrazione dei parametri nella cartella infermieristica.
Molte le attività svolte che riguardano la terapia infusionale e la motivazione principale che viene fornita consiste nell'autonomia percepita grazie all'esperienza lavorativa, al bagaglio di conoscenze e alla manualità acquisita nel tempo.
Chiudere, cambiare e impostare la velocità di una flebo ormai le sento come mie competenze, anche se credo non lo siano
La sostituzione della flebo con altre già pronte, ad esempio, è emersa essere un'attività spesso eseguita dagli operatori socio sanitari allo scopo di aiutare l'infermiere a velocizzare l'assistenza riducendogli, così, il carico lavorativo:
Cambio io le flebo, perché con tutto il lavoro che deve fare e con tutti i pazienti che segue l'infermiere, finirebbe con il metterle su a tarda sera. Quando sono arrivata qui mi hanno formata a farlo, anche perché altrimenti i pazienti aspettano, perché l'infermiere non li cambia
Alcuni Oss operano in autonomia anche in base alla relazione instaurata con l'infermiere di turno e al feedback positivo ricevuto dall'infermiere prima di svolgere l'attività in autonomia:
È l'esperienza che mi permette di operare in tranquillità, se succede qualcosa mi basta chiamare gli infermieri e loro sono presenti. È la fiducia e la conoscenza reciproca che fa la differenza
So che avrei dovuto chiamare l'infermiere, ma questo comporta l'interruzione delle attività, ma io lo so fare e l'infermiere si fida di me, perché mi ha visto, quindi prendo l'iniziativa di agire in autonomia
Lo studio però prende anche in considerazione il fenomeno della routine che rischia di far adottare metodiche non di buona pratica come cambiare la flebo del CVC la cui responsabilità è dell'infermiere oppure pensare che se fai andare una flebo a velocità media non sbagli mai
.
A fronte di questa panoramica di ruoli e di competenze proprie dei contesti ospedalieri, la sfida per il futuro — sottolinea la ricerca — non consiste tanto nell'ulteriore delimitazione dei confini degli Oss, quanto più nella maggiore integrazione di questa figura assistenziale da parte dell'infermiere nel percorso del paziente e nelle scelte assistenziali in rapporto alla preparazione, competenza ed esperienza dell’operatore socio sanitario.
Eva D'Onofrio
3 commenti
Confidiamo in un cambiamento in meglio
#2
Bellissimo articolo. Come OSS unica strada formativa per migliorarsi, nonostante l'elevato carico di lavoro e l'ampio ventaglio di prestazioni che esegue, fatta eccezione per successivi corsi e corsetti vari contemplati dalle normative nazionali ma anche no, è una laurea nel settore delle professioni sanitarie. Io propenderei allora per l'istituzione di un corso di laurea per professione "socio-sanitaria" perché ad un certo punto diventa una questione di dignità personale anche il riconoscimento accademico. Essere stigmatizzati in quanto non laureati non è cosa bella, iscrivermi ad un corso di laurea in infermieristica si può fare e si fa, certo, ma non è la stessa cosa secondo me.. Speriamo in meglio. Saluti.