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Noi Infermieri e la sicurezza

di Fabio Albano

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GENOVA. Da alcuni anni si parla di "SICUREZZA", " RISK MANAGEMENT", "RISCHIO CLINICO", "ERRORE" e "BENESSERE ORGANIZZATIVO". Si stanno interessando a queste tematiche Infermieri Magistrali, responsabili S.P.P., alcuni esponenti della Direzioni Sanitarie, pochi illuminati Direttori Generali, pochissimi Infermieri Coordinatori e ancor meno Infermieri di front-line.

Ma perchè così poca attenzione verso un argomento così importante per le sorti dei Pazienti, degli operatori di frontiera e per quelle delle aziende sanitarie? A questa domanda, che chiunque si sia avvicinato al Rischio Clinico sicuramente si è posto, non si può rispondere con una sola battuta, c'è bisogno di un minimo di analisi della situazione; anzi non sono bastati, a fornire una risposta esauriente e concreta, volumi e volumi scritti in merito da esperti in materia, non saranno, quindi, sicuramente esaustive queste poche righe. In queste, altrettanto, poche pagine si cerca di esporre ciò che Infermieri e Coordinatori, operatori di frontiera, dovrebbero riuscire a immagazzinare ed esprimere nella quotidianità lavorativa.

 

Sicurezza, Risk Management, Errore e Rischio Clinico sono solo parti del Benessere Organizzativo a cui, quindi, tutto andrebbe riferito. Non si può e deve pensare di poter ridurre il rischio, e quindi gli incidenti, se non si è creato un clima lavorativo, quantomeno, sereno. Neanche si deve pensare che le  parti sopra citate siano distinguibili a paratie stagne l'una dalle altre. Tutto è legato e concatenato e deve essere teso ad un unico obiettivo, la SALUTE del PAZIENTE.

 

Non si deve essere prosaici ma neppure mostrare una cecità inopportuna nel menzionare come argomentazioni valide alla bisogna la questione "ECONOMICA" e quella dell'"IMMAGINE" aziendale. Tutte queste dinamiche sono riferibili ad un contesto "OLISTICO" che oggi prende il nome di "APPROCCIO SISTEMICO", di cui verrà fatto cenno più oltre. Dopo questa lunga, ma doverosa, premessa si dovrebbero elencare alcune definizioni in merito; ma lasciamo, in chi avremo stimolato interesse, spazio alla ricerca nei volumi dedicati o più semplicemente su Internet.

 

Le macro categorie in cui si è soliti dividere la questione RISCHIO/SICUREZZA, sono essenzialmente un paio: la prima usa il metodo Cartesiano (RENE' CARTESIO 1596 - 1650)/Newtoniano (ISAAC NEWTON 1642 - 1727) che offre una visione "RAZIONALE", "ANALITICA" e "SCIENTIFICA". Questa visione "MECCANICISTICA" della vita è diventata il nostro modo di guardare il mondo, le relazioni e i sistemi. Il tutto viene visto come una macchina, come un qualcosa  che consiste di parti e di interazioni tra esse, sotto l'egida della matematica che riesce a trovare una formula per qualsiaisi situazione. Questa visione matematica, ossessionata per la misurazione degli eventi, è giunta sino ai nostri giorni.

 

Il  prodotto risultante è il razionalismo, che ha come conseguenza il riduzionismo, cioè quella tecnica che promette di provare a  comprendere i fenomeni complessi scomponendo le parti in frazioni sempre più piccole, sino al raggiungimento del livello più semplice. Per comprendere i fenomeni si deve andare sempre più in profondità, sempre più in basso, e così si tenta di fare quando si vuole cercare di comprendere e analizzare un errore. Il mondo Cartesiano riduce sempre e qualsiasi cosa, o evento, ad un meccanismo di causa ed effetto. Questo modello, che è poi quello relativo alla legislazione italiana (N.D.R.)., in caso di INCIDENTE o ERRORE, cerca sempre di trovare un "COLPEVOLE", un "RESPONSABILE", un pezzo "ROTTO" all'interno degli attori della scena. Non si preoccupa "MAI" di andare più in "SU" e "OLTRE" la scena del "CRIMINE".

