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LETTERE/ Cassazione: Infermiere saltuario? Non è esercizio abusivo della professione

di Redazione

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SAN MARCO IN LAMIS. (di Carla Lara d’Errico, infermiera). Cari colleghi, con amarezza vi porto a conoscenza di un grave episodio che contribuisce pesantemente a negare il rispetto della nostra professione e la tutela dovuta alla collettività. E’ di questi giorni la notizia che la Corte di Cassazione ha emesso una sentenza n° 14603/2010- in cui sancisce che chi s’improvvisa infermiere senza averne l'abilitazione non commette alcun reato, purché sia attività saltuaria, non retribuita e svolta solo per sopperire alla carenza di personale infermieristico.

Con questa sentenza è stato annullato un doppio verdetto di condanna ed è stata assolta una coordinatrice di una casa di riposo che, pur non essendo infermiera, aveva svolto attività tipicamente infermieristiche (aveva tentato di praticare un prelievo ematico e in altre occasioni aveva eseguito iniezioni sotto cute – insulina - o intramuscolo ai pazienti ricoverati). Secondo i Giudici, le mansioni esercitate dall'imputata "ove eseguite non a titolo professionale ma per sopperire saltuariamente alla carenza del personale infermieristico, rispettando le cadenze, i tempi e le modalità stabilite dal medico, non integrano il reato" punito dall'art. 348 C.P (abusivo esercizio di una professione), anche a fronte del fatto che, spiegano i supremi Giudici, la coordinatrice aveva svolto queste attività, che "generalmente si praticano in via di automedicazione", gratuitamente e "in mancanza temporanea di personale sanitario".”

Così inizia l’informativa della Presidente del Collegio Ipasvi di Torino, Maria Adele Schirru (www.ipasvi.torino.it) a tutti i colleghi di quanto contenuto nel disposto dei Giudici della Cassazione. Molti gli articoli che, nell’ambito dei diversi contesti infermieristici, hanno commentato la sentenza, dando risalto soprattutto agli aspetti professionali. Questo articolo, al contrario, si pone dalla parte del cittadino oltre che della professione infermieristica .

Con questa sentenza la Corte di Cassazione ha stabilito che in qualsiasi struttura sanitaria pubblica o privata, con la scusante della carenza del personale, il cittadino potrebbe ricevere prestazioni sanitarie, solitamente eseguite dall’Infermiere, da una qualsiasi persona. Per esempio il vigilantes potrebbe eseguire l’iniezione intramuscolare a vostro figlio, il barista dell’ospedale potrebbe essere chiamato ad eseguire un’insulina a vostro padre, l’ausiliario a somministrare l’antibiotico a vostro marito. Vi sembra un’esagerazione? Purtroppo è così. La sentenza stabilisce che chiunque, purchè lo faccia a titolo gratuito, saltuariamente e rispettando le cadenze, i tempi e le modalità stabilite dal medico, può effettuare un’ iniezione senza incorrere nel reato di esercizio abusivo della professione (art. 348 c.p.).

La motivazione di fondo è che la pratica iniettiva, essendo ormai svolta in via di automedicazione, può essere tranquillamente effettuata ad altri. Una domanda sorge subito spontanea prima di molte altre: chiunque in Italia sa e può decidere come si esercita la professione infermieristica? Un giudice, un avvocato, un ingegnere,una badante, un manager, un fruttivendolo, possono esercitare la professione infermieristica? Dove è scritto esattamente e sicuramente che la terapia iniettiva può essere praticata da chiunque? Il riferimento alla consuetudine dell’automedicazione non giustifica nessun atto perché nella radice stessa della parole c’è la soluzione. “Auto” è riferito a sé stessi. Il fatto che una persona in quanto diabetica, per esempio, per gestire in autonomia la propria vita apprenda la pratica della somministrazione insulinica, fa di lui un esperto capace di entrare in un qualsiasi ospedale e somministrare insulina ad un qualsiasi paziente ricoverato solo perché non ci sono Infermieri? (… perché non ci sono Infermieri?)

L’atto di introdurre un ago nel corpo di una persona può essere facilmente appreso, sostengono i Giudici e, a questa affermazione, forse, si può dare ragione ma, la somministrazione parenterale di farmaci è ben altra cosa. L’Infermiere per poter somministrare un farmaco, per qualsiasi via, prima di acquisire la tecnica, viene sottoposto ad una ampia preparazione che spazia dalla biochimica alla fisica, dall’anatomia e fisiologia alla farmacologia, ecc. Centinaia di ore di lezioni teoriche e pratiche sono dedicate, nelle Università, all’insegnamento della clinica infermieristica.

L’Infermiere risponde personalmente dell’assistenza che eroga, pertanto, se aveste il dubbio o la certezza che una tecnica è stata sbagliata e ne è seguito un danno, voi potreste denunciare l’Infermiere del caso. E se a sbagliare fosse stato l’ausiliario, voi cittadini, con chi dovreste prendervela?
La tutela della salute dei cittadini non è più al sicuro se, quando si avvicina qualcuno al vostro letto durante un ricovero per effettuare una iniezione qualsiasi, non è certamente un Infermiere o qualcuno per cui risponde direttamente l’Infermiere.
Si potrebbe dire: e i medici? Non sono garanti della sicurezza della somministrazione della terapia? NO perché rispetto a quanto disposto con questa sentenza i medici non devono garantire nient’altro che la correttezza della prescrizione terapeutica.

Riepilogando: da oggi in poi, in una qualsiasi struttura sanitaria, prima che vi venga eseguita la terapia chiedete alla persona che si accinge ad eseguirla se è un Infermiere.
Se vi dice di NO e decidete di accettare comunque la somministrazione, sappiate che lo state facendo a vostro personale rischio e pericolo.

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