Rianimazione
In una recente intervista il Direttore del Centro Nazionale Trapianti, prof. Massimo Cardillo, ha descritto gli aspetti critici (organizzativi ed etici) della donazione da soggetti in arresto cardiaco (DCD).
DCD, la donazione a cuore fermo nella realtà italiana
In Italia la legislazione sull'accertamento di morte per arresto cardiaco è molto diversa dal resto del mondo: il tempo di verifica del tracciato elettrocardiografico - e quindi di osservazione di un'assenza completa di attività cardiaca e di circolo - è di 20 minuti, contro i 5-10 degli altri Paesi dell'UE. Un periodo molto lungo che rende di fatto più difficile, anche se comunque possibile, quest'attività.
Nella comunità trapiantologica europea pochi ipotizzavano che questo tipo di donazione potesse essere realizzata nelle condizioni imposte dalla legge italiana, a causa dei rischi di danno ischemico e della conseguente compromissione della funzionalità degli organi.
Ciò ha praticamente escluso la DCD (donazione a cuore non battente) in Italia per lungo tempo. Da qualche anno, però, l’attività è partita nel rispetto dei vincoli fissati dalla normativa.
Premettendo che i dati riportati dalla comunità scientifica internazionale confermano che la certezza della morte di un soggetto è garantita anche con tempi di osservazione inferiori ai 20 minuti, siamo riusciti a garantire una buona qualità degli organi prelevati - anche rimanendo nei vincoli fissati dalla legge - grazie a una gestione accurata del potenziale donatore.
La DCD richiede un forte impegno organizzativo da parte degli ospedali e degli operatori sanitari. È opportuno, quindi, che venga sostenuta con risorse dedicate. Parliamo di una tecnica che oggi può essere messa in atto in molte strutture, che devono però adottare procedure "ad hoc".
Molti ospedali italiani — in particolare quelli che possono contare su un consolidato percorso di trattamento delle gravissime insufficienze cardiocircolatorie — stanno lavorando alla definizione di protocolli specifici.
Inoltre, si sta investendo nella formazione degli operatori, affinché conoscano il processo di donazione a cuore fermo e siano consapevoli dell’appropriatezza — sia dal punto di vista dei risultati clinici sia dal punto di vista etico — delle due tipologie di donazione: dopo morte encefalica o dopo morte accertata con criterio cardiaco.
Ciò che cambia sono soltanto le modalità di accertamento, che saranno applicate in base alle caratteristiche dei singoli casi e al tipo di cause del decesso.
Quanto agli aspetti etici, clinici e tecnici della donazione a cuore fermo, le società scientifiche si sono pronunciate già da tempo, così come sulla necessità di tenere aperto il dibattito sul tema del fine vita in rianimazione.
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