 

A tutti i costi il responsabile deve essere o un pezzo meccanico che si è guastato o un "COMPORTAMENTO" scorretto personale, senza volersi preoccupare di tutto ciò che esiste a monte della scena. E qui entra in ballo la seconda Macro Categoria di cui si è fatto cenno più sopra, quella dell'"APPROCCIO SISTEMICO", e cioè quel metodo che si preoccupa di cercare e trovare le con-cause degli incidenti in ciò che non appare nel palcoscenico teatrale, ma si trova posto dietro le quinte.

 

Non si vuole assolutamente entrare nelle dinamiche sovra- strutturali che gli operatori di frontiera sono, obtorto collo, costretti a subire. Appare, decisamente, impossibile, a noi Infermieri FRONT-LINE, riuscire a modificare situazioni economiche e politiche, aziendali,  nazionali e sovra-nazionali; inoltre non vogliamo addentarci troppo in questi meandri, per non fornire un facile alibi a tutti noi, nel non produrre quell'impegno doveroso deontologicamente ed eticamente, teso a comportamenti umani e professionali virtuosi e quindi più prossimi alla sicurezza.

 

Per comportamenti virtuosi devono essere intesi non solo quelli meramenti espressi nelle azioni professionali quotidiane, ma pure quelli che consentono un'adeguata formazione e cultura professionale specifica, che superano il solo ed esclusivo apprendimento delle abilità tecniche. Troppo spesso si sente dire che non vale la pena di promuovere certe iniziative tanto non interessano a nessuno e non avranno mai un buon esito. Noi Infermieri, vogliamo ri-gettare certe considerazioni che appaiono sciocche e dimostranti livelli culturali professionali, e non,  bassi  e privi di qualsiasi capacità di contestualizzazione socio-economica.

 

Ritorniamo a bomba, e cioè a cercare di produrre, in poche righe, una spiegazione del modello sistemico.

 

Come già detto questo modello prova ad andare oltre la ricerca del "colpevole", che poi, molto spesso, altro non è che colui che resta con il cerino in mano. Esplicitato il fatto che non vogliamo addentraci nelle "situazioni" che non ci competono direttamente, concetto questo assolutamente opinabile, ma tranciante, appare doveroso inoltrarci in ciò che di differente, questo modello, può offrire rispetto al corrispettivo Cartesiano.

 

Esistono due situazioni che devono essere assunte come degli assiomi: la prima è che il sistema sanitario, almeno in alcune sue parti, vedi sala operatoria, è un "SISTEMA COMPLESSO" e quindi non può essere studiato ed interpretato con il solo metodo riduzionista.Infatti secondo il modello sistemico la citicità non va ricercata nel "pezzo" rotto, ma nella difficoltà di interazione fra i vari componenti i sistemi complessi.

 

La seconda è quella relativa alla fallibilità umana. L'essere umano viene visto come un elemento inserito all'interno di un sitema complesso e rappresentante, a seconda delle situazioni, un punto di forza o di debolezza. Per provare a comprendere meglio alcuni di questi concetti sarebbe opportuno documentarsi con ciò che importanti rappresentanti il mondo dell'aereonautica, che sono i pro-genitori di tutta la materia, hanno prodotto in merito; anche qui si lascia spazio alla libera volontà del singolo.

 

L'approccio sistemico, che parte da alcuni presupposti di cui uno è l'accettazione del fatto che l'uomo ha creato macchine e sistemi, talmente tanto complessi da non essere più in grado di gestire, cerca di analizzare l'errore e le sue eventuali cause, oltre quello che può risultare da una semplice istruttoria o da una ROOT CAUSE ANALYSIS.

 

Approcci di matrice cartesiana, utili a ricostruire la sequenza e a individuare un responsabile fattuale, ma non a mettere in evidenza le situazioni che sovra-intendono il cuore dell'incidente. Spesso le cause più recondite di eventi avversi, sono da ricercare nel sistema organizzativo. Ora, come detto più volte, escludendo le matrici economiche e quelle di strategia aziendale, restano, per noi Infermieri, da valutare i sistemi organizativi inerenti il reparto di appartenenza.

 

Responsabile dell'organizzazione di ogni reparto è, principalmente, il Coordinatore infermieristico, figura strategicamente fondamentale per il buon funzionamento settoriale; questa figura, che in questi anni ha arricchito il proprio bagaglio culturale,  si è dovuta dotare di nuove, indispensabili, peculiarità culturali, come le buone conoscenze in merito al Risk Management, all'Organizzazione e al Benessere Organizzativo.

