BOLOGNA. La campagna ISAL continua nella lotta contro il dolore cronico e il 13 ottobre si celebra la seconda giornata nazionale, lo slogan è "Per noi la vita è gioia e senza nessun dolore.
In occasione dell'evento, noi di Nurse24.it, abbiamo incontrato Elisa Mazzotti, presidente ISAL di Bologna e Coordinatrice dell'Emilia Romagna, per approfondire il tema "dolore" .
Dal 2010 è la presidente ISAL di Bologna e Coordinatrice regione per l'Emilia Romagna. Si può fare un primo bilancio della sua esperienza?
Da quando nel 2010 ho preso il mandato come presidente ISAL Bologna e il coordinamento regionale E. Romagna, il bilancio è sempre stato positivo, anche oltre le aspettative prefissate. E’ un bilancio fatto dalla risposta dei cittadini, dall’interesse personale o familiare ma anche dalla semplice curiosità di approfondire e capire che cos’è il dolore, un tema ancora sconosciuto sotto certi aspetti.
La Fondazione promuove conoscenza, ricerca e informazione nell'ambito della terapia del dolore. Sono 3 elementi messi a dura prova dai tagli che sta facendo il governo italiano, specie sulla ricerca. Qual'è il suo pensiero in merito?
Credo che la ricerca, sia uno dei parametri che non dovrebbe mai essere tagliata dallo Stato, ma incentivata, promossa, motivata.
Proprio qualche mese fa, ISAL, ha “adottato” una ricercatrice italiana, Valentina Malafoglia, proveniente dallo Sbarro Institute di Philadelphia per la ricerca sulle larve di pesce zebra, una specie che presenta vantaggi per lo studio del dolore e della trasmissione genetica delle malattie.
L’obiettivo di ISAL è quello di sviluppare laboratori sul dolore anche in Italia e non solo all’estero.
Dal 2008, la Fondazione invia giovani ricercatori italiani presso alcuni importanti centri degli Usa e sostiene il loro percorso di dottorandi sul tema dolore, per poi riportarli in Italia e farli lavorare presso i centri a noi collegati.
Secondo lei l'hospice/terapia antalgica avranno un ruolo sempre più importante negli ospedali?
Mi auguro che la terapia antalgica e gli hospice, abbiano sempre di più il meritato spazio e la meritata attenzione sia dalle strutture ospedaliere sia da parte dei medici. A partire dal medico di famiglia, che è solitamente il “primo approdo” di consulto per un paziente colpito dalla sofferenza.
Sabato 13 ottobre ci sarà la seconda giornata nazionale contro il dolore: l'Italia è sensibile a questa problematica o c'è ancora molto da fare?
L’Italia ha mosso sicuramente dei passi in avanti, ha attuato cambiamenti positivi ed efficaci contro la sofferenza inutile. Nonostante dal marzo 2010, sia attiva la legge 38 che garantisce libero accesso alla terapia antalgica e cure palliative, c’è ancora molto da lavorare, per garantire una giusta informazione e un appropriata attuazione della legge da parte di tutte le strutture e da parte degli specialisti.
Sabato 13 ottobre, grazie alla Seconda Giornata Nazionale ISAL Contro il Dolore, in 60 piazze italiane ci si potrà informare sulle attività che facciamo, chiedere informazioni ai medici algologi che saranno presenti sotto al gazebo e contribuire alla raccolta fondi per la ricerca sul dolore, acquistando mele Melinda.
Con noi nelle varie piazze, sarà presente anche Cittadinanzattiva per distribuire la carta europea dei diritti del malato.
La letteratura moderna indica il dolore come 5° parametro vitale. Secondo lei, qual è la percentuale degli ospedali italiani che considerano il dolore come tale?
In linea generale, circa un 60% degli ospedali italiani, considera il dolore come un importante parametro vitale.
Molto spesso è un parametro che viene sminuito o messo in secondo piano e questo avviene in pazienti di tutte le età e con differenti patologie.
Il regolo di misurazione del dolore, dovrebbe essere tra i primi strumenti di utilizzo di ogni figura sanitaria, per far si di attuare poi, ogni procedura terapeutica adeguata e arrivare così a dare il giusto aiuto ad ogni paziente sofferente.
Conosce la situazione nel mondo? (rispetto al dolore) La fondazione ha collegamenti con altri stati con cui si confronta?
Da qualche tempo, Fondazione ISAL si confronta anche con altri stati, non solo europei ma anche Americani e Sud Americani.
L’obiettivo di fare “rete” è rivolto anche ad istituzioni, centri di ricerca e terapia stranieri.
La partecipazione al simposio Societal Impact of Pain – SIP- (piattaforma europea sull’impatto sociale del dolore) del maggio scorso a Copenaghen ci ha permesso di presentare la Fondazione e i progetti di ricerca, con l’obiettivo di sviluppare e promuovere a livello europeo le strategie e le attività per una migliore cura del dolore, favorendo lo scambio di informazioni e di buone pratiche.
Due parole su di lei? Età, professione, quanto tempo dedica all’ISAL, riuscirebbe ad immaginare la sua vita senza ISAL?
Ho 24 anni e da 4 mi occupo di dolore cronico, offrendo aiuto ed assistenza ai pazienti e ai loro familiari.
Dedico ad ISAL e al mondo dell’assistenza socio sanitaria tutto il mio tempo e il mio interesse, al fine di migliorare i servizi già esistenti e di creare nuove possibilità per le persone sofferenti.
Tra i prossimi progetti, c’è il forte desiderio di migliorare l’assistenza per il dolore cronico in età neonatale e pediatrico. Spesso si dimentica che tra i 12 milioni di cittadini sofferenti, 11 mila sono bambini e adolescenti. Ciò che immagino nella mia vita sono i continui sorrisi che i pazienti mi regalano ogni volta che vincono sulla sofferenza. Credo sia una delle più grandi soddisfazioni per chi, come me, si occupa di un tema tanto delicato quanto importante, come il dolore.
Non soffrire è un diritto di tutti.
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