 

Creare, come già accennato, un buon clima lavorativo permette una migliore comunicazione, la quale consente un approccio pro-attivo più sereno nella ricerca delle fallibilità del sistema, cercando di ridurre il rischio di errore. Creare questo volano positivo non è assolutamente cosa facile, così come, banalmente, può apparire dalla descrizione fatta sopra.

 

Ci vogliono buone conoscenze di base, da parte del Coordinatore, in tema di Benessere Organizzativo e anche di Psicologia. Sempre la figura del Coordinatore si deve saper dotare di quei strumenti che solo  le Non Technical Skill possono offrire e che sono: CONSAPEVOLEZZA SITUAZIONALE, DECISION MAKING, COMUNICAZIONE, TEAM-WORK, LEADERSHIP, GESTIONE DELLO STRESS, SOSTENERE LA FATICA. Appare quasi scontanto sostenere, ulteriormente, l'importanza del lavoro dei Coordinatori all'interno di un team. Non è più consentito, loro, un approccio al lavoro di gruppo di stampo autoritario ma privo di autorevolezza, un metodo di coordinamento superato negli anni da una disciplina culturale di stampo universitario.

 

Dopo aver, molto velocemente, analizzato la figura dei Coordinatori, è doveroso prendere, sempre molto rapidamente, in considerazione i doveri di noi Infermieri di front-line. Come già detto non appaiono più sufficienti le sole competenze tecniche se non corredate da un bagaglio culturale sufficiente a farci comprendere le potenzialità, nel bene e nel male, del nostro operato. Non ci si può più approcciare alla nostra professione disconoscendo i valori del nostro codice deontologico, dell'etica professionale e della, fondamentale, importanza della formazione in itinere. Sono finiti i tempi in qui si faceva il pieno di conoscenze una sola volta nella vita, nel periodo scolastico, e si era a posto per sempre.

 

Oggi il mondo del lavoro richiede competenze dinamiche che vanno sviluppate quotidianamente e nell'arco di tutta la carriera professionale. Un Infermiere con competenze tecniche eccellenti ma che non sa "vivere" all'interno di un gruppo di lavoro, o che non conosce le dinamiche relative alla sicurezza, è un collega potenzialmente pericoloso per i Pazienti e per il gruppo stesso.

 

Un mito da sfatare è quello della necessità, per ridurre il margine di rischio ed ampliare quello di sicurezza,  di organigici "pieni"; è stato valutato da Psicologi ed esperti del mondo del lavoro che la ridondanza numerica del personale non solo non abbatte le possibilità di errore, ma anzi tende ad aumentarle.

 

Un ultimo richiamo, anche questo doveroso, è legato al rispetto delle gerarchie, non può esistere gruppo di lavoro efficace ed efficiente se viene a mancare questo presupposto. Se la nostra professione vogliamo che diventi una professione intellettuale, non possiamo disconescerne i requisiti base, che altro non sono che quelli su indicati.

 

Come promesso non mi addentro nei meandri verticistici, ma un consiglio, e senza presunzione, appare doveroso: implementare il senso di appartenenza aziendale dei dipendenti. Solo così si possono risolvere criticità che qualsiasi struttura sanitaria si trova a dover affrontare.

 

Un ultimo aspetto che va, assolutamente, preso in considerazione è quello della fallibilità umana. Come già accennato in precedenza, l'essere umano rappresenta, nei sistemi complessi come la sanità, un, ulteriore, punto di debolezza. Sarebbe importante che ogni struttura si dotasse del supporto del Medico Psicologo, il quale potrebbe insegnare come meglio gestire la nostra mente e  come proiettarla verso comportamenti lavorativi più sicuri. Altri compiti dello Psicologo potrebbero essere quelli di una migliore gestione dello stress lavorativo, della gestione e della partecipazione dei e nei team-work.

 

Concludo con la convinzione che non esista un modello di rappresentazione, del mondo sanitario, unico e vincente. Sia il modello Newtoniano che quello Sistemico hanno dei punti di contatto estremamente importanti tendenti a valorizzare gli sforzi tesi sul fronte sicurezza. Va, altresì, ricordato che il modello giudiziale italiano è chiaramente di matrice riduzionista!

 

Assolutamente certo di non essere mai stato esaustivo, spero, però, che queste poche pagine possano creare stimoli in chi vive la propria condizione lavorativa in maniera estremamente passiva, ricordandogli che ha la fortuna di poter esercitare una delle professioni più belle al mondo, la nostra!

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